Liberia - prova 4: La verità

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Una lama di luce mi colpisce quando qualcuno apre la tenda. Socchiudo gli occhi, cercando di capire chi è entrato, ma la figura si staglia in controluce e non vedo nulla.

L'ombra si avvicina svelta al palo a cui sono ancora legata e io trattengo il respiro, perché è un viso che ho già visto anni fa, a palazzo. Lo ricordo bene, perché ero rimasta inquietata da quello sguardo così freddo e impenetrabile, ma ora non ha più importanza perché questa donna è una liberiana, venuta a salvarmi.

— Tabitha... — sussurro, sorridendo. Lei si dirige verso un mucchio di armi in un angolo, da cui solleva, con un movimento preciso, una spada. La mia spada.

Poi grida qualcosa che non comprendo, richiamando nella tenda un Oros che mi immobilizza, mentre lei recide le corde ai miei polsi. D'un tratto capisco ed è come se un velo nero cadesse sul mondo.

Tabitha è una traditrice.

La donna fa cenno al soldato di seguirla e si avvia verso la città. Cerco di ribellarmi, ma lui è troppo forte e i miei tentativi sono inutili.

— La regina sarà molto contenta quando accidentalmente morirai davanti ai suoi occhi. Lei mi ha privato di una vita che è mia di diritto, quindi io la priverò di una vita a cui tiene — mi dice, mentre un sorriso le deforma i lineamenti.

Mi spingono dentro la città e rimango paralizzata: se esiste l'inferno, sicuramente è fatto così. L'odore dolciastro del sangue è così forte che mi appanna i sensi. Con la mia spada Tabitha si fa strada in mezzo a quel mare di corpi, cercando la regina.

D'un tratto, un liberiano si scaglia sull'oros che mi tiene immobilizzata e che, per difendersi, allenta la presa. Cerco di sgusciare via, ma Tabitha è più veloce e mi tira a sé, puntandomi la spada alla gola. Poi la sua attenzione viene catturata da qualcos'altro: è la regina degli Oros, subissata dai colpi di un liberiano particolarmente valente.

— Non arrenderti! — le urla Tabitha.

Come un fuoco d'artificio la voce di mia madre mi riecheggia nella mente. Una, due... due figlie. Due uccellini in nidi diversi. Te la ricordi, quando è arrivata? Povera rana. Mi dicono che il figlio sia il suo ritratto.

Due figlie.

— È la sorella di Nen, la Regina Oros! — urlo, sconvolta. Poi un'altra voce si alza nel tumulto della battaglia.

— Rebekka, giù, ora!

Il mio corpo reagisce subito e vedo Cornelia che si scaglia su Tabitha, costretta a mollare la presa. Con un colpo secco mi libero e le faccio saltare via la spada dalla mano, riappropriandomene. Lancio uno sguardo di gratitudine alla mia vecchia amica d'infanzia e corro via. Devo trovare la regina, devo dirle di Tabitha.

Attraverso la piazza schivando colpi fino alla fontana centrale e vi salgo sopra per avere una visione migliore. Negli interstizi delle piastrelle scorrono rivoli di sangue, che sembra trasudare direttamente dal pavimento.

Eccola, la regina. Salto dal piedistallo e per un attimo rimango sospesa in aria, come volando. Tutto si immobilizza e il mio sguardo vaga sorpreso sui guerrieri, cogliendo le loro impressioni di orrore cristallizzate sul viso. E poi vedo mia madre, poco distante, che fronteggia un Oros con un piccolo coltello da cucina.

Quando atterro ho già preso la mia decisione: al diavolo tutto, devo salvarla, devo chiederle scusa per tutte le volte che aveva ragione e l'ho chiamata pazza. La raggiungo nel momento in cui l'Oros la disarma e lo colpisco con l'elsa della spada, facendogli perdere i sensi.

Mi butto tra le braccia di lei, piangendo, mentre un allarme risuona nell'aria.

È tutto finito.

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