12. Momenti di infelice ordinarietà

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Chris scrutava ancora gli infissi della porta, dalla quale era uscito goffamente quel ragazzetto così strambo. Era rimasto impassibile a guardare il vuoto che Timothy aveva lasciato scomparendo dalla sua vista. Avvertì un insolito silenzio, accompagnato da una leggerissimo confusione di voci alterne. Sentì un tumulto sul piano di sopra, poi delle risate miste a degli urli. Uno o più banchi furono mossi senza aver cura di sollevarli. Provocarono ora un frastuono percettibile, che ruppe l'ottimo silenzio che si era creato.

Il silenzio della riflessione e della meditazione.

Chris amava i momenti in cui si trovava da solo, dove non aveva la necessità di dover intrattenere conversazioni, che al 90% non potevano che riguardare argomenti totalmente banali e noiosi per lui. Odiava dover assorbire tutte le ansie degli altri e le loro più private ed inconsistenti questioni. Ogni volta si annoiava terribilmente a sentir parlare di sport, di faccende familiari degli altri e persino la politica. Odiava con tutto sé stesso il dibattito politico, non riusciva a concepire neppure le divisioni che forzatamente esso induce nella società. Destra e sinistra, comunisti contro fascisti. Secondo Chris non poteva che essere tutto solamente un gran teatrino, che aveva come unico scopo quello di attirare l'attenzione del pubblico ingenuo e incapace di ragionare con la propria testa. La politica non era che lo schermo che divide il popolo anziché unirlo, che lo contrappone nei momenti in cui servirebbe l'aiuto di tutti. Non ha remore nel definire la politica il più grande ostacolo dell'uomo, dopo i soldi, nella lotta contro la natura. Questa era l'unica guerra che Chris contemplava per degli abitanti di una roccetta sferoide sperduta nell'oceano mastodontico dell'universo. La più grande manifestazione della stupidità dell'uomo che il tanto illustre Einstein citò, secondo ciò che ci è tramandato, era per il professore nient'altro che la fervida ostinazione al rifiuto della pace. La tendenza assolutamente ridicola ed irrazionale a venire alle armi o accendere conflitti per ogni minima incomprensione dimenticando in modo radicale le sfide ben più aspre che la natura porge all'uomo di tanto in tanto. 'C'è troppo poco spazio su questa piccola zatterella per far la guerra tra di noi.'

Chris era rimasto solo nella classe. Lo spazio rettangolare delimitato dalle quattro mura gialle godeva di una luce abbagliante, che si rifletteva sul vetro dei pannelli delle finestre e bagnava il volto del professore. Teneva gli occhi socchiusi tanto era intenso il sole che filtrava. Si abbandonò sulla sedia marrone con i braccioli in legno sotto di lui e poggiò i gomiti sulla cattedra mentre si sistemava il colletto della camicia azzurra. Aveva una cosiddetta 'ora di buco'. Avrebbe ripreso le lezioni con la classe successiva alle 10, quindi aveva tempo per placare le turbolenze degli inconvenienti della mattinata. Si poggiò sullo schienale e chiuse per un attimo gli occhi godendo di quel temporaneo pseudo-silenzio. Malgrado la luminosità esagerata, quel sole non sembrava essere stucchevolmente caldo. Tutt'altro. Filtrava un bel venticello rigenerante, né troppo aggressivo, né troppo freddo. Tanto che fu colto da una progressiva volontà di farsi un sonnellino, ma si accorse coscienziosamente che forse non era il posto giusto. Sarebbe stato spiacevole farsi scoprire a dormire sulla cattedra dopo averla già combinata grossa col ritardo.

Fece forza con le mani sul piano della cattedra verde e si alzò in piedi energicamente. Spostò lentamente la sedia sollevandola e avendo cura di custodire quel prezioso momento di silenzio che era riuscito a ritagliarsi. Si mise le mani nelle tasche dei pantaloni beige ed iniziò a girovagare casualmente tra le file disordinate dei banchi, continuando a meditare intorno alle cose più disparate. Raggiunse con passo non troppo veloce la parete destra. Si appoggiò al davanzale della finestra e sbirciò oltre il vetro, rimanendo per un po' a contemplare la scena che aveva di fronte.

Il quadro del paesaggio dinamico presentava una dolce convivenza dell'uomo e la natura. Il profilo di un edificio molto alto svettava in primo piano. La sua robustezza prendeva il ruolo da protagonista equilibrando il lieve oscillare delle fronde degli alberi sulla destra. Qui si apriva infatti un parchetto, non troppo esteso, pieno di viottole e di verde. Una signora portava a spasso il grosso cane nero al guinzaglio, che pareva muoversi con tranquillità malgrado la stazza. Un signore sulla settantina con un cappellino a visiera blu era seduto comodamente su una panchina grigia e leggeva un quotidiano con tranquillità. Niente più di quel quadro poteva richiamare alla riflessione sulla natura del tempo, che era così cara a Chris. Tutti quei piccoli movimenti di alcuni elementi, ordinati e non, contrapposti all'immobilità degli altri, agli occhi suoi erano un'autentica forma d'arte. Senza pennelli e matite, quel quadro era disegnato dagli effetti del tempo. Lo stesso tempo era da considerare l'autore del paesaggio sullo sfondo, che Chris aveva già osservato appena sveglio. Dalla finestra di quella classe, di fatti, si apriva nuovamente una vista sulla storia di Roma. Con gli occhi semichiusi poteva osservare ancora l'orizzonte, condito da quelle linee curve e sinuose della cupola del Vaticano e del Colosseo. Ecco di cosa fu capace il genio del tempo.

"No! Signora, lei non ha il permesso di fermare mio figlio ed impedirgli di uscire!"

Dalla voce intuì che si trattasse di una donna, probabilmente la madre di qualche ragazzo che sfogava le proprie ire per chissà quali motivi nei confronti di un docente. Quel richiamo labile da qualche porta più in fondo sembrò tuttavia risuonare molto forte e spezzò quel clima di riflessione, di tranquillità e di poesia che era sopraggiunto all'improvviso.

'C'è sempre poco tempo per aprire gli occhi.'

Le lamentele accese della donna non sembravano cessare, ma senza dubbio Chris non aveva la benché minima voglia di dargli ascolto. Si diresse spazientito sbuffando verso la porta e la chiuse abbastanza velocemente, quasi facendo in modo di farsi sentire dalle infervorate litiganti. Rimase un attimo fermo tentando di scacciare quell'accenno di turbamento che le urla gli avevano garantito, e si rimise a camminare con leggerezza tra i banchi nel tentativo di riacciuffare quel piacevolissimo stato meditativo nel quale era stato catapultato poco prima.

Rinfilò le mani nelle tasche anteriori e scrutò il soffitto, anch'esso giallo ocra. Si mise a ridere da solo come un pazzo.

'È tutto giallo, cazzo!' Pensò con il sorriso stampato.

Non aveva tutti i torti. La stanza era maledettamente uniforme e monotona così come l'intera struttura, dalle pareti, passando per il pavimento, il soffitto e persino le decorazioni ed i cartelloni appesi. Mancava di sicuro il verde della natura e l'anima secolare dei monumenti. Tanto che pensò di fare le lezioni successive fissando la finestra. Chissà quale ispirazioni ne avrebbe tratto a differenza di questi muri smorti.

"AAAAA"

A forza di guardare i cieli non poteva che essere colpito dalle terre. Quell'imbranato aveva colpito con il ginocchio l'angolo dell'ultimo banco della fila verticale, provocandosi un dolore fulmineo alle articolazioni. Tanto che contorse il busto verso la gamba colpita e se la strinse tra le mani annunciando al banco la propria indignazione con un'espressione del viso del tutto contrariata e sofferente.

Per fortuna niente di grave, più scena che altro. Si riaggiustò i pantaloni tirandoseli su dalla cintola e raddrizzò la schiena senza accusare particolarmente della botta. Si girò inconsciamente a guardare il piano. E qui lo attendeva un'inaspettata sorpresa. Lo riconobbe con un leggero sforzo mnemonico: era proprio il banco del ragazzo. E su di esso vi era un piccolo foglietto di carta stracciato ed appallottolato, che lo sbadato doveva aver dimenticato ingenuamente. A Chris si illuminarono gli occhi, che parevano risplendere della luce divina del sole di quel dì. Tuttavia prima di afferrarlo voracemente ragionò più a fondo e si interrogò sul perchè fosse così contento di conoscere il contenuto di quella carta straccia, lasciata lì da un ragazzetto timido, impacciato e distratto.

L'attesa gli fu fatale. Ecco che la porta che aveva chiuso così energicamente in precedenza venne spalancata di nuovo con ancor più potenza e non potè che generare un frastuono tale che gli fece quasi rizzare i peli per lo spavento. Si girò di scatto coprendo istintivamente la pallottola di carta con il corpo.

"Ecco dov'era. La stavamo cercando per tutto l'istituto. Deve fare supplenza alla 3F, al piano di sopra"

Chris annuì con espressione seria e condiscendente.

"Si, si non si preoccupi, preparo le cose e vado subito..."

"Si sbrighi, perchè sono da soli già da 40 minuti"

Tutte le bidelle sembravano acide in quella scuola ed emotivamente monotone, in pura simbiosi con la struttura.

Non appena la donna uscì, Chris afferrò la palla di carta e la infilò di corsa nella tasca. Poi, sempre di corsa, si catapultò fuori dalle quattro mura giallo ocra della classe.

E ancora una volta non potè che piegarsi al potere dell'ordinarietà.

QUANGLE. La libertà di sparireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora