IV ATTO - Kilig

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La piazza era distante venti minuti dal centro, non conoscevo ancora nessuno dei presenti se non alcuni di vista, fra cui Taewon. Non ci credevo di essermi lasciata convincere da Jun. Quando me ne pentii, pensai che la colpa fosse da attribuire a lui.

-Sto andando a una reunion organizzata da Taewon, ci vuoi venire?

-Reunion?

-Sì, fra tutti gli atleti da strada della città.

Il mio primo pensiero fu di Taewon che scappava dalla polizia. Non ci sarei mai andata, e se fosse finita male? Mi sarei ritrovata espatriata o peggio. Peccato che la maggior parte degli amici di Jun fossero anche amici di Taewon. Non sarei sfuggita a lui, se avessi voluto conoscere qualcuno, sarei per forza dovuta andare con Jun. Tergiversai un po' e all'ultimo lo chiamai per confermare.

Appena arrivati mio cugino corse subito a salutarlo e io con lui. Sarei rimasta ben volentieri in disparte, ma non volevo rimanere da sola. Jun e Taewon parlarono un po' insieme, c'era anche una loro amica, Minju e un amico di Taewon, Seokhyeon. A quanto pare loro due si conoscevano da tempo, ma avevano perso i contatti quando entrambi fecero il servizio militare. Si scambiavano di due anni, quindi furono ben quattro gli anni passati senza che si potessero vedere. Quel giorno ne ebbero l'opportunità e passarono ore insieme.

Mi annoiai ben presto e preferii fare la conoscenza di Minju. Anche lei si era scocciata subito sentendo parlare Taewon e Seokhyeon delle loro esperienze al campo militare, così provai a farci amicizia. Si era allontana appena un po' dagli altri, ma abbastanza da sembrare sola. Timidamente la salutai e lei contraccambiò con un piccolo cenno degli occhi.

-Ci hanno lasciato in disparte, vero?

Le dissi, provando a intavolare una discussione.

-                                                                                            .

Era timida, fin troppo pure per rispondermi. Passò abbastanza tempo da sentirmi in imbarazzo e appena arrivò un altro gruppo di persone, Minju scomparì per salutare le sue amiche. Appena fatti due passi, lei si girò e mi invitò a seguirla. Anche se mettevo in discussione la sua timidezza, io non ero da meno e mi sentivo a disagio nel conoscere così tante persone tutte insieme. Rimasi seduta in un muretto per una buona mezz'ora, controllando le notifiche del telefono e messaggiando con alcune ex colleghe di corso della mia università che si domandavano come fosse vivere in Corea. Il sole stava per tramontare, e fra i palazzi un alone violaceo separava il giorno dalla notte. Da lì, inaspettatamente Taewon si fece avanti, ero troppo distratta per prestargli attenzione e mi sentii impreparata quando arrivò accanto a me facendomi una battuta:

-Vedo che ti stai divertendo.

Cercai di non mostrarmi scoperta e feci l'accondiscendente.

-Sì, abbastanza.

-Sei la cugina di Jun, vero? Quella che viene dall'Italia.

-Sì.

La mia laconicità lo fece dubitare un po'.

-Noi adesso stiamo andando ad allenarci, vuoi venire con noi?

-Non ne sarei capace, non faccio esercizio da anni, figuriamoci saltare da un tetto all'altro.

-Hai paura? Perché se è così puoi stare tranquilla, non ti farei fare niente di pericoloso... e poi ci sono io.

-Sì, ho visto i video su youtube, non sembri una figura rassicurante.

-Oh, ma lì faccio il cazzone apposta, non rischierei mai di fare qualcosa di cui non sono confidente al cento per cento, sta lì il gioco. La gente pensa che sono matto, ma in realtà sono un ragazzo abbastanza tranquillo.

Le sue parole non mi convincevano per niente. Però se non li avessi seguiti sarei rimasta da sola, di nuovo. Quindi gli dissi di sì.

Mi trascinò quasi con la forza, mi prese il polso con una disarmante nonchalance e mi portò dagli altri. All'inizio si riscaldarono e fecero cose che anche io pensavo di poter fare. Saltare da un muretto all'altro, rotolare su se stessi, e forse è questo che spinse Taewon a chiedermi di seguirlo.

-Ho i jeans, non potrei farle queste cose e poi mi sporcherei.

So che potesse suonare come una scusa, e probabilmente lo era.

-Non hai bisogno di una tuta per fare un piccolo saltino, dai sù.

Tutti mi guardavano perché ero la ragazza verso cui Taewon stava dando attenzioni. Sudai freddo, ma mi sarei vergognata ancora di più a non provarci. Li feci goffamente, ma ci riuscii. Salimmo muretto per muretto e alla fine ci trovammo su di un tetto, non troppo alto rispetto ai grattacieli di Seoul, ma la vista era libera e si poteva intravedere il sole scomparire all'orizzonte.

-Bello vero?

Disse Taewon.

Lo era davvero. Misi la mano davanti e giocai con l'ombra sulle mie mani. Il sole sembrava una biglia, pronta per essere messa in tasca.

-E per questo che lo fai?

-Lo faccio per essere libero e... per i soldi.

Mi fece ridere, devo ammetterlo.

-La gente vede solo muri per la città, corre in linea retta come fossero topi. Per me invece sono un'opportunità per sentirmi libero. Non sono costretto da niente e da nessuno.

Aveva forse ragione? Poteva esserci un modo in cui io potessi sentirmi libera di essere me stessa e non la visione distorta di qualcuno o qualcosa?

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