Distanza

322 14 0
                                    

“Naruto, vuoi stare un attimo zitto?”
Dalla partenza di Itachi erano già trascorsi tre giorni, e ancora lui e Sasuke non si erano sentiti. Quella conversazione che avevano avuto in aeroporto era servita a entrambi per chiarire alcuni punti, eppure invece che aiutarli a capirsi sembrava averli divisi ancora di più. Era come se la situazione fra loro si fosse congelata, ma Sasuke sapeva che certamente non avrebbero potuto resistere in quel modo per sei mesi.
O forse sì.” Pensò, mentre Naruto richiamava la sua attenzione dandogli delle pacche piuttosto irritanti sulla spalla.
“Sasuke! Guarda lì!” Il biondo indicò un piccolo bar all’angolo della via. “Potresti provare a chiedere se hanno bisogno.”
L’Uchiha annuì pacatamente, riconoscendo a Naruto di aver fatto c’entro, almeno per una volta.
Subito dopo la partenza di Itachi aveva deciso di trovarsi un piccolo lavoretto nel week end, giusto per guadagnarsi qualche soldino e non doverlo chiedere a sua madre, dimostrando di star diventando maturo ed indipendente. Era quasi una ripicca nei confronti di Itachi che si ostinava a trattarlo come un bambino di otto anni, ma quello non l’avrebbe mai ammesso nemmeno a se stesso.
Seguito da Naruto entrò nel locale – piuttosto affollato per le sue piccole dimensioni – avviandosi al bancone principale.
“Vorrei parlare con il proprietario.” Disse, all’uomo che li accolse. Quel tizio aveva una presenza che lo mise subito in soggezione: Sasuke non seppe dire il perché ma trovò subito inquietanti il suo sguardo e la sua presenza. Aveva dei lunghi capelli neri, che ricadevano sulle spalle – gli ricordarono per un attimo quelli di Itachi, anche se i suoi erano molto, molto più belli, si disse – e la pelle pallida. Molto più pallida della sua, che comunque rimaneva famoso per essere tutt’altro che abbronzato.
Sasuke deglutì a vuoto, prendendo coraggio, ma comunque parlando in modo piuttosto impacciato, non abituato a rapportarsi con gli adulti.
“Per caso avrebbe bisogno di qualche aiutante nel weekend?”Chiese. “Io sono uno studente e avrei bisogno di un piccolo lavoro, quindi mi chiedevo se …”
Né Sasuke né Naruto scorsero il sorrisetto sinistro sulle labbra dell’uomo.
“Sembri molto giovane …” Rispose quello, scrutando Sasuke a fondo. “Ma scommetto che con il tuo bell’aspetto attireresti di sicuro qualche altro cliente.” Continuò poi, schietto.
Sasuke mantenne una certa compostezza, non lasciando trapelare il suo nervosismo.
“Quindici a fine luglio …” Borbottò.
L’uomo tamburellò le dita sul tavolo, come se stesse riflettendo profondamente. Lanciò un ultimo sguardo a Sasuke, prima di parlare.
“Nell’ultimo periodo pensavo giusto che mi sarebbe servito un cameriere carino ...”
Naruto fece un gesto di vittoria, beccandosi una gomitata nelle costole dall’amico.
Il proprietario tese una mano verso Sasuke, sorridendo in un modo che a lui fece correre dei brividi lungo la schiena.
“Io sono il signor Orochimaru. Questo sabato, alle tre del pomeriggio, presentati qui … per una prova. Se sarai abbastanza abile ti assumerò come cameriere nel fine settimana, intesi?”
Lui annuì cortesemente.
“La ringrazio.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Itachi fulminò con un’occhiataccia irritata l’ennesimo passante che lo colpì con una spallata. Anche se non era certo partito con la situazione psicologica migliore – visto quello che era successo con Sasuke – aveva sperato di essere almeno stimolato dalla curiosità di scoprire una città nuova, dove la mentalità e il modo di vivere erano diversi da quelli ai quali era abituato, ma in verità quel posto non gli stava piacendo come aveva sperato. Kyoto non era certo una città tranquilla e poco movimentata, ma almeno Itachi poteva affermare che in generale – più o meno – almeno nella sua zona, fosse fatto tutto con un certo ordine. New York invece era incasinata, dispersiva, caotica. Anche bella, sotto molti punti di vista, eppure Itachi sentiva di non essere troppo predisposto per quella vita in stile occidentale. Forse era colpa solo del cambiamento così repentino, del fuso orario al quale non si era ancora abituato e dei pensieri che aveva per la testa – Sasuke – magari dopo il primo mese si sarebbe abituato, però già quel giorno aveva deciso di uscire da solo la sera, dopo la fine degli studi, perché non aveva voglia di compagnia.
Sbuffò mentre faceva la fila ad un fastfood, e andò a sedersi all’unico posto vuoto che riuscì a trovare, disgustato dall’odore intenso di cibo che permeava quel luogo.
Guardò il suo panino con una smorfia, non molto contento di dover mangiare qualcosa di diverso da quello a cui era abituato per i successivi sei mesi. Non lo entusiasmava nemmeno l’idea degli studi interessanti che avrebbe fatto, semplicemente si sentiva fuori posto, e sapeva anche perché.
In verità gli mancava già troppo Sasuke, e sapeva di essere sempre più vicino ad ammettere di non poter reprimere o dimenticare i sentimenti che provava per lui, soprattutto ora che sapeva di essere ricambiato. Prima di quella scoperta si era sempre detto che le cose sarebbero andate bene in ogni caso, perché lui non avrebbe mai toccato suo fratello senza il suo consenso, ma sapere che anche Sasuke provava i suoi stessi sentimenti gli aveva messo addosso una certa inquietudine. Entrambi desideravano di potersi considerare non solo come due fratelli, ma come due persone innamorate.
Se quando sarò tornato, né io né Sasuke saremo riusciti a mettere da parte quello che proviamo … allora vuol dire che non c’è proprio nulla da fare.” Si disse, sorridendo amaramente.
Senza nemmeno rendersene conto andò a ripescare dal cellulare una vecchia foto che era riuscito a scattare a suo fratello, soffermandosi ad osservarla con sguardo malinconico.
Pensò a tutto quello che aveva cercato di fare per mettere da parte i suoi sentimenti, e improvvisamente si sentì solo uno stupido. In fondo lo sapeva che ormai era tutto inutile, che i suoi sentimenti sarebbero esplosi, prima o poi, e non sarebbe più stato in grado di contenerli, ma aveva sempre cercato di nasconderlo anche a se stesso. L’unica speranza per loro era che Sasuke dimenticasse quello che provava verso di lui, ma Itachi conosceva bene suo fratello, e anche se non voleva ammetterlo sapeva bene che non avrebbe mai cambiato idea.
Pensò a quante bugie aveva detto per cercare di nascondere un sentimento impossibile da reprimere, e improvvisamente si sentì invadere da un’ondata di tristezza. Gli venne in mente quando, pochi giorni prima di partire, aveva lasciato Jun. L’aveva presa in disparte durante una delle tante pause fra una lezione e l’altra, spiegandole che la loro relazione non poteva andare avanti perché lui aveva capito di non essere veramente innamorato. Lei inizialmente aveva reagito con un certo contegno, senza accusarlo, ma quando poi era scoppiata a piangere per la tristezza Itachi si era sentito un vero verme. Perché le aveva sempre raccontato solo bugie, l’aveva illusa pur sapendo quanto Jun fosse innamorata di lui. L’aveva usata crudelmente per i suoi scopi personali, e poi l’aveva abbandonata quando si era reso conto che niente avrebbe potuto aiutarlo a dimenticare Sasuke.
Aveva cercato di consolarla, poi, ma non era servito a farlo sentire una persona un po’ migliore.
Tornò ad osservare la foto di suo fratello, e improvvisamente gli venne da chiedersi cosa avrebbe pensato sua madre se fosse venuta a conoscenza di ciò che provavano uno per l’altro. E di quello che stavano passando a causa di quei sentimenti così difficili da accettare.
Cercò di scrollarsi di dosso quei pensieri, prendendo a massaggiarsi la fronte. Gli faceva male la testa.
Quei sei mesi si prospettavano davvero lunghi.
 
 
 
 
 
 
 
 
"Sono a casa!"
Sasuke si era appisolato sul divano, quel pomeriggio, ma riconobbe subito la voce dolce di sua madre, chiedendosi come mai lei fosse già arrivata, con ben due ore d'anticipo rispetto al solito.
"Ciao Sasuke!Te l'avevo detto che oggi sarei tornata prima, no?"
"Non mi pare ... " Borbottò lui in risposta, non particolarmente interessato alla questione. Piuttosto gli premeva informare Mikoto di qualcos'altro.
"Mamma, ricordi che ti avevo detto di voler trovare un piccolo lavoro per riuscire a guadagnarmi almeno qualche soldo, no?"
Lei annuì bonariamente, mentre si avviava verso il divano per sedersi accanto al figlio.
"Certamente ..."
"Ecco io ... oggi sono uscito con Naruto dopo la scuola e ... ho parlato con il proprietario di un piccolo bar non molto distante da qui."
"... e?" Lo incitò Mikoto.
"Mi ha chiesto di andare nel suo bar a fare un giorno di prova. Se sarò un bravo cameriere ... mi assumerà!"
"Questa è un'ottima notizia!"
Mikoto scompigliò scherzosamente i capelli del figlio, sorridendogli. "Sei stato bravo a impegnarti per trovare un lavoretto, ma cerca di non forzarti troppo, ok? Ricorda, prima la scuola ..."
"Non ti preoccupare mamma, in fondo si tratta solo di due giorni alla settimana... non è molto."
"Va bene." Acconsentì lei. "Ma voglio vedere il posto ..."
"Certo ..."
Restarono lì in quel modo per un altro po', e Mikoto prese ad accarezzare i capelli del figlio come faceva quando era ancora solo un bambino, sorridendo quando lo vide lievemente imbarazzato.
"Mamma, perché mi guardi in quel modo?"
"Nulla." Sussurrò lei, con uno sguardo dolce stampato sul viso. “solo che i figli crescono così in fretta... ormai anche tu stai diventando un ometto."
"Mamma, io sono già ..."
Sasuke si sentì in imbarazzo quando si ritrovò stretto fra le braccia di lei, ma quella sensazione di disagio  si sostituì subito a qualcosa di più piacevole. Era da molto che non si abbandonava alle attenzioni di sua madre, e decise di lasciarla fare.
"Sasuke, ci vieni con me a fare la spesa?"
Lui annuì senza protestare, desideroso di trascorrere del tempo insieme. Si sentiva particolarmente solo.
"Ok mamma."
 
 
 
 
 
 
Quella stessa sera Sasuke, dopo essere tornato dal supermercato ed avere preparato la cena insieme alla madre, era salito in camera sua per fare i numerosi compiti che gli avevano assegnato quel giorno a scuola. Era rimasto seduto alla sua scrivania per diverse ore, riuscendo a immergersi completamente nello studio, ma ad un certo punto aveva dovuto lasciar perdere, troppo stanco per continuare.
Pazienza, non sono per domani, quindi ho ancora tempo per finirli.” Si disse, mentre si sdraiava sul letto. Si soffermò ad osservare il soffitto, ripensando alla giornata trascorsa.
Fra la scuola, la ricerca di un lavoro, aiutare Mikoto con la spesa, e i compiti, non aveva avuto molto tempo per se stesso, e solo ora il vuoto generato dalla partenza di Itachi tornò a farsi sentire. Non lo vedeva da pochi giorni, però quello che gli pesava sul serio era l’idea che prima di riabbracciarlo ed averlo vicino – come era sempre stato – avrebbe dovuto attendere ancora tantissimo tempo.
Sospirò, rannicchiandosi su se stesso, e pensando di essere solo uno stupido a sentire già la mancanza del fratello. Da quando Itachi era partito non si erano ancora sentiti, e Sasuke non voleva dargli la soddisfazione di essere il primo a chiamarlo: anche se nello stesso tempo desiderava immensamente sentire la sua voce, anche solo per pochi minuti.
Mentre si rigirava nel letto gli venne un’idea malsana, e senza rifletterci troppo assecondò quello che gli aveva suggerito la sua mente.
Camminò lentamente nel lungo corridoio che portava alla stanza di Itachi, attento a non fare rumore per evitare di svegliare Mikoto che era già andata a dormire, stanca, e si sentì un po’ stupido quando varcò la soglia della camera del fratello. Sollevò le coperte del letto, per poi sdraiarsi, e respirò a fondo, immergendo la testa fra i cuscini. C’era ancora l’odore di Itachi, lì, e per un attimo Sasuke immaginò di averlo accanto a sé. Quel profumo servì a tranquillizzarlo, e finì per cadere in uno stato di dormiveglia. Proprio mentre si stava per addormentare la suoneria del cellulare lo riportò bruscamente alla realtà.
“P- pronto?” Bofonchiò con la voce impastata dal sonno, chiedendosi chi fosse così stupido da chiamarlo a quell’ora.
“Sasuke?”
Era Itachi. Lui restò per un attimo in silenzio, decidendosi a rispondere solo quando il fratello lo chiamò per l’ennesima volta, dall’altra parte del telefono.
“Che vuoi, niisan?” Disse, sgarbatamente, irritato dal comportamento del più grande che si era deciso a farsi sentire solo dopo diversi giorni.
“Volevo sentirti, otouto.”
La sua voce dolce bastò già ad addolcirlo, ma Sasuke s’impose di continuare a fare il sostenuto.
“Hai idea di che ore sono? è l’una Itachi, e io domani devo andare a scuola.”
“Perdonami, otouto, lo sai che qui l’orario è diverso. Volevo solo …”
Sasuke s’impose nuovamente di mantenere un certo distacco, ma non riuscì a continuare a parlargli con freddezza.
“Scusa se non mi sono fatto sentire in questi giorni, Sasuke, ma ero molto impegnato …”
Lui si rannicchiò di più nel letto di Itachi, rispondendo con tono di voce lamentoso.
“ Smettila di scusarti come tuo solito, tanto fai sempre quello che ti pare …”Gli fece notare. ”Sei solo un bugiardo niisan.”
Sasuke sentì il desiderio di parlargli di quello che era successo in aeroporto, ma sapeva che non avrebbero mai potuto affrontare un argomento del genere mentre erano così lontani. Doveva essere paziente e aspettare i sei mesi, la resa dei conti.
Sentì Itachi sospirare dall’altra parte del telefono.
“Sei stanco?” Gli chiese.
“Un po’ … oggi è stata una giornata pesante.”
Trascorse qualche secondo in silenzio.
“Niisan, forse è meglio che chiudi la chiamata, all’estero costano molto …”
“Non ti preoccupare per questo, Sasuke, ho attivato una promozione che mi permette di chiamare te e la mamma con una tariffa normale.”
Ancora qualche secondo di silenzio.
“Tu come sei stato in questi giorni?” Chiese Itachi.
Sasuke rimproverò se stesso per essere tornato a parlargli con naturalezza.
“Mi sono messo a cercare un lavoro per aiutare la mamma.” Gli disse, non riuscendo a nascondere un po’ di orgoglio nel tono di voce.
“Sabato ho una prova, se sarò bravo mi assumeranno, e lavorerò il sabato e la domenica.”
Itachi ridacchiò appena, bonariamente, dall’altra parte del telefono. ” Sei stato bravo, otouto … come cameriere dove?”
“In un bar qui vicino.”
“Mi raccomando, comportati bene. Non era necessario che tu trovassi un lavoro, sei ancora piccolo dopotutto.”
“Anche tu hai iniziato a lavorare presto per aiutare la mamma, niisan.” Gli ricordò Sasuke.
“Hai ragione.” Rispose lui. ”è che io sono il tuo fratellone, Sasuke.”
“E allora?”
“Niente, niente.”
Sasuke si sdraiò su un fianco, guardando fuori dall’ampia finestra della camera del fratello. Era tutto buio. Voleva restare al telefono con lui per tutta la notte.
“Otouto, sarai stanco, è meglio che stacco.” Lo sentì dire.
“No, aspetta, niisan.” Rispose Sasuke d’impulso, chiedendogli implicitamente di restare ancora un po’.
“Com’è New York?”Chiese, impaziente di trovare un argomento che avrebbe tenuto Itachi al cellulare ancora per un po’.”
“Non è male come città, anche se c’è un po’ troppo caos per i miei gusti.”Rispose lui, con voce profonda. “Quando sarai più grande ti ci porterò, otouto.”
Rimasero a parlare di quell’argomento ancora per un po’, fino a quando fu Itachi a decidere di terminare la conversazione.
“Ora è meglio che ti saluto sul serio.” Disse.
Sasuke rimase un po’ deluso.
“Domani ti chiamerò ancora, te lo prometto.” Lo rassicurò Itachi. Il più piccolo s’immaginò lui che gli scompigliava i capelli e gli baciava la fronte come faceva di solito.
“Ok …”Si rassegnò a salutarlo.” allora a presto, niisan.”
“A presto anche a te, Sasuke. Ti …”
“Cosa?”
“Nulla, nulla. Fai il bravo con la mamma. Buona notte.”
“Niisan, cosa stavi per dire?”
Sasuke si soffermò ad osservare lo schermo del cellulare; Itachi aveva già riattaccato. Chiuse gli occhi, sentendosi invaso da una calma interiore, e ripensò alla voce calda del fratello.
Sei mesi erano davvero troppi.

io e mio fratello itachiWhere stories live. Discover now