Quattro.

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Giovedì.

Quel pigro giovedì di ottobre era scivolato via nella maniera più lenta e monotona possibile, trascinando con sé gli stralci di un autunno ormai esageratamente freddo e ventoso persino per i canoni inglesi a cui tutti erano avvezzi. La pioggia continuava a scrosciare insistentemente sulla sagoma imponente del Castello, mentre il cielo plumbeo puntellato di nuvole minacciose non lasciava spazio nemmeno all'illusione di veder emergere da tutto quel grigiore un pallido raggio di Sole.

Tutto questo, neanche a dirlo, era in perfetto contrasto con l'umore del nostro giovane eroe.

James Potter era raggiante e sorridente come mai prima d'ora, un puntino sorprendentemente luminoso in mezzo al malumore portato con sé dal temporale da cui si era lasciata trascinare la maggior parte degli studenti. Tuttavia, a spargere un pizzico di entusiasmo era sopraggiunta forse la notizia più inaspettata e gradevole della settimana: un fulmine aveva colpito tre delle sette serre dove si svolgevano abitualmente le lezioni di Erbologia, dunque il professor Beery aveva acconsentito senza troppi preamboli a rimandare le lezioni di quel pomeriggio a data da destinarsi.

E chi sarebbe mai potuto essere insoddisfatto dopo un annuncio del genere?

Inutile dire che tutti i Tassorosso e i Grifondoro erano rimasti immensamente sollevati di poter trascorrere un intero pomeriggio al caldo delle loro Sale Comuni, senza dover per forza uscire da Hogwarts per lottare contro il vento che faceva svolazzare i loro mantelli, che colpiva con ferocia ogni centimetro libero di pelle e che rendeva difficile persino arrancare per il cortile esterno.

Restare per due ore piene seduti sui divani accanto al camino, immersi in quel clima di euforia che si respirava costantemente quando gli studenti rosso-oro erano nei paraggi, non era stata un'impresa per nessuno dei ragazzi del settimo anno. Lui e Sirius avevano persino fatto una rapida incursione nelle Cucine con il chiaro intento di sgraffignare quanti più dolci possibili da condividere con tutti, motivo per cui la Sala Comune era stata ben presto invasa dalle torte più assortite che gli Elfi potessero offrire e un lieve profumo dolciastro si spandeva da ogni suo angolo.

Jacob Finnigan, sesto anno, era appena rientrato dall'Infermeria dopo una settimana di influenza pre-invernale e l'essere piombato così all'improvviso nella sua Sala Comune, trovando ad attenderlo un consistente gruppetto di ragazzi che stavano chiaramente cercando di distruggere la Torre Grifondoro, lo aveva persuaso dell'idea che quella fosse precisamente una festa improvvisata per celebrare il suo ritorno tra i compagni.

È quasi superfluo sottolineare che nessuno aveva osato contraddirlo una volta che aveva sfoderato un sorriso luminoso e si era dilettato in un commovente discorso di ringraziamento, motivo per cui quello che doveva essere un tranquillo pomeriggio autunnale si era rapidamente trasformato in un festino con i fiocchi.

E andava bene il caos, andava bene tutto, perché James con la confusione andava davvero a braccetto e un po' di svago non poteva che fargli del bene, visto che lo rendeva forse una delle poche persone capaci di sentirsi sinceramente e profondamente spensierate anche quando di esilarante non c'era assolutamente nulla. Sirius glielo ripeteva spesso che era maledettamente ridicolo in quelle circostanze, con il sorriso sempre appiccicato sulle labbra, come se riuscisse continuamente a trovare qualche cosa di divertente nella banalità che lo circondava.

Che poi, a pensarci bene, di banale intorno a lui non c'era proprio niente.

«Tieni Prongs.» Sirius entrò nel campo visivo di James, porgendogli una Burrobirra e lasciandosi cadere sul divano accanto a lui. «Almeno trovi qualcos'altro da fare, a parte fissarla come se volessi saltarle addosso.»

Seven ThingsWhere stories live. Discover now