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"Non posso. Lo capisci che non posso? Per mio nonno il massimo che io e Paulo facciamo è abbracciarci e baciarci a stampo fino al matrimonio. E forse sotto sotto anche per mio padre e mio fratello. Non posso. Non posso"

La mia voce aumenta di qualche tono parola dopo parola nel tavolo appartato del bar in cui io e Simona avevamo deciso di vederci, dopo il mio S.O.S. stile gossip girl di qualche ora prima.

Lei si stava limitando a cercare su internet con il mio cellulare tutti i sintomi di un'eventuale gravidanza.

"E smettila di smanettare col mio telefono in quel modo, mi metti ansia" continuo, levandole il telefono di mano e abbandonandolo sul tavolo, in mezzo all'aperitivo che avevamo deciso di prendere, nonostante avessi fatto colazione solo un paio d'ore prima.

Cattivo segno.

"Io ti metto ansia? – chiede sarcastica Simona – Tu ti convinci di essere incinta senza aver fatto un briciolo di test e pensi già alla condanna a morte di Paulo da parte della tua famiglia, e io ti metto ansia?"

Aveva ragione, ma non riuscivo a ragionare.

Ma non posso, non posso.

"Non posso farlo. Ho paura", sussurro, nascondendo il viso tra le mani e poggiandolo sul tavolo con il cibo.

Se continuava a starmi lì davanti così avrei forse vomitato proprio su di esso.

Cattivissimo segno.

"E quindi che vuoi fare? Continuare a stare così fino ad un segnale divino? Paulo capirà che sei strana ancor prima di vederti di nuovo"

Cristo, Paulo.

Certo, avrebbe capito subito che avessi qualche problema in testa, perché da sempre e ancor di più con lui, ero totalmente incapace di nascondere le mie emozioni.

Ma come posso parlargli? Come posso dirgli che potremmo aspettare un bambino? E soprattutto, come posso dirgli che non posso assolutamente averlo adesso?

Avevo altre mille cose a cui pensare, mille cose da finire, mille obiettivi da raggiungere, prima di quello.

Lui, lui invece non aspetterebbe altro.

Come cazzo è potuto succedere?

Quando ho sbagliato?

Quando non siamo stati attenti?

I miei pensieri sono bloccati dalla mano di Simona, che scherzosamente sventola davanti ai miei occhi per richiamarmi alla realtà, ma non credo ci riuscirò mai.

"Mi ascolti?", chiede trattenendo una risata.

"Che cosa ridi, qui c'è da piangere strappandosi i capelli, ama!"

Scuote la testa, come se avesse di fronte una piccola bambina a cui spiegare come vanno le cose della vita.

"Facciamo cosi – comincia, mettendosi dritta sulla sua sedia con fare professionale – Cerchiamo di rimanere calme ed essere ragionevoli", continua, prendendo le mie mani tra le sue.

Le stringo forte, respirando a fondo.

"Ricordi di aver saltato un giorno della pillola, in questo mese?" chiede, lasciandomi poi le mani per segnare con un dito il numero uno delle cose da chiedere.

Stringo gli occhi per concentrarmi, tornando inevitabilmente agli ultimi giorni in Grecia.

"Credo di no, anche se ci siamo ubriacati più in quei giorni lì insieme e da soli, che in tutti i mesi precedenti. Non è stato facile", le confesso, facendola ridere dolcemente.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora