Era nera e l'avevo palesemente sfilata dal quel centinaio di rose dello stesso colore che avevo fatto arrivare a casa da un sito chiamato "One Million Red Roses".

Avevo dato loro libertà di scelta e ciò che avevano portato a casa era stato un meraviglioso mazzo di rose bianche e nere in un vaso rettangolare, che componevano il nome di Paulo e il suo numero 10.

Sarebbe impazzito quando le avrebbe viste, una volta a casa.

"Pensavo di venirti a prendere io in facoltà, munito di rose e cioccolatini", mi dice, staccandosi un po' dall'abbraccio per guardarmi in viso.

La voce un po' sconfitta per l'essere stato preceduto.

"Com'è andato l'esame?" chiede poi, cambiando espressione in quella tipica di chi si ricorda all'ultimo minuto di qualcosa.

Il mio sorriso in risposta lo fa sorridere di rimando, per poi darmi un bacio sulla fronte, l'unico modo che gli consentivo per complimentarsi con me, perché mi imbarazzava tanto.

Da quel momento mi mancavano ufficialmente due esami alla fine del mio percorso, e la cosa mi emozionava e allo stesso tempo mi riempiva di ansia, sentendomi un po' incapace di diventare davvero grande.

"Posso portarti a cena fuori, almeno?", mi chiede poi, girandosi e prendendo la mia mano per salire insieme in macchina.

"In realtà ti ci vorrei portare io, ma ci rinuncio in partenza. Già mi hai permesso di fare troppo", rispondo, affiancandolo nel posto del passeggero.

"Grazie", mi dice a bassa voce, prendendo il mio viso tra le mani e lasciandomi un lieve bacio sulle labbra.



Poco più di un paio d'ore più tardi entrambi stiamo gustando il nostro dolce, l'immancabile tortino al cioccolato con cuore caldo.

Aveva scelto un posto tranquillo, molto sofisticato, ma non a tal punto da andarci necessariamente vestiti eleganti.

Lui, infatti, indossava una semplice camicia blu sopra dei jeans scuri e un maglioncino chiaro poggiato sulle spalle, io un tutone nero, che usavo in occasioni a metà tra eleganti e casual.

Era stato il regalo di Natale di Roby, che per me continuava a non sbagliare nemmeno un colpo.

Non avevamo parlato molto, lo avevano fatto di più i nostri sguardi, e avevo visto pian piano il suo viso rilassarsi, dopo giorni un po' tormentati.

Mi aveva parlato dell'invito al compleanno di Bernardeschi, che avrebbe organizzato una festa a tema anni '20, e per entrambi aveva già deciso che ci saremmo vestiti da tipici personaggi di Peaky Blinders, d'accordo insieme ad altri compagni di squadra.

Avrei voluto ribadire che non ero né bionda, né bella come Grace, mentre lui poteva essere scambiato per Tommy Shelby, ma non ero nessuno per sottrarmi a rappresentare la compagna di uno dei personaggi migliori mai nati in una serie tv, e nemmeno volevo farlo.

"Che c'è?", mi chiede a un certo punto, risvegliandomi dai miei pensieri mentre butto giù l'ultimo pezzetto di tortino, che aveva gentilmente lasciato a me.

"In realtà devi dirmi tu cosa c'è", gli rispondo, posando lievemente la mia mano sulla sua, sul tavolo.

Sospira profondamente, abbassando lievemente lo sguardo sul tovagliolo usato durante la cena, poi torna a guardarmi dritto negli occhi.

Distoglie lo sguardo dal mio solo qualche attimo, giusto il tempo di incrociarlo con un cameriere vicino, che un secondo dopo porta via il piatto vuoto del dolce e un altro ragazzo posa al centro del tavolo un immenso mazzo di rose rosse, tenute perfettamente all'interno di un vasetto nero.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora