Capitolo 10: Petali di una dolce melodia

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Il detective tornò all'appartamento in tarda mattinata.

La conversazione con il fratello fu come sempre caratterizzata da un dialogo molto freddo e a volte smorzato da acide frecciatine.

"E neanche oggi un caso, Ottimo!" sbuffò polemico mentre stava scendendo dalla lussuosa macchina nera del maggiore, accompagnato come sempre dall'apatica figura di Anthea, intenta a guardare le varie notifiche del telefono.

Arrivato a destinazione aprì la porta d'ingresso, salutò la signora Hutson e salì le scale che portavano al suo appartamento ma si accorse, una volta varcata la soglia, che la figura del dottore mancava.

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[Poco prima, 10:30]

"♪♫ Anything at all to keep me hanging on, Open up my heart make it hurt some more           Need to know that this love is real, Just make me feel something ♪♫"

Il biondo non riusciva a non pensarci.
Non riusciva a mettere da parte quella melodia, quelle frasi, quelle parole, quei momenti venuti a galla in un instante.
Era come se avesse compreso per la prima volta la vera personalità dell'amico, tutt'altro che egoista.
Si sentiva uno schifo.
Sentiva la tipica sensazione di un cuore a pezzi, sentiva la pesantezza di quell'orribile stato d'animo invadergli il petto e bruciargli l'anima.

Iniziò a tremare: non riusciva a controllarsi.
Il corpo aveva assoggettato la sua mente.

Si alzò di soprassalto e, per provare a calmarsi, decise di raggiungere la cucina per bere un bicchiere d'acqua fredda ma nulla: il tremore non passava.

Si raggomitolò sul posto con le mani sopra la testa e gli occhi chiusi, come se fosse bloccato e non potesse reagire in altro modo.
Il dolore era troppo, quelle sensazioni di pesantezza e di sofferenza lo stavano divorando.

Successivamente si alzò: il cuore e gli occhi bruciavano. Si mise a correre sbattendo la porta dell'appartamento dietro di sé, accompagnato da un forte nodo alla gola che gli impediva il minimo respiro.
Salì in fretta e furia le scale che conducevano in camera sua ed entrò: non riusciva più a stare in piedi, continuava a tremare.

Si sdraiò nel letto con il viso dritto verso il soffitto, il suo avambraccio copriva i suoi grandi occhi celesti che ormai erano sommersi da una miriade di lacrime.

In ogni situazione lui riusciva sempre a trovare il lato positivo, aveva sempre bisogno di una via d'uscita che potesse portarlo alla decisione giusta.

«Non esiste una situazione o caso che non possa essere risolto» era una frase che ripeteva spesso non solo a Lestrade e ai vari membri della scientifica, ma anche ai suoi colleghi dell'ospedale. Lavorando al fianco del detective era ovvio che i casi, seppur difficili, sarebbero finiti per essere risolti e spiegati dunque il soldato la pensava così anche per la vita quotidiana; anche se si sarebbe presentato un ostacolo, non bisognava mai arrendersi all'istante bensì tentare di abbatterlo per proseguire e andare avanti.

In passato a lui gli si presentò una realtà marcia, con un padre violento che voleva un figlio a sua immagine e somiglianza, arrogante e dominatore, ma riuscì ad evitare tutto ciò andando al militare e allontanandosi da quella casa. Anche se non aveva del tutto abbattuto l'ostacolo, aveva trovato un modo per raggirarlo riuscendo a vivere così una vita senza quella tossica influenza.

Esisteva dunque la possibilità per le persone di uscire da quel tunnel di crisi e disperazione, esisteva il modo. Per farlo serviva solo la determinazione per riuscirci.
Esisteva sempre una risposta, un modo per vedere la luce anche nel buio; era anche una filosofia che imparò dai fratelli Holmes : "non c'è cosa che non possa essere risolta".

Cosa dice il tuo cuore? [Johnlock]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora