•15•

620 31 0
                                    

Uno fischio fastidioso gli riempiva la testa. Davanti ai suoi occhi solo un buio infinito che sembrava non avere fine.
"Sono morto?" fu il primo pensiero del ragazzo. Non ricordava bene come fosse accaduto. Ripensò alla strana sensazione alla pancia, alle fitte che sentiva mentre si dirigeva a prendere l'autobus, alla sensazione dell'asfalto contro il suo corpo e ai volti di Alessio e Linda prima del buio in cui ancora si trovava.
Il ragazzo si sentì assalire da una terribile sensazione di impotenza. Avrebbe voluto poter parlare con Alessio e chiarire tutto, avrebbe voluto separarsi da lui da amico, e avrebbe voluto abbracciare Linda, Azzurra e Giulia, che l'avevano sostenuto tanto in quel periodo, più di quanto si meritasse, e tutti gli altri suoi compagni che, a modo loro, c'erano sempre. Di colpo gli tornò in mente anche il prof. Strano come fosse uscito in fretta dalla sua testa. Ricordò le sue parole, il suo strano comportamento, la donna bionda, la partenza imminente di cui neanche aveva voluto avvertirlo... eppure prima di morire avrebbe voluto anche dare un ultimo bacio al prof... Una tristezza immensa lo assalì. Era possibile provare emozioni così forti anche da morto?
Michele però sentiva ancora dei rumori, come attutiti da dei tappi di cera: carrelli spinti per corridoi vuoti, pianti e risa mischiati in una combinazione inquietante, e delle voci vicine, di cui riusciva a cogliere solo qualche parola.
《... appendice infiammata...ora...bene...》. Era una voce femminile, gentile e tranquillizzante. Michele provò a muoversi ma si sentiva il corpo pesante e nel braccio destro sentiva qualcosa.
《Si sveglierà?》. Anche quella era una voce femminile, ma più giovane dell'altra, più acuta e più preoccupata. A quella voce il suo subconscio abbinò dei capelli rosso fuoco. "Linda!"
《L'anestesia...passerà presto》. Di nuovo l'altra voce. Michele a quel punto di rese conto che il buio intorno a sè era causato dai suoi occhi chiusi, perciò provò ad aprirli con calma...

Le sue pupille furono ferite all'istante dal bianco accecante della stanza d'ospedale appena le sue palpebre furono a malapena aperte. Il soffitto era punteggiato da plafoniere pallide e neon abbaglianti mentre lo scorcio delle pareti che riusciva a vedere erano un bianco che sfumava nel verdino chiaro.
Piegò la testa verso le voci e vide un'infermiera accanto alla porta, che teneva una mano gentilmente appoggiata sulla spalla di Linda, che la osservava preoccupata.
《Starà bene, devi stare tranquilla》. Poi lo sguardo le cadde su Michele, che la stava osservando di rimando, e sorrise. 《Penso si stia già riprendendo》.
Linda si voltò di colpo verso Michele, gli occhi leggermente umidi, e corse verso il suo letto. Si fermò accanto ad esso, prendendo la mano del ragazzo, in cui era conficcata una flebo, tra le sue mani.
《Sei un coglione! Mi hai fatto spaventare a morte!》sbottò. I suoi occhi si erano riempiti di lacrime ora e la rossa stava stringendo i denti per non piangere di nuovo. Michele sorrise e aprì le braccia, dove Linda si gettò senza farselo ripetere due volte. 《Non farlo mai più o ti uccido io con le mie stesse mani!》.
《Ci proverò》mormorò il ragazzo, carezzandole gentilmente i capelli. 《Tu invece fammi sapere se Alessio fa lo stronzo con te, d'accordo?》. Linda si allontanò per fissarlo negli occhi con una certa disapprovazione nello sguardo.
《Mich...》.
《So che tiene a te》la interruppe lui. 《È da mesi che non fa altro che parlare di te, credimi, ma so che a volte non può fare a meno di fare lo stronzo》. Linda rise. 《E se accadesse, dovrei proprio dirgliene quattro》. La rossa annuì e si asciugò le guance, mormorando un grazie a così bassa voce che Michele non lo sentì.
《Ti sei svegliato alla fine》.
Alessio era sulla porta, in mano due bicchierini che emanavano un forte odore di caffè.  Il suo tono era ancora freddo nei confronti di Michele.
Si avvicinò al letto e porse uno dei contenitori a Linda. Poi fissò il ragazzo. Il suo sguardo era gelido. Michele deglutì. Non sapeva nemmeno come iniziare... per fortuna non c'è ne fu bisogno.
《È bastata la mia forza d'animo a mandarti KO, eh? Dovresti farti qualche muscolo in più》.
Michele rise e questo gli provocò una fitta all'addome, dove la ferita aveva appena cominciato a rimarginarsi.
《La tua forza d'animo mi lascerà una brutta cicatrice》mormorò Michele, ancora debole. Alessio sorrise ed allungò una mano fino a stringergli la spalla. Fu una stretta veloce e forte, che gli fece capire che, almeno tra di loro, tutto sarebbe andato bene. In quel momento, era l'unica cosa che contava.
《Noi adesso dobbiamo andare...》mormorò Linda. 《Tua mamma mi ha detto che arriverà in serata, mentre Azzurra e Giulia probabilmente stanno arrivando》.
《Hai avvertito tutto il globo del mio ricovero?》. Linda sorrise e gli lasciò un bacio sulla guancia.
《Ora riposa e non pensarci! Ci vediamo domani》.
《Ci vediamo》disse Alessio, avvolgendo una mano intorno alla vita di Linda e poi trascinandola dolcemente fuori. Michele sorrise e chiuse gli occhi. Era da tanto che non vedeva quella felicità sul viso di Linda... sperò davvero che non si spegnesse troppo in fretta.
Poi sentì dei passi nel corridoio che si fermarono davanti alla porta della sua stanza.
Mentre apriva gli occhi poteva già quasi vedere le iridi azzurre e le punte di capelli blu che sarebbero spuntate preoccupate sulla soglia e sentire le loro voci precipitose che l'avrebbero sommerso di domande, come sempre. Invece le sue pupille visualizzarono qualcun'altro.
Un uomo, che lo osservava sollevato e preoccupato al contempo, che però non aveva nessun motivo di essere in quel luogo, non dopo quello che aveva detto...
《Che ci fa qui?》. Il prof entrò a passi lenti nella stanza. Michele abbassò lo sguardo sul lenzuolo bianco che lo copriva. Il desiderio che aveva avuto di baciarlo un'ultima volta era scoppiato come un bolla di sapone. Rivederlo ora lo riempiva solo di imbarazzo.
《Linda mi ha avvertito di quello che è successo》. Michele ritenne opportuno che quando fosse uscito avrebbe dovuto fare una lunga chiacchierata con la rossa a proposito di privacy e condivisione di dati personali... 《Stai bene ora?》.
《Ho solo un leggero dolore all'addome, nulla di serio comunque》. Il prof annuí con un sospiro.
《Mi dispiace》.
Michele non rispose. Sapeva che non stava parlando dell'appendicite, ma non voleva affrontare quella conversazione... eppure le sue budella smaniavano e si rivoltavano per saperne di più.
Si mise a sedere, raddrizzandosi nel letto bianco, e nel farlo una fitta di dolore gli morse la carne. Non emise un singolo gemito.
《Perchè?》mormorò Michele, stringendo i denti per il dolore della ferita e per non lasciare che la sua voce tremasse. 《Perchè è uscito con me?》. Aveva alzato gli occhi sul prof, trapassandolo con uno sguardo inquisitorio e pieno di... rabbia? Delusione? Non avrebbe saputo definire l'emozione che lo stava mangiando vivo.
Il prof sostenne lo sguardo, non lo abbassò nemmeno per un istante.
《Perchè volevo farlo, e anche tu lo volevi》.
《Io non volevo questo... teatrino!》sibilò Michele, indicando la stanza con un gesto ampio della mano.《E non volevo che mi usasse come una puttana》.
《Non ti ho...》.
《Sì che l'ha fatto》ribattè Michele.《Mi ha invitato lei ad uscire! In libreria abbiamo...》. Le parole gli rimasero bloccate in gola: quei momenti che poche ore prima l'avevano riempito di gioia ora non lo lasciavano nemmeno respirare.《E poi scopro che se ne va martedì con la sua fidanzata... me lo dica lei come dovrei vederla la cosa!》.
Il prof non rispose, restando a fissare il ragazzo in silenzio.
Michele scosse la testa. Forse erano gli anestetici ancora in circolo, ma si sentiva la testa pesante e non riusciva a pensare in modo coerente. La vista gli si era pure offuscata e non capiva se stesse per svenire di nuovo o se fossero lacrime sul punto di sguggire al suo controllo...
《È tutto sbagliato》mormorò con voce tremula, massaggiandosi le tempie.《Quello che lei ha fatto è sbagliato... ed anche quello che ho fatto io》.
《Michele...》provò a dire il prof ma il giovane lo interruppe.
《La prego... se ne vada》sussurrò, ma al prof non sfuggì il suo tono spezzato dalle lacrime.
Lui però non disse niente. Si alzò e si diresse verso la porta. Poi si fermò.
《Non ti ho usato. Oggi è stata la giornata più vera che abbia trascorso da molto tempo... ed ogni secondo di essa è stampato nella mia memoria e nel mio cuore》. Si interruppe un istante, forse aspettandosi una parola da parte del biondo nel letto, che però non aprì bocca.《Spero di vederti lunedì in classe》.
Quando fu uscito, Michele lasciò che le lacrime gli scivolassero sul volto, lasciò che bagnassero le lenzuola, che i suoi singhiozzi riempissero la stanza vuota e che i ricordi scorressero davanti ai suoi occhi, mentre il dolore continuava a corroderlo... e magari a sanarlo.

•EPIPHANY• how I fell for my teacherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora