Capitolo 8: Abbandono (parte 1 di 4)

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Glossario musicale: 

Con abbandono: Incontrollato; arrendersi al sentimento; portata via dalla passione

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Glossario francese:

Mon soleil: mio sole

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--DIECI ANNI PRIMA--

(Musica d'atmosfera: Hymne à l'amour - Josh Groban)

"Allora, cosa ne pensi? Rosso o blu?" canticchiò un voce calda e baritonale alle spalle di Adrien. 

Adrien scrutò il tessuto lucente, passando lentamente le dita per la sua lunghezza, le piccole mani non ancora abbastanza capaci di tenere l'indumento nella sua interezza. "Decisamente blu" concluse. "é il suo preferito."

"Lo è, senza dubbio. Blu zaffiro, per essere esatti" sottolineò Gabriel, riponendo le stoffe nelle loro rispettive scatole. "Tua madre è una donna straordinaria, e lei merita nient'altro che il meglio. Specialmente per il suo compleanno."

"Vuoi vedere il biglietto che ho fatto per lei?" cinguettò con entusiasmo Adrien mentre saltava giù dalla sedia per prendere la suddetta cartolina dal tavolo vicino. 

Gabriel prese cautamente il biglietto e lo sollevò, attento a non versare nessuno dei sovrabbondanti glitter su di sé. "Mh, il tuo disegno di...una...capra, giusto? é piuttosto incantevole."

Adrien ridacchiò, il suo sorriso sdentato mostrava i due denti davanti mancanti, i quali aveva perso recentemente (e per cui era stato ampiamente ricompensato). "Non è una capra, è un criceto!"

Gabriel riuscì a nascondere bene la sua sorpresa. "Ah, sì, certo. Inoltre, anche la tua calligrafia è migliorata, e il tuo spellino è impeccabile. Perfetto come sempre" osservò mentre gli restituiva il biglietto. 

"Grazie, papà!" sorrise Adrien radioso, eccitato che i suoi sforzi fossero stati notati. "Ho fatto pratica!"

Gabriel ricambiò il sorriso amorevolmente. Mise una mano sulla spalla di Adrien e disse, "Vieni, è ora di cena. Andiamo ad incontrare tua madre."

Una volta che il biglietto fu messo via, il duo attraversò lo spazioso ingresso della villa verso la sala da pranzo.

"Non posso aspettare fino alla sua festa a sorpresa di sabato!" sussurrò Adrien a suo padre mentre camminavano, frizzante dall'eccitazione. "Vorrei che fosse già qui!"

Gabriel ridacchiò, divertito dall'entusiasmo del figlio. "Beh, a meno che non troviamo un modo di viaggiare nel tempo, dovremmo solo aspettare, e mantenerlo segreto."

Più tardi quella sera, Emilie Agreste assistette a un Adrien fresco di bagno intento a lavarsi i denti.

"Ti stanno piacendo le lezioni di pianoforte, mon soleil?" 

"Mnnnnh-hnn!" mugugnò Adrien in segno di approvazione.

"Ne sono lieta. Dovresti suonare per me domani e mostrarmi quel nuovo pezzo a cui stai lavorando" rispose lei, cercando di pettinargli alcune ciocche ribelli ai lati della testa.  "Mhhh, non riesco a far stare giù questi ciuffi." disse con un finto tono irritato. Storse la bocca verso l'alto e rizzò i capelli ancora più in su con le dita. "Assomigliano alle orecchie di un gatto, non trovi? Sei decisamente il gattino più carino che abbia mai visto" scherzò, scompigliandoli i soffici, umidi capelli. 

Adrien ridacchiò, la bocca ancora piena di dentifricio.

"Eccetto che questo piccolo gattino adoooooora l'ora del bagnato, non è vero?" osservò mentre finalmente riusciva a lisciargli i capelli. "E tu sai che strumento suonano i gatti, invece del piano?" chiese, con noncuranza.

Le sopracciglia di Adrien si alzarono in una muta domanda mentre continuava a sciacquarsi la bocca con l'acqua. 

Lei si chinò vicino alla sua testa e rispose giocosamente: "Le Purr-cussioni."

Con un sonoro sbuffo, Adrien spruzzò l'acqua su tutto lo specchio del bagno mentre scoppiava a ridere. Emilie rise maliziosamente, rinforzando la risata alla faccia stupita di Adrien. 

"Mamma, questa era coooosì scadente!" rise lui, asciugandosi l'acqua e il dentifricio che gli erano gocciolati sul mento.

Ridacchiando tra i denti, lei rispose: "Beh, tu stai ancora ridendo, quindi non doveva essere così male."

"Se papà la sentisse, saresti nei uai."  ribatté il bambino, e il risolino di Emilie si trasformò effettivo chiocciare. 

Ancora ridendo, asciugarono velocemente lo specchio e il lavandino, quindi passarono nell'ingresso verso l'ufficio di Gabriel.

Emilie bussò alla porta un paio di volte prima di aprirla, sbirciando in girò per cercarlo.

Gabriel sedeva dietro alla sua scrivania, studiando attentamente il suo lavoro. "Sì?" rispose mentre scriveva.

"Ciaoooo, mio caro marito" salutò Emile con fare civettuolo. 

Gabriel sollevò la testa, quindi sorrise quando vide loro due. "Ah, le mie due persone preferite al mondo. Cosa posso fare per voi?"

"Il nostro piccolo raggio di sole è qui per dare la buonanotte" rispose Emilie, spingendo Adrien nell'enorme stanza.

"Oh!" Gabriel lanciò un'occhiata all'orologio, le sopracciglia sollevate. "Non avevo realizzato che fosse già quest'ora" disse, stiracchiandosi le membra. Spinse la sedia indietro e aspettò suo figlio mentre quest'ultimo sgambettava verso di lui.

Il bambino di sette anni balzò tra le braccia del padre, facendolo grugnire leggermente e facendo andare indietro di qualche centimetro la sedia a rotelle. 

Gabriel ridacchiò e accarezzò la testa di Adrien. "Se sei grande abbastanza da togliermi il fiato, sei grande abbastanza da aiutarmi con queste scartoffie."

Emilie si appoggiò allo stipite della porta, guardandoli con calore. "Sta sicuramente avendo una crescita improvvisa; continua a diventare troppo grande per tutti i suoi vestiti!"

Una voce di donna dietro di lei parlò: "Volete che ordini alcuni nuovi capi per lui, Emilie?"

Emilie si voltò per fronteggiare la scrivania dall'altra parte della stanza, e sorrise radiosa. "Oh, potresti, Nathalie? Sei la migliore!"

Adrien tornò dalla madre, salutando entusiasta mentre veniva accompagnato fuori. "Buonanotte, Nathalie! Non lavorare troppo duramente!"

La porta si chiuse dietro di loro e la stanza tornò nuovamente tranquilla. Gabriel e Nathalie si guardarono a vicenda sorridendo contemporaneamente, riconoscendo silenziosamente come Emilie e Adrien portavano così tanta vita ed esuberanza ovunque andassero. 

Nathalie osservò mentre riorganizzava alcuni documenti: "Diventa ogni giorno sempre più come sua madre, non è vero?"

"Sì, è vero" rispose Gabriel mentre si appoggiava allo schienale, il suo sorriso sempre più ampio. "Sono l'uomo più fortunato del mondo."

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(continua nella seconda parte)


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