"Ciao! Tranquilli – dico, incurante e salutandoli entrambi – siete con Mariano? O è tornata Alicia?", chiedo, girandomi a lasciare la borsa sul tavolo del salotto.

Ed è li che lo vedo.

Poggiato allo stipite della porta che dà sul corridoio.

Le braccia conserte sul petto.

"Paulo", lo chiamo, quasi a bassa voce e incapace di dire altro, mentre lo osservo dalla testa ai piedi.

Indossa un jeans scuro, delle scarpette chiare ai piedi, la felpa della Saint Laurent bianca.

Ha i capelli un po' spettinati, il viso tirato dal lungo viaggio di ritorno probabilmente conclusosi da non più di un'ora o due, per essere di fronte a me in questo momento e ancora vestito.

Ha tagliato i capelli, ancora una volta.

E' bello, anche oggi.

"Amore mio", mi dice lui, sorridendo dolce, mentre getto la borsa sul divano e gli vado incontro veloce.

Il suo forte profumo di pulito, mischiato al semplice suo odore spazzano via tutta la rabbia e l'angoscia di quei giorni senza di lui, e mi spingono a stringerlo forte a tal punto che lui si lamenta per qualche secondo, per poi scoppiare a ridere e alzarmi dal pavimento per fare un giro.

Allontano il viso dal suo collo caldo solo per guardarlo in faccia, e poi mi attacco alle sue labbra, lasciandogli baci a stampo sparsi su di esse e sul viso.

"L'ultima partita da giocare è saltata e ci hanno mandati tutti a casa prima", mi informa, chiudendo gli occhi sempre con lo stesso sorriso, mentre nella stanza risuona solo il rumore delle mie labbra su di lui, sotto le risate dei nostri amici.

"Che bello. Non mi dispiace per niente", gli dico, facendolo ridere ancora, mentre mi stringe più forte e mi alza ancora dal pavimento.

Mi mette giù pochi secondi dopo, e porta le mani sul mio viso.

Sta per dire qualcosa, poi si ricorda dei suoi amici dall'altra parte della stanza e si gira a guardarli.

Corruga la fronte, come se fosse improvvisamente infastidito, poi sbuffa, prendendomi di nuovo tra le braccia e trascinandomi in cucina, mentre le mie risate accompagnano quelle dell'altra coppia che avevamo abbandonato in salotto.

"Sei un gran maleducato" gli dico, mentre le sue labbra si posano sulle mie nel più dolce e lento dei baci.

Rispondo al contatto allo stesso modo, schiudendo le mie labbra quasi all'istante per permettergli di baciarmi come più voleva, e come più volevo anch'io.

"Mi sei mancata. Questa volta di più", dice a bassa voce, prendendo ad accarezzarmi il viso e spostandomi i capelli lontano dalle guance e dagli occhi.

"Anche tu. Mi dispiace, io..." faccio per dire qualcosa, ma mi interrompe scuotendo la testa.

"Dobbiamo parlare, ma lo faremo dopo. Io ti amo, e questa cosa non cambierà mai. Voglio cenare con te, sapere come sono state le prime lezioni, come ti trovi, come stai, cosa hai fatto senza di me in questi giorni. E poi voglio fare l'amore con te. Abbiamo tutto il tempo. Lo abbiamo sempre", conclude, non aspettando nemmeno una risposta e riprendendo a baciarmi lentamente.

Lo abbraccio, forte.

***


"Perché hai detto a tua madre di non mandarti altre provviste? Che problemi hai?", chiede Nahuel, riempiendosi la bocca con l'ultimo pezzo di pasta al pesto preparato da mia mamma e chiudendo gli occhi, totalmente in estasi.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora