"Ehi, questa è la mia colazione", si lamenta poi, avvicinandosi il tutto al petto ancora di più.

Avevo già fatto colazione, ma continuavo ad avere fame.

Maledetto pre ciclo, che ovviamente si sarebbe fatto vivo entro Capodanno, per rovinarmi le feste.

Rovinarci, le feste.

Per Natale avevamo deciso di non farci regali.

Non so esattamente perché avevamo deciso così.

Probabilmente perché avevo paura mi regalasse una macchina o una casa nuova, e io avrei risposto con un cappello o l'ennesima felpa dell'Adidas.

Al massimo l'ultimo paio di scarpette alla moda appena uscite in commercio.

Però l'avevamo deciso, e per questo cercavo di sdebitarmi con piccole cose, andando a prenderlo a lavoro, portandolo a cena fuori, portandogli la colazione, comprando completi intimi nuovi, che avrei indossato per lui, come avevo fatto proprio la sera prima.

Ce l'avevo ancora addosso, motivo che spiega il suo sguardo attento sul mio corpo subito dopo aver finito la sua colazione.

Seguo il suo sguardo sul mio seno, poi torno a guardarlo, muovendomi sul materasso per spostarmi su di lui, che sorride, accogliendomi e portando le mani sulla parte posteriore degli slip poco coprenti.

"Pensavo di averti tolto tutto ieri sera", mi dice, accarezzandomi la schiena con una mano e salendo fino al collo, senza spostare per un attimo lo sguardo dai miei occhi.

"Pensi male, forse non sei stato così bravo", ribatto, portando le braccia intorno al suo collo e osservandolo beffarda.

Lo bacio, lentamente, passando una mano tra i suoi capelli morbidi, e lui sospira, stringendomi un po' di più mentre prendo a sistemarmi meglio con le gambe sul suo corpo.

Tiro via con le mani le lenzuola che ci coprono ancora per metà i corpi, mentre con la bocca scendo sul collo, sentendolo sospirare ancora.

Mi accarezza ancora, sfiorando con le dita l'apertura del reggiseno sulla mia schiena, poi sospira ancora, fermandosi e fermandomi di botto.

"Bea... dobbiamo alzarci", sussurra, spingendomi indietro ancora

"Mh mh" rispondo, continuando però a toccarlo.

Ride, nascondendo il viso nel mio collo per schivare i miei baci.

Mi fermo, guardandolo interrogativa, mentre si gira a fissare l'ora sull'orologio a led di fianco a lui.

Ricambia il mio sguardo, supplicandomi con gli occhi e mordendosi il labbro inferiore nervosamente.

"Dobbiamo andare da mia madre...", si giustifica poi, allontanandosi da me e poggiando di nuovo la schiena alla testiera del letto.

Sua madre sarebbe arrivata a Torino quella stessa mattina, e probabilmente aveva cominciato a preparare il pranzo già dall'aereo che la riportava in Italia.

"Tra più di due ore, cretino", gli dico ridendo, togliendo le sue mani dal mio fondoschiena e alzandomi da lui, diretta alla doccia.

Raggiungo il bagno in camera guardandolo intensamente, sparendo dietro la porta che lascio aperta di poco.

Non faccio in tempo ad aprire l'acqua della doccia che mi ritrovo le sue braccia a circondarmi il busto.

Scoppio a ridere, consapevole che in questo gioco non posso che vincere sempre io.

Mi gira verso di lui, prendendo a baciarmi seriamente e cominciando a tirare via la mia cipolla tirata sui capelli ancora puliti.

Lo fermo in tempo con le mani, facendolo ridere, e torna ad accarezzarmi la pelle, scottata dalle sue dita, più che dall'acqua calda che ci bagna i corpi nudi.

Más que nunca - Paulo DybalaWhere stories live. Discover now