X: Daniel Ricciardo

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Un brivido mi attraversa la schiena mentre scendo dall'auto e rivolgo lo sguardo verso la chiesa.
Non avrei mai pensato di potermi trovare di nuovo in una situazione del genere dopo la morte di Jules.
Dopo tutto il dolore che ho provato a causa della sua scomparsa, non pensavo che sarei stato capace di superare un'altra perdita.
E ancora adesso non sono sicuro di riuscirci.
La ferita per la scomparsa di Jules è ancora aperta, anche se ormai sono passati quattro anni, e adesso se n'è formata un'altra, forse ancora più profonda.

La notizia della morte di Lewis è stata completamente sconvolgente.
Da un momento all'altro non c'era più.
Nessuno era preparato ad una cosa del genere, nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe potuto succedere.
Ci siamo ritrovati in pochi istanti a dover piangere una persona con cui fino a poche ore prima avevamo tranquillamente chiacchierato.
E questa cosa mi ha sconcertato.

Mi ha fatto riflettere su quanto siamo impotenti.
Possiamo fare piani, promesse, progetti, ma il destino deciderà sempre al posto nostro.
Non possiamo dare nulla per certo, perché non sappiamo cosa la vita abbia in serbo per noi.
Forse dovremmo renderci conto che la morte non è una cosa così distante da noi come a quest'età crediamo.
È una cosa che ci tocca tanto quanto tocca a tutti gli altri, ma ci sentiamo un po' immuni a volte.
E invece non siamo assolutamente nulla.
Non decidiamo niente e quello che ci succederà non è mai completamente nelle nostre mani.

Lewis aveva tutta la vita davanti, aveva tanti progetti: voleva vincere qualche altro mondiale, magari cambiando scuderia, voleva abbattere tutti i record possibili, ma voleva anche costruirsi una famiglia, trovare una moglie, avere dei figli, dedicare del tempo ai suoi genitori, ai suoi fratelli, ai suoi nipoti, voleva continuare ad investire nel mondo della moda, che lo divertiva tanto, creare altre collezioni e assicurarsi in quell'ambito una carriera dopo il suo ritiro.
È sempre stato una persona con mille piani in mente ed è sempre riuscito a trovare la forza e la determinazione per realizzarli tutti.
Ma questa volta purtroppo non è dipeso da lui.
Tutte queste cose sono state lasciate in sospeso e non accadranno mai, perché era destino che non accadessero.
Se n'è andato via per noi troppo presto, ma evidentemente era arrivato il suo tempo.

Per questo trovo inutile flagellarsi e piangersi addosso.
Perchè non siamo noi a decidere, non siamo noi a controllare queste cose.
Avvenimenti del genere accadono indipendentemente dal nostro volere e noi non possiamo farci assolutamente nulla.
Certo, è ovvio soffrire, perché si pensa al fatto che non avremo più la possibilità di abbracciare quella persona, è ovvio avere rimpianti per cose non dette e non fatte, ma ciò non porterà mai a nulla.
Le cose non possono essere cambiate, e se è successo vuol dire che così doveva andare, e noi siamo impotenti davanti a questo volere.

Ma nonostante questa consapevolezza il dolore resta ugualmente.
Perché anche se non è dipeso da nessuno, è successo, e questo ci fa soffrire.
Il pensiero di non poter più vivere quella persona in alcun modo è ciò che ci spinge a stare male.
E il fatto che non possa essere data la colpa a nessuno se non al destino ci fa stare ancora peggio.

Qualche lacrima, che asciugo velocemente, sfugge al mio controllo e distoglie la mia attenzione da questi pensieri, portandola su una figura girata di spalle all'ingresso della chiesa.
Capisco subito chi sia la persona in questione e decido di avvicinarmi, immaginando quale possa essere il suo stato d'animo in questo momento.
Quando sono ormai a pochi centimetri di distanza, gli poggio la mano sulle spalle, e lui si volta di scatto, puntando i suoi occhi nei miei.
Un'altro brivido mi attraversa il corpo osservando il suo sguardo, che sembra disperatamente implorare aiuto.

Max è sempre stato molto forte caratterialmente e non si è mai lasciato travolgere dai propri sentimenti, non perché gli venisse naturale ma perché se l'è sempre imposto, sforzandosi tantissimo per riuscirci.
Ma questa volta le cose sembrano diverse.
Dai suoi occhi si vede che questa volta non è come le altre, che questa volta il dolore che prova è troppo più grande di lui e non è in grado di contenerlo.
E per questo sta chiedendo silenziosamente una mano.
Perché ha bisogno di qualcuno che gli dia una spalla su cui piangere, di qualcuno che al posto di dirgli resisti gli dica lasciati andare.
E io per lui voglio essere quella persona.

Gli sorrido lievemente e insieme entriamo in chiesa, sedendoci l'uno di fianco all'altro.
Nessuno di noi apre bocca, almeno fin quando Valtteri non sale sull'altare per dire qualche parola, e io noto con la coda dell'occhio Max che si asciuga velocemente delle lacrime per non farsi vedere.
A quel punto mi giro verso di lui, poggio la mia fronte sulla sua, lo guardo fisso negli occhi e gli dico quello che aveva bisogno di sentirsi dire.
Gli dico che non deve provare a restare in piedi.
Adesso la cosa migliore da fare è abbandonarsi ai propri sentimenti e lasciarsi trascinare.
È inutile trattenersi, non serve a nulla.
Piangere e sfogarsi può solo aiutare.
Gli dico anche che non è da solo, perché io sono qui per aiutarlo e sostenerlo.

Vorrei anch'io scoppiare a piangere e lasciarmi travolgere dalle emozioni, ma lui ne ha bisogno più di me e ha anche bisogno di qualcuno che lo aiuti a risalire.
E se io fossi a terra come lui non potrei aiutarlo in nessun modo.
Max non deve liberarsi solo per questo, ma per altre centinaia di piccole e grandi cose per cui non si è mai sfogato e che potrebbero farlo scoppiare.
Per questo devo stargli vicino e devo fargli da supporto.
Lui ha un disperato bisogno di crollare per una volta della vita, e mi sta silenziosamente e forse anche inconsciamente chiedendo di aiutarlo, di stargli vicino e di dargli una mano a rialzarsi quando le lacrime saranno finite.
E io, sempre in silenzio, attraverso gli sguardi, gli rispondo che su di me potrà sempre contare.

after he died | formula 1Where stories live. Discover now