Capitolo quindicesimo

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DAL PUNTO DI VISTA DI AXL

Mi sono svegliato stanco, la testa mi pesava così come le palpebre che volevano chiudersi contro la mia volontà.

Mi sono alzato a fatica da quel letto comodo e accogliente, l'impronta del suo corpo caldo era ancora impressa sulle lenzuola disfatte, ma di Erin non c'era traccia.

Mentre mi sciacquavo la faccia con l'acqua gelida sentii un rumore di pentole e stoviglie, andai in cucina ed eccola lì, davanti ai miei occhi in tutta la sua bellezza mentre armeggiava con i fornelli.

"Buongiorno" le dissi cingendole i fianchi da dietro e baciandole il collo, lei portò una mano tra i miei capelli scompigliati spingendo il sedere contro parte bassa del mio ventre per provocarmi.

"Buongiorno amore" la sua voce era dolce e acuta, a volte risultava fastidiosa, proprio come quella mattina.

Mi staccai velocemente, il mio buon umore iniziò a vacillare.

"Cosa stai cucinando?" chiesi allontanandomi per cercare un pacchetto di sigarette, avevo assolutamente bisogno di nicotina.

"Della carne" il profumo era invitante, mi venne una fame incredibile e una strana rabbia iniziava a farsi spazio sempre più prepotente.

"È tardi non credi? Perché non stiamo già mangiando?" chiesi accendendo una sigaretta, lei si voltò con uno sguardo tra il preoccupato e il rassegnato.

Sperava che mi fossi svegliato normale, si era già immaginata un giorno pieno di baci e parole bellissime; invece eccomi, come mio solito, in compagnia della mia luna storta.

"Stavi dormendo, non volevo svegliarti" rispose paziente evitando il mio sguardo.

Non riuscivo a fermare ciò che si stavano mescolando dentro di me come un vortice impazzito.

Pregai la mia testa perché smettesse, cercai di respirare profondamente e mordermi la lingua, dovevo essere gentile con lei come lei lo era con me, ma tutto quello che vedevo davanti ai miei occhi era una puttana sulla quale sfogarmi.

Mi avvicinai e le presi il polso con troppo forza, le mie emozioni negative presero il sopravvento.

"Guardami quando ti parlo" dissi cattivo a qualche centimetro dalla sua bocca

"Non trattarmi così, non ho fatto niente di male" disse lei togliendo con uno scatto il polso dalla mia stretta

"Sei solo una troia che non sa neanche cucinare, cosa me ne faccio di una come te?" vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime come al solito, non provavo nessuna pietà, nessuna compassione per lei, solo una strana e malsana voglia di farla soffrire.

Era sempre stato così tra noi due, un giorno l'amavo, mi nascondevo tra le sue braccia cercando conforto, la vedevo bellissima e preziosa, volevo difenderla da ogni male; mentre il giorno dopo non significava niente, quasi mi faceva schifo ed il male più grande ero proprio io.

"E tu sei uno stronzo insensibile" ed ecco la prima lacrima solcarle il viso dolce.

"Smettila di piangere porca puttana, piangi sempre" sputavo parole senza nessun sentimento, cattivo e insensibile.

A differenza sua non urlavo, parlavo, il che era peggio.

"Piango sempre perché tu mi fai piangere" dopo quelle parole la spinsi facendole picchiare la schiena sul tavolo, si portò una mano sul punto dolente, le avevo fatto male.

"Non ti faccio piangere, te fai la vittima" dissi stringendole il braccio e lasciandole i segni rossi delle mie dita, lei non aveva più il coraggio di piangere ma sapevo che dentro di lei stava morendo, lo vedevo il suo sguardo implorare pietà.

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