His Lullaby. (PARTE 2)

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-Davvero non hai fame?- chiese Elijah, sbranando il suo panino al prosciutto e masticando a bocca aperta.

-Sei un maiale- disse Helen, facendo una smorfia disgustata.

-No, non ho fame. Siamo vampiri, ti ricordo. Il nostro cibo è il sangue, il resto è un passatempo- ribattei, sospirando.

-Il cibo non è tanto saporito come il sangue, ma è buono- Elijah sollevò le spalle, continuando a ingozzarsi.

-Da quanto non mangi, allora?- domandò Helen, incrociando le braccia al petto. Elijah sorrise, sapevo quanto la trovasse buffa quando lo faceva.

-Sangue animale o umano?- si aggiunse Elijah con un'altra domanda, ironico. Mi sentii strana a sentirlo usare il termine "umano" come se ormai fosse qualcosa di lontano anni luce da noi, ma ormai era la mia realtà quotidiana.

-Il sangue animale è più socialmente accettabile, ma quello umano è...-

-Sublime.- Helen terminò la frase iniziata da Elijah, infastidendomi.

-Non mangio da ieri. Sangue animale, comunque- risposi.

-Segui la dieta dei Cullen, Giulietta?- continuò Elijah, prendendomi in giro scherzosamente.

Mi guardai intorno, scorgendo la figura di Carlisle in lontananza, intento a parlare con il Preside Ravenwood mentre sorseggiava un tè, probabilmente alla cannella o qualche erba strana.

-Mi dà fastidio l'idea di uccidere una persona, mi accontento dei cervi del bosco vicino a casa- risposi, sollevando le spalle. Sapevo bene che per i neonati era difficile controllarsi, ma non capivo perché i miei amici non si sforzassero quanto me. Elijah e Helen a volte si infiltravano nel carcere, chiedendo il permesso a delle guardie vampiri, e si nutrivano dei condannati a morte. Avevo spesso paura che uccidessero qualcuno di innocente che era stato incastrato, ma nonostante questo morivo dalla voglia di seguirli quando volevano mangiare.

-Pensa la stessa cosa quel Cullen. Non mi piace il modo in cui ci stava studiando. Che gli frega del nostro passato?- chiese retorica Helen, iniziando a fissarlo.

-Sarà solo curioso... però è inquietante- risposi. Elijah gettò la carta del panino nel cestino lì accanto, incantandosi a guardare il manifesto sul muro.

-Siamo già arrivati nel periodo del ballo scolastico?- chiese, stupito, io annuii.

-Tanto non ci andremo- dicemmo io e Helen all'unisono, guardandoci.

-E una perdita di tempo, inoltre nessuno mi inviterà- dissi, Helen si morse il labbro.

-Non è quello il problema, potresti invitare tu qualcuno, tipo il signor Cullen- disse, facendo una voce smielata - Però concordo sulla prima parte, è una perdita di tempo.-

-Dai, vi prego, andiamoci, voglio divertirmi. Giulietta, posso essere il tuo Romeo, se vuoi- controbatté Elijah, strofinandosi le mani e facendomi ridere come sempre.

-Con quei capelli non ti si scopa nessuno, tarantola- commentò Alejandra, una delle stronze della classe, passando accanto a noi coi libri stretti al petto e muovendo i fianchi. Notai che si stava mordendo il labbro guardando in direzione della scollatura di Helen, sebbene fosse praticamente invisibile.

-Stai sbavando- dissi a Elijah, che si affrettò a pulirsi la bocca. Risi.

-Davvero ti piacciono quelle che ti trattano di merda?- domandò Helen, portandosi la manica della sua maglia nera fino al palmo e tamburellando con la punta dello stivale contro il tavolo. Mi chiedevo se non avesse freddo con quei pantaloni strappati, poi mi ricordai di star indossando una gonna anche più corta e una maglia un po' scollata. Iniziai a pensare che Alejandra stesse guardando me e non Helen, ma era impossibile.

-Ovviamente, per questo sono tuo amico.- rispose Elijah, facendoci sorridere.

-Quindi? Giuli, Hel, vi prego- continuò lo spagnolo, con le mani giunte. Io e Helen ci scambiammo un'occhiata esasperata e ci decidemmo ad accettare, facendo sorridere Elijah, che si mise a improvvisare un balletto strano attirando sguardi confusi. La sua giacca mimetica sventolava insieme alle collane che aveva sul collo. Helen batteva le mani, incoraggiandolo, io invece mi alzai e andai ad abbracciarlo, improvvisamente desiderosa d'affetto. Mi strinse a sé, mentre Helen si perdeva a guardare il culo della nipote di Macon Ravenwood, Ridley Duchannes, che stava tornando in classe a braccetto con Alejandra Lopez. Quelle due erano diventate stranamente inseparabili.

Suonò la campanella, segno che l'intervallo era finito e saremmo dovuti tornare in classe, così ci incamminammo, per niente pronti a seguire un'altra lezione del professor Cullen.

Entrammo in aula, tornando ai nostri posti, seguiti dal Professore e dal Preside.

Ci alzammo tutti in piedi, compiacendolo.

Il Preside Ravenwood ci guardò uno per uno. Alejandra lasciò la mano di Ridley, intimidita da quell'uomo all'apparenza molto burbero e retrogrado.

Era strano che fosse un Incubus ad essere il preside di una scuola praticamente popolata solo da vampiri o vampiri incrociati, come Helen che aveva qualcosa di demoniaco e Elijah con i suoi occhi serpentini. Sapevamo che era potente e ciò un po' ci spaventava: si nutriva dei sogni e dei ricordi della gente per vivere e ciò era leggermente inquietante, anche se noi ci nutrivamo di sangue.

Si sosteneva grazie al suo bastone, zoppicando verso di noi.

-Quest'anno al ballo distribuiremo preservativi, per evitare che come l'anno scorso ci sia metà scuola con la gonorrea e l'altra metà in dolce, per non dire spiacevole e inconveniente, attesa- disse, suscitando qualche risatina.

-A Giuliana non serviranno- disse Alejandra, a un paio di metri di distanza, accompagnando le risate degli altri.

-I tuoi però ne avrebbero avuto bisogno. Ah, si chiama Giulietta- mi difese Helen, ora tutti ridevano di Alejandra, anche Ridley faticava a trattenersi.

Macon sventolò la mano in aria, come se ci stesse mandando a quel paese, e se ne andò.

Elijah si voltò verso Alejandra, avvicinandosi per fare in modo che solo lei e noi sentissimo.

-Sarai anche l'unica ispanica sexy e con una J nel nome come me e con le gambe più apribili di questa scuola, ma quando fai la stronza con le mie amiche non mi piaci più così tanto, anzi, mi fai cadere le palle.- disse, facendole spalancare gli occhi e la bocca, colpita.

Helen gli batté il cinque, girandosi per fare un occhiolino a Ridley, che però guardava Elijah.

Ascoltammo la lezione di Cullen, che non perdeva l'occasione di guardarmi per catturare la mia attenzione, per poi uscire dall'edificio e tornare a casa tutti insieme.

Non riuscivo, però, a liberarmi dallo sguardo di Carlisle, che mi rimase inspiegabilmente in testa per tutta la giornata. Qualsiasi cosa io facessi, lui era lì. Mi convinsi che non era lui il mio pensiero fisso, ma la domanda che mi aveva rivolto.

"Da quanto sei un vampiro?"

Aprii il mio diario, pieno di disegni sparsi, e sospirai, cercando di ricomporre i miei ricordi e di imprimerli sulla carta. Era arrivato il momento di accettare la verità, ciò che ero.

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