Era l'inverno del 1921

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ERA L'INVERNO DEL 1921 (di Lorenzo Sacchi)

Ho vissuto luoghi in cui la solitudine può uccidere. Spazi in cui se l'hai conosciuta veramente allora ci sarà una buona probabilità che non ti salverai.

*

Quando il maestro, Sig. Arioli, raccontò quella storia di fantasmi io né sorrisi nè inorridii. Era semplicemente una storia e non mi permettevo di far trapelare ciò che stavo provando in quel momento. Mentre la classe era in subbuglio tra lacrime silenziose e gesti di panico, io rimanevo composto al mio banco in attesa che finisse tutta quella pantomima.

L'insegnante faticava a riportare l'ordine in classe nonostante la sua austera severità; quel racconto aveva liberato ogni tipo di inibizione in quei ragazzi e soprattutto nelle ragazze.

Era l'inverno del 1921 e io dovevo avere 12 anni. In quei tempi nelle aule scolastiche non si era soliti assistere a momenti di scompostezza di quel genere. E non era scontato che saremmo usciti indenni dalla durezza dell'insegnante e dalla collera dei genitori. Insomma l'avremmo pagata cara.

A dirla tutta per intero in quello scompiglio c'erano le sorelle Forlani che piagnucolavano in silenzio, scomponendosi solo per tirar di naso. I più piccoli della classe si erano stretti tra i tavoli all'angolo guardandosi attorno impauriti e sconcertati. Guerzoni e Galasso, in piedi sulle sedie, nel tentativo estremo di una difesa dell'indifendibile, urlavano strazianti verso l'insegnante. C'era poi Ludovico, lo scemo, che eccitato da tutta quella confusione ululava e batteva le mani sul banco accanto alla cattedra. Schiacciate a terra in un angolo il gruppo delle "Signorine galline" che strette tra di loro piangevano, strillavano e si strattonavano; intanto qualcuno piangeva per i fatti propri, qualcuno era preso da conati di vomito, altri tremavano e ripetevano come un mantra "che no, che non era possibile, che loro non c'entravano nulla, che ..."

Il maestro piazzato in mezzo all'aula, accerchiato da questa bolgia di follia urlava per soverchiare tutto quel caos e batteva il bastone sui banchi nel futile tentativo di convincere quegli indemoniati.

E in tutto questo, composto al mio banco, restavo in silenzio, da solo.

A far scoppiare questa ondata di isteria fu il racconto di una storia che tutti conoscevano già molto bene. Si trattava di una storia mandata a memoria da anni e che ormai aveva ottenuto l'onore di passare per leggenda.

*

Si trattava di una disgrazia avvenuta quasi cinque anni prima in un pomeriggio di inverno in quel borgo di montagna, dove i cognomi li conoscevi tutti. La storia ha inizio quando i bambini del paese, che frequentavano tutti la stessa classe mista, si accorsero che Luigi Mariano, 7 anni, era un po' diverso da loro. Luigi non parlava molto, non giocava con nessuno, non guardava sotto le gonne delle ragazzine. Viveva con i genitori alla casa del Cardo. Il padre, "Mariano del pascolo" aveva lasciato la pastorizia da qualche anno per via del cuore difettoso, lasciando che se ne occupassero il fratello e il figlio maggiore. Per campare iniziò ad aggiustare tutto quello che si rompeva, ma il nome non glielo cambiarono mai. Piccoli lavoretti nelle case di tutti. Chi aveva bisogno andava dal Mariano del pascolo e pagava come poteva e se poteva. Solite storie. Spesso Luigi seguiva il padre. Lo aiutava. Ma era come un'ombra silenziosa che assisteva l'uomo. La gente si era abituata a quella particolare presenza. Padre e figlio, taciturni che lavoravano ad aggiustare le cose.

La madre aspettava un altro figlio all'epoca dei fatti. Si dice fosse il decimo, ma si sa come sono fatte le storie che diventano leggende. Di certo Luigi aveva un fratello maggiore che non lo considerava molto, se non per prenderlo a pedate quando doveva sfogarsi di qualche bruttura della vita. C'era poi una sorella più piccola, ma che faceva vita propria nel mondo delle donne; la madre, la nonna e la zia Serafina mai maritata, la Serafina degli ultimi.

Della notte e di altri inganniTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang