Capitolo 1: Ricordi

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Era una giornata come tante al 221B di Baker Street.
Nella città di Londra regnava la calma mentre nell'appartamento la noia totale. Il consulente investigativo la odiava a morte, era una tortura per lui, ma non quel giorno.

Insieme a John stava lavorando ad un caso particolarmente intrigante che però non riusciva a risolvere. In quelle settimane, era stata appesa una grande mappa nella parete del salotto che rappresentava l'intera vicenda ed i possibili sospettati. Sherlock, esasperato dal fatto di non riuscire a trovare alcuna risposta, si sdraiò sul divano con le mani giunte vicino alle labbra per entrare nel suo palazzo mentale, sia per rilassarsi, sia per trovare risposte inerenti al caso.

******

John entrò nella stanza e vide Sherlock dormire. Erano settimane che non dormiva quanto doveva, ed evidentemente aveva ceduto alle richieste del corpo. Posò la giacca sull'attaccapanni in modo ordinato e silenzioso per poi dirigersi verso il divano, posando delicatamente una coperta sul detective. Si sistemò poi prudentemente sulla sua poltrona osservandolo. Era la prima volta che lo vedeva dormire: durante ogni caso Sherlock mangiava e dormiva insufficientemente in quanto sosteneva che la digestione rallentasse i ritmi lavorativi e frenetici della sua mente.

Continuando ad osservare il detective, si ricordò del loro primo incontro. Mike lo accompagnò al Saint Bartholomew's Hospital per fargli conoscere Sherlock, un detective privato che, come lui, cercava un coinquilino. Appena lo vide, il detective dedusse l'esperienza di John in Afganistan, dalla sua abbronzatura, dal taglio e portamento tipicamente militare, e si accorse della sua zoppia, psicosomatica, dovuta ad un ricordo traumatico e non esitò a presentare al dottore altre deduzioni come per esempio il fatto che il fratello fosse un'alcolizzato o il fatto che cercasse un coinquilino perché aveva fragili rapporti con la famiglia. Tutto ciò osservando il suo portamento ed il suo cellulare, che per molti può essere considerato un'oggetto superficiale, ma non per lui.

Si ricordò del suo primo caso, che presentò al pubblico come "Uno Studio in Rosa", in cui osservò le vere abilità deduttive dell'amico, ma anche le sue debolezze. Si rese conto che faceva uso di molti cerotti alla nicotina, che lo aiutavano nel ragionamento, e successivamente scoprí, a causa di un'ispezione a sorpresa organizzata dal capo ispettore della polizia di Scotland Yard, che il detective in passato consumava droghe.
Si ricordò poi delle parole del sergente Donovan, che invitavano il soldato a stare lontano da Sherlock.

"Lui viene qui non perché vuole essere pagato, bensì per il crimine. Più è contorto e piú lo intriga: ne vá matto. Un giorno non gli basterà più.... e scopriremo che è stato Sherlock Holmes l'autore del crimine. Stia lontano da lui."

John non credeva e non ha mai creduto a quelle parole.
Era solo quando tornò a Londra; non voleva chiedere ospitalità alla sua famiglia perché non c'era un buon rapporto.
Ritornato nella sua vecchia casa avrebbe rivisto sua sorella Harry che, oltre al fatto di essere lesbica -cosa non approvata dalla famiglia, soprattutto dal padre- si era rifugiata nell'alcool per dimenticare la storia appena conclusa con la compagna Clara.
Avrebbe poi rivisto suo padre, un'uomo che aveva sempre descritto come violento e che detestava a causa dei trattamenti subiti da bambino.

John sentiva di dovere molto a Sherlock perché gli aveva dato un posto in cui poter vivere e una vita particolare, caratterizzata da crimini, assassini, misteri e azione. Non era una vita ordinaria, questo John lo sapeva, ma era una vita in cui si sentiva a suo agio.

Ritornò con la sua mente nel presente. Non si era mai reso conto di quanto fosse bello il suo coinquilino; le palpebre chiuse coprivano quelle iridi grandi e glaciali che riuscivano a mettere in soggezione ogni persona, ma al contempo rassicuravano il dottore. I ricci, scuri e lucidi, si posavano delicatamente sulla sua fronte e la sua pelle era chiara, liscia, perfetta. Gli zigomi completavano il tutto, alti e pronunciati mentre le labbra, socchiuse, erano grandi e carnose, come se fossero fatte apposta per baciare.
Quali fossero i gusti del detective.... John non ne aveva alcuna idea.
Quel giorno da Angelo, il più giovane gli disse che era sposato con il suo lavoro e che non avrebbe mai preso parte a relazioni romantiche poiché portavano solo a distrazioni.
Se avesse mai avuto una ragazza o un ragazzo.... non lo sapeva, e forse non gli interessava neanche saperlo.

Vederlo cosí, dolce e innocente, gli fece venire voglia di proteggerlo ancora di più di come non avesse già fatto.
Molti lo criticavano per i suoi modi, non sempre molto gentili ed educati, di approcciarsi con gli altri, specialmente con quelli della scientifica, che definiva "idioti", che lo insultavano e ricoprivano di nomignoli quali psicopatico, pazzo, strambo...
Ma John era uno dei pochi che aveva scoperto il suo lato più umano grazie alla convivenza ed era consapevole di come, a modo suo, potesse essere premuroso.
Questo suo lato così dolce poteva e riusciva a vederlo solo lui e, per un'attimo, si sentí speciale.

NOTA AUTRICE
Ciao a tutte!
Anche se mi sono appassionata alla serie della BBC da neanche un anno... eccomi qui!
Questa è la prima fanfiction che scrivo e spero con tutta me stessa vi possa piacere.
Spero di riuscire a scriverla in modo corretto e spero di non fare troppa confusione con i casi, che ovviamente non mancheranno.
A grandi linee: scriverò una storia divisa in capitoli ( probabilmente non tutti con la stesa lunghezza) che tratterà l'amicizia tra Sherlock e John. Probabilmente sarò un po' lenta ad aggiornare, ma ho già delle idee in testa, quindi cercherò di essere il più attiva possibile.

Ps: If it is convenient, leave a star.
If is inconvenient, leave it the same.
(commenti ben accetti)
😉

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