Tre.

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Mercoledì.

«Gli hai detto di no?»

In quel preciso istante, Lily avrebbe voluto non saper riconoscere e intercettare così bene ogni minima sfumatura del tono della sua migliore amica.

"Gli hai detto di no?" era una frase chiara, precisa, persino piuttosto sintetica e incisiva rispetto al racconto così lungo e dettagliato di Lily. Su questo non c'era alcun dubbio. Il succo della questione, tuttavia, era un altro: Alice aveva parlato con un tono maledettamente aspro e minaccioso, alzando la voce di un'ottava nel momento in cui pronunciò quel monosillabo finale. Tutto questo, condito con i suoi occhi scuri spalancati dallo stupore, la fronte corrugata e la bocca rimasta socchiusa, delineava alla perfezione una delle espressioni più inferocite che Lily le avesse mai visto indossare da quando ne aveva memoria.

«Sì?» riuscì a replicare dopo aver deglutito, più come se fosse una domanda piuttosto che una convinta affermazione, ed era chiaro che non era la risposta che la sua amica si aspettava.

Per la prima volta nella sua vita, Lily si spaventò terribilmente nell'accorgersi della forchetta che Alice stava reggendo in mano e con cui avrebbe dovuto trafiggere la sua salsiccia. Quante probabilità c'erano che volesse inforcare lei?

«Tesoro.» Molte poche, evidentemente, visto che il preludio si prospettava buono. "Tesoro" non poteva essere un nomignolo tanto minaccioso, vero? «Contro quante pietre hai sbattuto la testa da piccola per esserti ridotta in questo stato?»

Lily sbatté lentamente le palpebre, confusa da quella domanda ma scorgendo perfettamente tutti quegli insulti impliciti che si celavano dietro di essa. Era indubbiamente un dono di Alice, il fatto di riuscire a risultare persino dolce e inattaccabile anche quando il suo intento era quello di offendere.

Frank, che come al solito fingeva di non seguire affatto la loro conversazione, rise e si strozzò con il suo pranzo. L'occhiataccia che gli rivolse la rossa fu senza ombra di dubbio esemplare.

«Cosa dovevo dirgli esattamente, Ali? È questa la regola.» cercò di spiegare, scrollando le spalle e ostentando tutta l'indifferenza di cui era capace. «Non potevo rispondergli di sì.»

Gli occhi di Alice sembravano voler urlare "potevi e dovevi" a squarciagola, ma lei decise di darci un taglio con l'interpretazione degli sguardi di fuoco della sua migliore amica e si limitò invece a restare in silenzio, incassando tutto il rimprovero che trasudava dall'espressione della ragazza che aveva di fronte e sentendo i suoi sensi di colpa quadruplicare.

«Non Schiantarmi se ti dico che accettare sarebbe stata una mossa astuta.» commentò Frank con un sorriso divertito sulle labbra, guadagnandosi con quella constatazione la piena approvazione della sua ragazza.

Potter era evidentemente rinsavito dopo quel breve arco di tempo in cui, chissà per quale assurdo motivo, aveva smesso di assillarla, ma non è che poi la domanda che le aveva posto la sera precedente sembrasse anche solo minimamente una seccatura. James non le aveva urlato di andare a Hogsmeade con lui da un lato all'altro del corridoio, con decine e decine di studenti che lanciavano occhiate maliziose e divertite a separarli, ma aveva scelto deliberatamente di parlarle quando erano soli.

Nessuna presa in giro, nessun ridicolo tentativo di far ridere gli altri, nessuna parvenza di volerla infastidire come suo solito: aveva parlato con un sorriso mostruosamente sincero e si era persino morso il labbro inferiore in un atteggiamento imbarazzato che non gli si addiceva per niente, tanto che quella minuscola parola, quell'impercettibile "sì" sembrava quasi premerle sulle labbra pur di uscire fuori. In fondo, sotto moltissimi aspetti, quell'anno scolastico aveva visto nascere un James Potter completamente diverso dal ragazzino borioso e arrogante che tutti ricordavano, dunque perché non lasciare che dimostrasse lui stesso di essere effettivamente cresciuto?

Seven ThingsWhere stories live. Discover now