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Arrivai all'aeroporto di Boston alle quattro del pomeriggio secondo l'ora americana. In Irlanda sarebbero state le nove di sera. 

Sull'aereo ero riuscita a prendere sonno per circa due ore, mentre durante le tre ore restanti avevo passato il tempo a leggere e ad ammirare l'eleganza dello stile di Oscar Wilde. Studiando letteratura inglese all'università, avevo scoperto che dietro a ogni autore che avevo già letto c'era un mondo di curiosità che meritavano di essere scoperte.

Era magico. Semplicemente magico.

Dopo aver terminato la lettura di De profundis, ero rimasta per circa mezz'ora a pensare a questa lunga e straziante lettera carica di pathos, che l'autore aveva scritto in carcere, dedicandola ad Alfred Douglas, il suo giovane amante. Non era affatto romantica, né sdolcinata. Era schietta, ma pur sempre raffinata. Ecco ciò che più mi piaceva di Oscar Wilde.

Poi mi ero persa a immaginare quanto fosse cambiato Ed dall'ultima volta che lo avevo visto, pochi mesi prima: mi era venuto a trovare in Irlanda e lo avevo ritrovato diverso da come lo ricordavo. Lo avevo visto rinato. Avevo pensato che fosse merito di Rose e del loro amore che si era rafforzato e delle opportunità che presto avrebbero cambiato definitivamente la sua vita.

Chissà come lo avrei ritrovato quella volta. 

L'aeroporto di Boston era fatto di confusione e di caos. Fui felice quando presi la valigia e mi diressi verso l'uscita dove avrei dovuto trovare Ed con la sua macchina, che mi avrebbe portato a Newton. Quella città, vista sugli opuscoli e in foto, sembrava una di quelle classiche cittadine americane con quartieri tutti simili fra loro. Ero curiosa di vederla.

Dopo aver percorso l'infinito corridoio dell'aeroporto, a un certo punto scorsi una capigliatura rossiccia e spettinata e subito un sorriso raggiante increspò le mie labbra e mi precipitai a corrergli incontro.

-Ed!- gridai con il fiatone, cercando di sorpassare le altre persone. 

Anche lui, non appena si accorse di me, si affrettò a raggiungermi.

-Paige!-

Ci scontrammo in un abbraccio tanto atteso quanto desiderato, ché percepire il suo odore dopo mesi fu come vivere un dolce ricordo. Ci staccammo e riprendemmo fiato per la corsa e poi, con i volti sorridenti, ci avviammo insieme verso l'uscita. Fra dispetti reciproci che comprendevano deboli schiaffi o insulti giocosi, entrammo nella sua macchina dopo aver sistemato la valigia nel portabagagli.

Durante la mezz'ora in macchina, Ed mi raccontò tutte le novità che erano accadute in quegli ultimi tempi. Fu un piacere immenso ascoltarlo e vederlo sorridere. Poi mi chiese di me, di come stessero andando le cose in Irlanda, se fosse successo qualcosa di nuovo anche nella mia, di vita. Eccetto l'università e i soldi che avevo ricavato vendendo i miei dipinti, nulla di così eclatante meritava di essere raccontato.

Così gli parlai di Niall, degli studi in medicina che stava portando avanti rendendo fiero suo padre e del tirocinio che fra qualche anno lo avrebbe portato nel mondo del lavoro.

Nonostante fossi sinceramente orgogliosa di lui e dei suoi successi, detestavo quando s'intrometteva cercando di darmi del denaro nei momenti in cui ne ero alla sprovvista. Spesso neanche voleva che pagassi la mia parte d'affitto dell'appartamento in Irlanda.

Odiavo essere compatita. E sapevo che le sue intenzioni non prevedevano la compassione, ma comunque a volte riuscivo a leggerla nel suo sguardo.

Di solito me la cavavo facendo qualche lavoro quando ne avevo l'opportunità, ma effettivamente con l'università certe volte si rivelava un problema. E che sia chiaro, apprezzavo la sua preoccupazione nel volermi aiutare, ma volevo poter continuare ad essere indipendente con le mie stesse risorse.

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