Esca

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Itachi muoveva nervosamente la gamba sinistra, agitato, mentre continuava ad osservare, dalla sua sedia, in corridoio, la porta dietro alla quale erano spariti Sasuke e Mikoto da più di un’ora.
Si trovava in questura ed erano le dieci della mattina successiva a quando lui e Sasuke si erano finalmente decisi a raccontare tutto a alla madre. Itachi era teso come una corda di violino, ricordava di aver provato quello stato d’animo davvero poche volte nella vita, quasi tutte concentrate nell’ultimo anno e sempre per Sasuke.
Solitamente era gentile con tutti, ma sentiva che se in quel momento qualcuno diverso da suo fratello o da sua madre avesse provato ad avvicinarlo, avrebbe reagito davvero male, scacciandolo con nervosismo. Era tutta la situazione a renderlo così irritabile; in primis l’idea di non poter essere con Sasuke mentre lui raccontava tutto alla polizia. Sapeva quanto lui avrebbe voluto averlo al suo fianco. Tuttavia, gli uomini che lo stavano interrogando proprio in quel momento avevano concesso di entrare solamente a Mikoto, la madre.
Si alzò in piedi di scatto, mentre un uomo di guardia lo guardava come se fosse matto, e iniziò a camminare avanti e indietro per il corridoio, fermandosi ogni tanto per cercare di udire qualche parola, ottenendo però risultati deludenti.
Avrebbe voluto essere accanto a Sasuke, perché sapeva quanto potesse essere difficile per lui raccontare di quei sei mesi, e la consapevolezza di non poter stargli vicino lo rendeva tremendamente frustrato.




“Quindi noi dovremo credere a quello che ci ha raccontato questo ragazzino?”
Mikoto fissò con astio l’uomo – il poliziotto – che aveva posto quella domanda, dandogli mentalmente dell’imbecille; evidentemente non sapeva fare il suo lavoro.
“Senta un po’.” Disse, con tono deciso, rischiando di perdere la pazienza. “Per quale motivo mio figlio dovrebbe essersi inventato tutto?” Domandò, senza nascondere del nervosismo.
La poliziotta seduta alla loro sinistra non mutò espressione, non aveva parlato dall’inizio dell’interrogatorio, ma il suo collega sbuffò con un’aria di superiorità.
“Oggi giorno i ragazzini se ne inventano di ogni per attirare l’attenzione.”
Sasuke fulminò l’uomo con un’occhiataccia; già era stato tremendamente difficile dover raccontare in modo dettagliato quello che aveva passato per sei mesi da Orochimaru – con accanto sua madre, oltretutto – ma il fatto che qualcuno osasse dubitare delle sue parole, accusandolo di aver mentito, gli faceva ribollire il sangue nelle vene.
“Non sembra avere l’aria di un bugiardo.” Intervenne la donna che lo aveva ascoltato. Sasuke si ritrovò a congratularsi mentalmente con lei, quasi commosso da quel briciolo d’intelligenza.
“Anche le motivazioni che l’hanno spinto a tacere sembrano plausibili; dopotutto non è raro che un ragazzino di quindici anni si faccia abbindolare, in queste circostanze.”
Sasuke si sentì un po’ umiliato da quell’affermazione così diretta; ma dovette riconoscere che quello che aveva detto quella poliziotta era solo pura verità: si era fatto imbrogliare da Orochimaru.
“Potrebbe anche essere vero.” Le concesse l’altro poliziotto, alzandosi in piedi. Era un uomo sulla cinquantina, di corporatura piuttosto massiccia.
“Ma non abbiamo prove.” Aggiunse, alla fine.
Per un attimo nella stanza calò il silenzio, interrotto solo dai passi del poliziotto, che aveva preso a camminare in circolo. Sasuke si sentiva sfinito mentalmente, e cadde in uno strano torpore; gli sembrava di essere stato privato di qualsiasi energia. Proprio in quel momento gli attraversò la mente un’idea per fornire delle prove inconfutabili a quegli agenti; era estremamente semplice e potenzialmente molto complicata allo stesso tempo. Avrebbe dovuto di nuovo affrontare Orochimaru, e forse essere toccato da lui un’ultima volta – e sentire la sua maledettisima voce – ma doveva farlo.
Orochimaru era furbo, ma Sasuke in quei mesi era riuscito a capire che quell’uomo era abbastanza attratto da lui da avere un punto debole. Se gli si fosse ripresentata l’occasione anche solo di sfiorarlo nuovamente, Sasuke era sicuro che l’uomo avrebbe abbassato momentaneamente la guardia; ed era proprio in quel momento che doveva colpire.
Si schiarì la voce, per attirare un po’ d’attenzione, e facendosi un minimo di coraggio prese a parlare per spiegare quello che aveva in mente.
“Se volete delle prove posso fornirvele.”
Tutti gli sguardi furono immediatamente puntati su di lui.
“Sasuke?”
Mikoto lo osservò con sguardo interrogativo, temendo per un attimo che lui le avesse nascosto altro.
“Come?” Domandò la poliziotta, guardandolo negli occhi. Sasuke vacillò per un attimo, col dubbio che gli avrebbero fatto notare di non poter sprecare del tempo con un ragazzino, ma poi si mise a spiegare quello che aveva in mente, già sapendo che Itachi non l’avrebbe presa bene; anche se probabilmente quello era l’unico modo per mostrare la veridicità delle sue parole.
“Io sarei … disposto a fare … da esca.”
“Spiegati meglio.” lo incitò l’uomo che l’aveva interrogato, ritornando a sedersi, e scrutandolo questa volta con interesse.
“Potrei nascondere un piccolissimo registratore nei miei vestiti, magari nel taschino della giacca della divisa scolastica, e voi poi potreste ascoltare o vedere la registrazione da lontano e intervenire, cogliendo Orochimaru in flagrante. Sarebbe una prova schiacciante, no?”
Mikoto, per quanto sapesse che quel piano era un ottimo metodo per ottenere delle prove chiare, si scoprì angosciata all’idea di lasciare che di nuovo suo figlio incontrasse Orochimaru. Tuttavia quella era una sua proposta, e se Sasuke se la sentiva, non gli avrebbe negato la possibilità di metterla in atto.
“Capisco quello che vuoi fare ….” Borbottò il poliziotto, sembrando apparentemente interessato alla questione; aveva completamente abbandonato l’aria di superficialità di prima. Mikoto ne intuì facilmente il motivo: Sasuke dicendosi disposto a fare una cosa del genere aveva già fatto capire, in maniera piuttosto chiara, quanto desiderasse dimostrare che quello che aveva detto era vero; se avesse mentito non avrebbe mai fatto una proposta simile.
“Domani presentati qui verso le diciannove … hai detto che il bar presso il quale lavoravi chiude a quell’ora, vero?”
Domandò l’uomo.
Sasuke annuì con un cenno del capo.
“Mi sembra un buon piano per fornirci delle prove, ma sappi che sei stai mentendo non la passerai liscia.”
Mikoto lo fulminò con un’occhiataccia; nessuno poteva permettersi di usare quel tono di voce con suo figlio. Lo stavano trattando come se fosse solo un ragazzino bugiardo, ed era una cosa che lei non poteva tollerare.
“Io non mento.” Fece presente Sasuke, alzandosi in piedi, e pensando che, tutto sommato, nonostante l’imbarazzo e i brutti ricordi che gli erano tornati in mente raccontando di Orochimaru, quell’interrogatorio era andato piuttosto bene.
S incamminò verso l’uscita della stanza, desiderando, in quel momento, solamente di poter stare un po’ da solo con Itachi.




io e mio fratello itachiWhere stories live. Discover now