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I Giorni - Ludovico Einaudi

***

-Ora capisco come ti sentivi la settimana scorsa.-

Le mani tremavano e sudavano, mentre tenevo il microfono e lo collegavo alle casse che avevamo sistemato quel pomeriggio. Il momento era arrivato e aveva portato con sé anche una fastidiosa agitazione.

In più, il vestito nuovo che avevo acquistato con Rose mi stava soffocando.

-Ah bene, quindi ti sei pentita di avermi preso in giro prima dell'ultimo concerto!- esclamò Ed.

-Pentita?- chiesi alzando le sopracciglia. -No, non direi.-

Mi diede una spinta leggera, ma abbastanza forte da farmi perdere l'equilibrio e andare addosso a qualcuno alle mie spalle.

-Paige! Non starai mica svenendo per l'agitazione, giusto?-

Era Jean. Fantastico.

Mi prese prima che cadessi a terra ed io mi rialzai, imbarazzata. Lanciai uno sguardo a Ed, che nel frattempo ciondolava sul posto, cercando di smaltire la tensione.

Era passato molto tempo dall'ultima volta in cui mi ero sentita così nervosa. La mia mente era talmente annebbiata che facevo fatica a ricordare cosa avessi mangiato per cena.

La scorsa serata era stato tutto diverso: non pensavo che Ed mi avrebbe chiamata sul palco, né che avrei ripreso in mano la chitarra e che avrei cantato quella canzone che era così personale e intima. Era stato improvviso, inaspettato, e tutto era venuto in modo spontaneo.

In fondo, essere agitati non porta mai a nulla di buono, giusto?

Giusto, giusto...

-Allora, ragazzi. Lì sopra è tutto sistemato e il locale è già pieno, quindi direi di cominciare fra... dieci minuti?- ci chiese Jean in attesa della nostra approvazione.

Entrambi ci guardammo prima di annuire.

-Bene, allora vado ad avvertire gli altri,- proseguì e poi se ne andò.

Dieci minuti e avrei cantato ancora insieme a Ed, davanti a tutta quella gente.

A dir la verità, le persone non erano il problema che più mi rendeva ansiosa. La vera preoccupazione era il fatto che io dovessi cantare di nuovo, il fatto che dovessi rievocare ricordi legati alla musica, emozioni che tenevo esclusivamente per me stessa.

Il fatto che attraverso la musica io esprimessi chi ero realmente.

Fra il pubblico c'erano soltanto estranei. Sebbene avessi chiesto a Gemma di provare a convincere Harry ad assistere, dubitavo che ci sarebbe riuscita. Principalmente, dubitavo che Harry si sarebbe mostrato dopo quello che era successo pochi giorni prima con Niall.

Eppure, nemmeno Niall si era presentato. Avevo sperato così tanto, gli avevo persino scritto un messaggio in cui, oltre a ringraziarlo per avermi portato la chitarra, lo avevo invitato a farsi vedere al concerto, perché mostrare se stessi soltanto a un gruppo di estranei non sarebbe stato pienamente appagante.

Facevo musica per me stessa e per le persone a cui tenevo di più, perché sapevo che almeno loro mi avrebbero capita.

Chiaramente, suonare per emozionare anche gente sconosciuta era soddisfacente, ma quelle emozioni sarebbero state frutto dell'immaginazione del pubblico, sarebbero state legate unicamente alle loro storie e la mia musica sarebbe stata soltanto un tramite per sprigionarle.

Mentre con Niall e con Harry sarebbe stato diverso, perché quei legami avrebbero visto intrecciate le nostre storie.

Storie che avevamo condiviso.

BraveWhere stories live. Discover now