<<Sono a letto, qui sono le undici – mi informa, mentre raggiunge Claudio nella cucina e lo trova impegnato a fare la stessa cosa, ossia una video chiamata – Non ci crederai, ma Claudio sta parlando con Paulo>>, dice poi a bassa voce, avvicinando la telecamera alla bocca, come per farmi sentire meglio, senza pensare che le casse sono nella parte bassa del cellulare.

<<Davvero? Dov'è? Che dice? Riesci a sentire qualcosa?>>, parto a raffica con le domande.

<<Era in auto, o almeno l'ho immaginato, visti i sedili in pelle chiara e la poca luce intorno. Poi Claudio mi ha letteralmente cacciata via con un gesto della mano>>.

<<Ci mancate, non lo vedete?>>, le chiedo in un sussurro, sapendo e percependo la mancanza di Claudio per Paulo quasi paragonabile a quella mia per Roby.

<<Anche voi, tanto. E vedete di fare pace, che dovete venirci a trovare, presto - annuisco, chiudendo gli occhi.

<<Fatti cazzuta, cantagliene quattro, digli quello che pensi, ma fatti perdonare. Poi il sesso riparatore è quello più bello>>, le sue ultime parole, prima di salutarmi con un bacio e sparire dallo schermo del cellulare, lasciandomi sola con i miei pensieri e quel libro di fronte a me, pieno di parole di cui non ne ricordavo nemmeno mezza.

***

Quando raggiungo la cucina per cercare di mangiare qualcosa, trovo Paulo seduto su uno degli sgabelli alti della penisola, in una mano il telefono sulla solita home di Instagram, nell'altra la cannuccia che rigira il suo amato mate.

Alza la testa quando mi sente varcare la soglia, posando lo sguardo attento su di me.

Sembra, per qualche secondo, rilassare le spalle, come se non aspettasse di vedere altro, il cellulare e il mate da rigirare ormai solo qualcosa di incurante, e per nulla importante.

"Ciao", dice poi, raddrizzando la schiena e riprendendo la cannuccia tra le mani.

"Ciao", ripeto, ricambiando il suo sguardo per poi dirigermi verso la zona della cucina.

Lo sento seguirmi con gli occhi, fino a quando non chiudo l'anta del frigo e butto giù mezza bottiglietta d'acqua fresca.

Vederlo, con quella maglia bianca a mettere in risalto la sua carnagione, quei capelli schiariti dal sole preso durante gli allenamenti, mi aveva seccato la gola.

Non lo toccavo da giorni.

E la stanza era invasa dal suo inconfondibile profumo che aveva come riserva negli spogliatoi del centro d'allenamento.

Glielo avevo comprato io, proprio qualche settimana prima.

"Hai cenato?", mi chiede con tono indagatore, girando sul suo sgabello e rivolgendomi tutta la sua attenzione.

"No, tu?"

"Sono – balbetta – Sono rimasto a cena da Douglas. Sua moglie è partita questa mattina per il Brasile e non voleva mangiare da solo", mi spiega, grattandosi la nuca.

Non mi aveva avvisata.

Ma dovevo aspettarmelo, dato che non ci dicevamo nemmeno più buongiorno o buonanotte.

"Oh, okay", distolgo lo sguardo dal suo, dirigendomi verso il reparto della frutta.

Sua madre era andata via da qualche giorno in Argentina e prima di partire aveva deciso di aprire un negozio di frutta in casa.

"Mangi?", continua poi, alzandosi e avvicinandosi alla cucina, cercando di farmi tornare a guardarlo.

"Non ho molta fame. Credo che mangerò una mela", lo informo, allungandomi verso il ripiano e facendo alzare la mia felpa aperta, scoprendo il ventre.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora