𝟬𝟮 ➳ «𝗗𝗮𝗹𝗹'𝗮𝗹𝘁𝗿𝗼 𝗹𝗮𝘁𝗼.»

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Secondo capitolo.
Dall'altro lato.

Marzo, 2017

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Marzo, 2017.

La notte era calata trascinandosi con sé un tetro buio che eclissava le raccapriccianti vicende che vi brandivano nell'arco di tempo in cui la mancanza di barlume era vigente. Uno scarso spiraglio di luce proveniva dalla luna che dava un aspetto spettrale agli arredi della sua dimora. E il vento, che soffiava talmente tenace da far sbatacchiare i rami di vari alberi situati nella distesa natura circostante a quella villa, sul vetro della finestra nera ornata da rifiniture argentate, era prepotente e deciso come l'immagine che tutti affidavano alla persona seduta di fronte al camino. Il legno dinanzi a lui ardeva emanando un calore avvolgente, mentre varie scintille dorate danzavano in ogni dove a ritmo di musica classica, messa a basso volume per poter sentire il crepitio scaturito dalla legna a contatto con le dissimili fiamme che combattevano fra loro come in una grande battaglia greco-romana. Il suo volto, man mano che il tempo scorreva, iniziava a divampare per via del contatto così ravvicinato al camino, ma, sinceramente, quella strana sensazione instauratasi sotto la sua pelle iniziava a piacergli: era come se tanti aghi stessero martoriando qualsivoglia parte del suo corpo scoperto, ossia le mani - che con forza stringevano una tazza di tè - e il volto, completamente spoglio. Il tè finì, il legno si spense completamente e lui rimase nel completo buio assimilato dai propri pensieri.

Il suo sguardo, dopo tempo immune che aveva passato a fissare le legna bruciate e spente di fronte a lui, si spostò con titubanza al pianoforte posto al centro della grande stanza, che era a malapena illuminato dal bagliore della luna. Non osava sentire la liscezza di quello strumento da ormai anni. Non si sedeva sullo sgabello, a questo punto pieno di polvere, dall'ultima volta in cui le sue dita avevano oscillato su quei tasti cagionandone la dolce melodia incastrata in quei pezzi neri e bianchi che vi prendevano parte in esso. Non faceva un giro su quell'attrezzo da quando un pezzo del suo cuore era stato strappato con ferocia dal suo petto, lasciandone il restante amareggiato. La parte che più lo struggeva era la consapevolezza che la colpa di tutto era stata unicamente la sua: si era troppo soffermato su quello che la gente avrebbe potuto pensare, delle conseguenze che si sarebbero scaturite, della vergogna che avrebbe provato solo perché amare una persona del suo stesso sesso non era ben accetta come cosa per le persone come lui.

Preso da un momento in cui si sentiva in grado di fare tutto quello da lui desiderato si avvicinò al suo amato pianoforte e ne sfiorò l'esterno, ormai meno lucido di una volta per via della polvere che ne nascondeva la vivacità. Tirò lo sgabello il più vicino possibile a lui e con una mano levò la polvere sovrastante in modo da potersi sedere. Lo fissò, da vicino lo fece. Le sue dita poco dopo come per d'istinto si andarono a poggiare sopra quei tasti lasciati soli per fin troppo tempo e la melodia che ne uscì da questo intreccio di dita fu soffocante ma al qual tempo piena di amore. Comptine D'un Autre Été echeggiava nel buio della notte sopravanzando Fur Elise che già da prima risuonava in quell'appartamento così spoglio dandone un po' di arguzia. Non ascoltava altro che quell'armonia di note che si erano statuite aggressive nelle sue orecchie suscitando i ricordi più belli che custodiva con cura.

Things I Can, Things I Can't.Where stories live. Discover now