Capitolo 22

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Era il 7 gennaio. Tutti ritornavano alle vecchie abitudini, compresi i ragazzi del liceo François-Dupont, pronti a riprendere le lezioni.
Per alcuni, il ritorno a scuola era stato traumatico. Altri, invece, lo consideravano quasi un sollievo, un palliativo per uscire dal tunnel di emozioni negative provate nel post attentato.
Su tutti, Chloè stupì per il suo atteggiamento composto e sereno, ben lontano da quello cui erano abituati i suoi compagni: era molto più affabile, sorridente e solare, sebbene non rinunciasse del tutto alla cura delle apparenze.
Dopo l'intervento, il padre aveva ottenuto il permesso di tornare a casa, nel loro appartamento non lontano dall'hotel distrutto; il peggio per lei era passato.
Marinette, invece, continuava ad essere assorta nei suoi pensieri, riguardanti il giovane Agreste: quel giorno, non fu l'unica ad accorgersi dell'atteggiamento freddo e distaccato del biondo.
Si era seduto al suo banco senza dar confidenza a nessuno, se non per un saluto di cortesia rivolto a Nino.
Quest'ultimo aveva riferito ad Alya e alla corvina, che il modello non si faceva sentire da giorni, come confermato anche da tutti gli altri compagni di classe.
Per tutta la giornata scolastica, Adrien mantenne un'espressione sempre cupa e triste, tanto da far pensare agli altri che fosse malato.
Dal canto suo, Marinette cercò di comportarsi il più spontaneamente possibile, con naturalezza come se, alla Vigilia di Natale, non fosse accaduto nulla.
All'uscita da scuola, Adrien si appoggiò ad un muretto laterale, davanti all'ingresso, in attesa dell'automobile con il bodyguard che lo avrebbe riaccompagnato a casa.
Vide Marinette uscire al fianco di Alya, sorridente e solare.
Pensò che Plagg avesse ragione, che la sua iniziale decisione di allontanarla era stato un madornale errore. Qualcosa si era rotto tra loro due. Più precisamente, lui l'aveva rotto.
All'improvviso, Marinette agitò una mano, in segno di saluto, nella sua direzione.
Per un brevissimo istante, Adrien pensò che stesse salutando lui, ma una voce maschile, giovane e squillante, proprio alle sue spalle, gridò: «Ciao, Marinette!»
Adrien si voltò di scatto e vide un ragazzo sorridente, aitante e sicuro di sé che agitava anche lui una mano in aria: aveva un look simile ad una rockstar, vestito interamente in pelle, con capelli tinti di un acceso azzurro.
Il ragazzo lo superò, andando incontro a Marinette ed Alya, alle quali si unirono anche Nino e Juleka.
Adrien era scosso da un turbinio di emozioni: stupore, curiosità, rimpianto, tristezza ma, soprattutto, gelosia nel vedere Marinette discorrere così amichevolmente con quel ragazzo.
Il clacson della sua automobile attirò la sua attenzione.
Mestamente e senza distogliere lo sguardo dall'allegro gruppetto, montò sulla berlina, che partì immediatamente.
"Plagg aveva ragione." pensò. "Sono un grande idiota."

Adrien fu l'argomento di discussione di quel pomeriggio tra Marinette ed Alya.
La giovane Dupain-Cheng macinò kilometri camminando in tondo nella sua stanza, mentre l'amica, esausta dall'infinito sproloquio, era stesa sul divanetto con un'espressione sconfortata.
«Quindi, che hai intenzione di fare con lui?» chiese infine la castana.
Marinette allargò le braccia con il volto corrucciato dalla rabbia. «Da oggi è un compagno di classe e basta! È quello che vuole lui ed è quello che voglio anch'io.»
«E Luka?»
Quella domanda, posta a bruciapelo, spiazzò Marinette che si fermò a riflettere: aveva incontrato Luka quella sera sul Liberty ed anche il giorno prima, per l'Epifania, lo aveva incrociato al Trocadero, insieme alla sorella. Non negava che il look da hard rock, essendo lui fan sfegatato di Jagged Stone, aveva un certo fascino, anche se era ben lontano dalla perfezione del volto di Adrien.
«Luka è molto gentile e cordiale.» rispose. «È stato molto carino con me le volte che ci siamo visti, anche oggi a scuola. Ma...»
«Non è Adrien.» concluse Alya.
«Credo di aver varcato da tempo i confini della semplice cotta adolescenziale con lui, Alya. Questo, però, non significa che lui possa trattarmi in quel modo. Perciò ho intenzione di agire di conseguenza. Andrò avanti per la mia strada con dignità e fingerò indifferenza.»

La lezione di scherma di quel pomeriggio capitò nel momento più sbagliato per Adrien.
Assorto nei suoi pensieri ed inglobato da una rabbia nei suoi stessi confronti, si limitava ad eseguire in modo meccanico le mosse spiegate da monsieur D'Argencourt.
Durante la consueta pausa, il maestro di spada si schiarì la voce per attirare l'attenzione dei suoi allievi. «Vi presento la nostra nuova collega: il Dragone dell'Est!»
Versi di stupore si innalzarono dal gruppo di schermidori, mentre una minuta ragazza, con il volto coperto dalla maschera da schermidore e con la divisa colorata di rosso fuoco, avanzò dalle spalle del maestro.
Ad uno ad uno, gli allievi si presentarono alla giovane, conosciuta per le sue straordinarie doti nella scherma, tanto da divenire una semi-leggenda nel suo paese d'origine, il Giappone.
Solo Adrien non era per nulla impressionato dalla new entry, standosene seduto in disparte su una panchina ai lati della palestra.
«Non c'è niente di meglio che una bella sfida per presentarsi.» esordì D'Argencourt. «Mademoiselle le propongo un incontro con il miglior allievo del corso, Adrien Agreste.»
Adrien sbuffò. Non era in vena per sostenere un incontro, tuttavia obbedì senza fiatare.
Infilò la maschera di protezione e mise la spada in posizione. Dragone lo imitò.
D'Argencourt diede il via all'incontro.
Adrien provò a chiudere subito la contesa, cercando più volte l'affondo, ma veniva puntualmente bloccato da Dragone, che si teneva sulla difensiva.
Annebbiato dalla sua crescente rabbia, Adrien azzardò una stoccata laterale, in modo da crearsi un'apertura per l'affondo decisivo, ma Dragone fu lesta a schivare di lato e, con una rotazione della spada, colpì in pieno petto Agreste, sancendo la fine dell'incontro.
«Eccellente, mademoiselle!» esclamò il maestro.
Mentre il gruppetto di allievi applaudiva per quell'esibizione, Dragone si sfilò la maschera protettiva: la ragazza aveva all'incirca 19 anni, capelli corti a caschetto color liquirizia, viso tondo ed occhi dal taglio orientale castani.
Si avvicinò ad Adrien, rimasto pietrificato per la sconfitta inattesa, ed allungò una mano sportivamente, mantenendo un'espressine seria. «Il mio nome è Katami Tsurugi. Lieta di aver combattuto con uno spadaccino tanto abile.»
Adrien si liberò della maschera e la gettò a terra insieme alla spada. Ignorò del tutto la ragazza e si avviò verso gli spogliatoi.
«Agreste!» strillò D'Argencourt. «Stringi la mano in segno di sportività! Agreste!»
Nessuna risposta.
Adrien, senza nemmeno cambiarsi, raccolse dall'armadietto il suo borsone e lasciò la palestra, avviandosi verso casa, nella speranza che la rabbia che scorreva nelle vene si sarebbe attenuata.
Con ancora indosso la divisa da scherma, rientrò alla villa, ignaro di ciò che avrebbe dovuto affrontare di lì a poco.
Gabriel apparve sulla cima delle scale. Il suo volto era distorto da una smorfia di profondo disappunto. «Adrien! Ti avevo avvertito che non avrei gradito altri sgarri da parte tua. Ho appena parlato con monsieur D'Argencourt.» mostrò il telefono nella mano. «Ti ha espulso dal corso di scherma.»
L'espressione indifferente di Adrien fece infuriare ancora di più Gabriel. «Non scomodarti ad andare a scuola domani. La settimana prossima torni a New York.»
Adrien lasciò cadere le braccia lungo i fianchi; sul suo volto si disegnò lo sconforto.
Tutto era finito in quel momento.

Angelina sedeva nel suo nuovo ufficio, allestito da Plagg per lei.
Alle spalle della scrivania, la finestra affacciava sul grande viale lungo la Senna. Ai lati della stanza vi erano due grandi librerie, ricolme di volumi di vario genere, prevalentemente di ambito medico. Solo un breve corridoio la separava dall'ufficio di Plagg, dal quale si poteva accedere al rifugio segreto di Chat Noir.
Il personale di Plagg cambiava di frequente, viste le sue necessità di segretezza nei progetti, quindi nessuno si era fatto domande su quel volto nuovo.
In quel silenzioso studio, si ritrovò a pensare agli ultimi mesi.
Da poco laureata in medicina, era alla ricerca di un corso da tirocinante che la inserisse nel mondo del lavoro; il suo sogno era poter salvare vite umane.
Tutto si interruppe quando, sulla sua strada, incrociò Wang Fu, un uomo che le rivelò la natura misteriosa della morte del fratello, dalla quale lei non era mai riuscita a riprendersi.
Aveva solo 13 anni quando le fu strappata la persona alla quale era più legata e nessuno era stato in grado di rivelarle il perché. Non aveva nemmeno potuto salutarlo per l'ultima volta, non essendo stato trovato il cadavere, e i genitori avevano seppellito una bara vuota.
Ora sapeva, ma aveva ponderato di tenere per sé quella verità. Suo padre e sua madre lo avrebbero saputo quando quella storia si sarebbe conclusa.
Sulla scrivania aveva una foto di lei con il fratello e, accanto, un'altra scattata pochi giorni prima a Capodanno accanto a Plagg.
Faticava ancora tanto a riconoscerlo come suo fratello, ma, nel tempo passato accanto a lui, stava iniziando a tracciarne i tratti distintivi della sua personalità, trovando tantissimi punti in comune con Nicolas: entrambi avevano un'immensa bontà d'animo ed altruismo, anche se Plagg spesso la mascherava con irriverenti battute.
Il coraggio e la risolutezza, invece, erano propri dell'uomo, forgiati durante l'addestramento condotto al fianco di Adrien, di cui le aveva fornito ogni dettaglio, sottolineando quanto per lui fosse importante che il ragazzo non divenisse un assassino ma un uomo giusto.
Di Plagg ne apprezzava lo spirito battagliero e solare; si era divertita quando gli aveva spiegato l'origine del nome "Chat Noir", affermando che, inconsciamente, era stata la kwami della coccinella a suggerirlo alla sua portatrice, essendo il nome legato all'anello del gatto nero.
Ciò che davvero non riusciva a spiegarsi era la sua capacità di ingurgitare tonnellate di cibo.
Ma, probabilmente, il kwami del gatto nero doveva essere un vero ingordo.

Adrien si catapultò nell'ufficio di Plagg talmente velocemente da non dare il tempo alla centralinista all'ingresso di annunciare il suo arrivo.
Aveva bisogno di parlare, di sfogarsi. E l'unico che avrebbe potuto ascoltarlo era Plagg, nella speranza che sarebbe riuscito a perdonargli l'ennesima idiozia commessa. Iniziavano ad essere troppe.
Entrò nello studio senza nemmeno bussare, ma le parole gli morirono in gola quando vide Plagg tenere una mano verso di lui con l'indice alzato verso l'alto. Il gesto era chiaro: "Attendi lì."
L'uomo era al telefono e ad Adrien servì poco tempo per capire con chi. «Tranquillo, gli parlo io... Sì, lo farò. Ma dammi almeno la possibilità di sistemare le cose. Almeno questo glielo devi.»
Chiuse la chiamata ed alzò lo sguardo verso il ragazzo, immobile, in piedi, di fronte a lui.
«Sai tutto, vero?» chiese Adrien.
Plagg continuava a fissarlo senza muovere un muscolo. Il volto era freddo, serio ed impassibile.
Non rispose.
Adrien incalzò: «Avevi ragione tu, Plagg. Avevi ragione su tutto. Ho perso quello che poteva nascere con Marinette. Ho perso la mia abilità nel combattimento. Ed ora sto per perdere anche la possibilità di fare giustizia per mia madre.» la sua voce si incrinò.
Plagg si alzò in piedi e circumnavigò la scrivania, ritrovandosi faccia a faccia col ragazzo.
Lo fissò per qualche istante, poi alzò una mano e gli sferrò uno schiaffo in pieno volto.
Se in un primo momento Adrien fu sorpreso, dopo ritenne che era pienamente meritato.
«Fa conto che te l'abbia dato Emilie.» sibilò Plagg. Raramente lo si vedeva così infuriato. «Non stai onorando la sua memoria. Non stai mantenendo fede alla promessa che hai fatto in suo nome. Non sei nemmeno andato a trovarla.»
Adrien abbassò il capo. «Hai ragione.»
Plagg si accigliò. Ritrasse il busto all'indietro e tentò di colpire il volto del ragazzo con un pugno.
Stavolta Adrien schivò il colpo, chinando la testa di lato; afferrò il braccio di Plagg e, con una rotazione del corpo, glielo bloccò dietro la schiena, premendogli il tronco sulla scrivania.
«Cosa volevi dimostrare?» Adrien allentò la stretta fino a scioglierla del tutto.
Plagg si ricompose con tranquillità. «Volevo farti vedere quanto sono bravo a scegliere scrivanie resistenti. E, soprattutto, dimostrarti che non hai perso la tua abilità nel combattere; l'hai solo chiusa in un angolo della tua testa, perché sei un grandissimo presuntuoso e spocchioso.» ottenne la piena attenzione di Adrien. «Non sai accettare le sconfitte. Eri abituato ad affrontare sempre gente più debole di te. Ora, invece, prima Ladybug, poi Papillon, ti hanno messo al tappeto. E tu cosa hai fatto? Invece di rialzarti ed affrontare le difficoltà di petto, hai preferito fuggire e, nella fuga, ti sei perso un raggio di felicità. Sai a chi mi riferisco...»
Adrien si lasciò cadere sulla sedia, in assoluto silenzio. Quella verità faceva male, ma era per il suo bene che l'amico gliela stava riversando addosso.
Plagg, con fare paterno, quello che sarebbe dovuto toccare a Gabriel, gli appoggiò una mano sulla spalla. «Sono più di due settimane che non vuoi nemmeno entrare lì.» indicò con la testa la parete scorrevole che conduceva al loro covo segreto. «Come pensi di trovare e punire l'assassino di tua madre standotene seduto a non far nulla? A piagnucolare come un bambino al quale hanno rotto il giocattolo?» si interruppe e premette un tasto sulla tastiera del computer. Inserì un codice e sorrise nel vedere ciò che apparve sullo schermo. «Il giocattolo rotto si può sempre riparare.» girò il monitor mostrandolo ad Adrien. L'immagine raffigurava il progetto, nei minimi dettagli, di un nuovo arco composito, molto più resistente e maneggevole rispetto al precedente.
Adrien chiuse gli occhi e respirò.
Quando li riaprì, aveva di nuovo la determinazione e la risolutezza di quando arrivò a Parigi. Balzò in piedi ed a Plagg non servirono parole per capire le sue intenzioni; inserì un nuovo codice nel computer e la parete scorrevole si aprì.
Entrambi si avvicinarono alla teca dov'era esposto il nuovo costume di Chat Noir.
«Lo stavo progettando da tempo» disse Plagg. «La disavventura subita dall'altro ne ha accelerato la realizzazione.»
Il cappuccio aveva sempre la punta a becco d'aquila ma all'interno aveva un ulteriore rivestimento per proteggere la testa.
Sul busto vi erano delle placche in rilievo, seguendo la forma dei muscoli, e, sul petto, vi era disegnata una zampa felina di un grigio scuro, ma abbastanza chiaro da risaltare sul nero.
Sui polsi vi erano due fionde: una per i dardi e l'altra per il rampino cosicché Adrien non dipendesse più dall'arco per spostarsi. L'intero costume era realizzato in fibra di titanio per offrire una discreta protezione da lame e proiettili, senza ostacolare la mobilità.
Plagg estrasse da un cassetto una valigetta e la aprì, agitando nell'aria il contenuto: il nuovo visore. Lo porse ad Adrien e gli appoggiò una mano sulla spalla. «Scusa per lo schiaffo.»
Adrien scosse la testa. «È servito allo scopo. E poi, me lo meritavo.» strinse il visore nella mano. «Voglio sapere tutto, Plagg.»
L'uomo annuì con convinzione.
«Ma prima, dimmi: chi è il mio prossimo obiettivo?»
Plagg ridacchiò. «Armand D'Argencourt.»


Angolo Autore:
Salve bella gente!
Come promesso ecco il secondo capitolo di questa settimana. Dalla prossima tornerò alla pubblicazione solita, di venerdì.
Nel frattempo, dopo la comparsa di Luka, non poteva mancare quella di Katami (perdonatemi se uso il nome del doppiaggio italiano, ma quello originale mi fa alquanto ribrezzo). Nel duello che l'ha vista uscire vincitrice, Adrien ha fatto l'ennesima idiozia e solo Plagg poteva farlo tornare sulla strada giusta. Ora vedremo se la strigliata è servita al nostro "idiota".
Prima di salutarvi, vi ringrazio infinitamente per i vostri commenti a questa storia e alla one-shot pubblicata a Halloween. Lieto che vi sia piaciuta.
Alla prossima.
Nike90Wyatt

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