Domani, Sarah, domani, mi redarguii quando, completamente persa nei miei pensieri, mi resi conto che, sella sottobraccio, mi stavo dirigendo verso il box di Killer anziché verso le poste. Scuotendo la testa, tornai sui miei passi e posai la sella ai piedi di Tramontana, che la fissò con quello che sembrava autentico orrore.

Di fronte alla sua espressione spaventata, scoppiai a ridere fragorosamente.

Anche con Tramontana avrei dovuto lavorare con la sella, ma in modo completamente diverso. Quando Michele mi aveva spiegato cos'avrei dovuto fare con lei, avevo a stento mascherato il mio scetticismo. Ma d'altronde mi fidavo del mio istruttore, che sembrava in grado di prevedere con assoluta sicurezza quale fosse l'approccio migliore per ognuno dei suoi cavalli. Non avevo idea di come ci riuscisse.

Così mi attenni a quello che mi era stato detto. Dopo aver spazzolato a fondo la cavallina, le posai sulla groppa un sottosella e poi la sella, spostandomi appena in tempo per evitare un morso quando iniziai a stringere il sottopancia. Poi le misi l'imboccatura e allacciai capezzina e sottogola, evitando per un soffio un altro morso. Michele mi aveva detto di lasciarle la capezza sotto e così feci.

Quando ebbi finito con quelli che per Tramontana erano strumenti di tortura, la cavallina tornò tranquilla come al solito. La accarezzai con affetto sul muso, facendole un grattino in corrispondenza della stella bianca che aveva sulla fronte. Lei sbuffò di piacere.

«Sei pronta?» esclamò di colpo una voce alle mie spalle.

Mi voltai verso Monica, che proveniva dal vialetto, e annuii.

«C'è Deborah che sta lavorando con Wind nel campo grande» mi informò. «È fantastica! Ammetto che non sapevo chi venire a vedere» disse in tono bonario.

«Sul serio?» 

Pensai a quanto mi sarebbe piaciuto vederli a mia volta. A pranzo, la ragazza ci aveva annunciato che quel pomeriggio avrebbero fatto una lezione da terra. Anche lei non riusciva a contenere l'eccitazione al pensiero che in un paio di giorni sarebbe finalmente salita in groppa al grigio. 

«Comunque non dovrei metterci molto, con Tramontana. Dopo possiamo andare a vederli.»

Mentre slegavo la cavallina, mi sporsi in direzione del campo grande, ma non riuscii a vedere nulla, anche perché la mia visuale era ostacolata da un capannello di ragazze riunite attorno alla staccionata.

«Hai visto che pubblico?» commentò Monica, seguendo il mio sguardo.

«Vuol dire che noi staremo più larghe» ribattei, distogliendo lo sguardo dal campo, facendola scoppiare a ridere.

Conducemmo Tramontana lungo il sentiero, la quale continuava a rosicchiare il filetto e a ondeggiare sulle zampe, voltandosi ogni due minuti verso la sella e cercando di mordere gli staffili.

La strattonai perché mollasse la presa, sospirando. In quei giorni, dopo aver scoperto che Tramontana praticamente non era domata, Michele mi aveva fatto ripartire dalle basi con lei. Così l'avevo girata, sia in libertà che alla longia, ed era stata davvero impeccabile, ma il vero problema rimaneva quello della sella. Il giorno prima le avevo lasciato "esplorare" i finimenti –Michele aveva detto proprio così – lasciando che li annusasse e persino che li mordesse. Quel giorno, oltre alle istruzioni che mi aveva dato, Michele non mi aveva detto altro. Sperai che, di qualsiasi cosa si trattasse, il suo piano andasse a buon fine.

Il nostro istruttore ci attendeva all'ingresso del tondino, in compagnia di Sofia. Stupita di trovarla lì, le rivolsi un timido cenno di saluto.

Michele mi disse di passargli la lunghina di Tramontana e, dopo avergliela consegnata, mi appoggiai allo steccato, presto imitata da Monica e Sofia. Ero troppo infervorata per poter anche solo pensare di stare seduta sulla panchina.

My dream come trueWhere stories live. Discover now