IX: Max Verstappen

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Cammino a passi lenti, con lo sguardo fisso sulle mie scarpe, la testa bassa e le mani in tasca.
Il tragitto dalla macchina all'ingresso della chiesa sembra interminabile, quando in realtà si tratta solo di pochi metri.
Subito dopo aver salito i pochi scalini che portano all'inizio della navata, alzo per la prima volta lo sguardo, rivolgendolo verso l'altare, su cui è posta la bara, sentendo un brivido attraversarmi per tutto il corpo.
Riporto velocemente lo sguardo in basso, mordendomi ripetutamente e con forza il labbro per non piangere.

Se iniziassi a piangere sarebbe la fine.
In ogni situazione, per quanto possa essere grave, cerco sempre di non piangere, di non lasciarmi troppo andare, cerco sempre di domare e controllare le mie emozioni per evitare che mi facciano del male.
Perché anche se agli occhi degli altri posso sembrare duro, freddo e distaccato, in realtà sono una persona molto emotiva, che si lascia molto condizionare dagli eventi e che spesso non riesce a gestire i propri sentimenti.
E il non piangere, in situazioni come queste, aiuta a tenere a bada il vortice di sensazioni che mi ritrovo dentro.

Ma ora come ora non so quanto ne valga la pena.
Da quando ho ricevuto la notizia, non ho versato neanche una lacrima.
Ho cercato in tutti i modi di trattenermi e fino ad ora ci sono riuscito.
Ma non so quanto questo possa servire.
Perché ora mi sento sul punto di scoppiare, ho così tante cose dentro che non riesco più a tenerle a bada, e forse la cosa migliore sarebbe farle uscire fuori, e per una volta tanto abbandonarmi ad esse.
Non sempre si può essere forti, non sempre si può restare in piedi.
Ci sono momenti in cui senti il bisogno di crollare, momenti in cui puoi permettertelo.
E questo è uno di quei momenti.
Perché anche se io riesco a resistere, questo non cambierà le cose, non riportera Lewis indietro, e l'unico risultato che potrei ottenere è solo quello di danneggiare ulteriormente me stesso.
Quindi che senso ha tenere duro?
Che senso ha lottare per resistere?
Lo so, prima o poi dovrò farlo, dovrò trovare la forza di andare avanti, ma alla fine se non cadi non puoi rialzarti.
E io per una volta nella vita ho un disperato bisogno di poter crollare.

"Ciao." esclama una voce familiare, quasi in un sussurro, mentre sento una mano poggiarsi sulla mia spalla.
Sollevo leggermente lo sguardo, incontrando gli occhi marroni di Daniel, che oggi sembrano più scuri e stanchi del solito.
Ma nonostante ciò, hanno sempre quella speciale luce che li contraddistingue, una luce che non si spegne mai, neanche in momenti come questo, una luce che riesce sempre a darmi speranza, anche quando ho la sensazione di non riuscire più a trovare un appiglio.
Oltre a questa luce però, gli si legge negli occhi anche tanta sofferenza.
Anche l'allegria che lo ha sempre caratterizzato sembra essere quasi del tutto scomparsa.
Ma era inevitabile.
La tristezza che porta un evento del genere non risparmia neanche la persona che meno si addice a questo sentimento.
E questo fa male.
Ma vedere che nonostante questo quella luce nei suoi occhi non si è mai spenta, mi fa capire che per quanto oggi possa essere un giorno che non avremmo mai voluto vivere, domani sarà un giorno migliore.
Quella luce mi fa capire che ce la faremo ad uscire da questo tunnel buio, che sembra non avere fine.
E questo è proprio quello di cui ho bisogno in questo momento.

Dopo aver passato qualche secondo a guardarci negli occhi e a dirci queste cose con lo sguardo, senza parlare, entriamo in chiesa, e ci sediamo nell'ultimo banco libero.
La cerimonia inizierà fra qualche minuto, ma già la chiesa è praticamente piena.
È strano vederci qui, tutti insieme, per un motivo che non riguarda le corse.
Ed è ancora più strano sentirci così uniti, anche se ad unirci è principalmente il dolore.
Forse questo è il primo momento da quando sono in questo ambiente in cui mi sento veramente parte di una famiglia.
Magari la morte di una persona così cara a tutti quanti noi serve anche a farci capire quanto siano importanti anche tutti gli altri.
Ora come ora, dobbiamo solo accantonare ogni tipo di rivalità, di astio, di competizione, e dobbiamo solo cercare di farci forza a vicenda.
Perché rimanendo disuniti non andremo da nessuna parte.
Ognuno di noi ha bisogno di un piccolo aiuto da parte di tutti gli altri, e solo così riusciremo a rimanere tutti quanti in piedi.
Perché qui se ne crolla uno, crollano tutti gli altri insieme a lui.

Quando Valtteri sale sul leggio e prende il microfono in mano, i miei pensieri si interrompono, e mi rendo conto per la prima volta di aver pensato pochissimo a Lewis in questi giorni.
Probabilmente per il timore di peggiorare solo la situazione, per la paura di non farcela a resistere.
Ma ormai non ho più nessun motivo per non cadere.

Il ricordo più vivido che ho di lui è probabilmente quello del Gp di Barcellona del 2016, la mia prima gara in RedBull e la mia prima vittoria in Formula 1.
La sua gara era finita molto prima del previsto per via di un contatto con Nico, e ovviamente era arrabbiatissimo sia con se stesso che con il suo compagno di squadra.
Se c'è una cosa che tutti sanno su Lewis Hamilton, è che odia perdere.
Alla fine di quella gara, io ero esaltatissimo, ricordo quel giorno come uno dei più belli della mia vita, e lo ricordo soprattutto per quell'episodio, dopo la gara.
Ero nel mio hospitality, dopo le interviste, e mi stavo cambiando, pronto per andare a festeggiare.
Ad un certo punto sento qualcuno bussare, corro ad aprire ed inaspettatamente mi ritrovo davanti lui, Lewis, che subito mi sorride e mi abbraccia.
Io ero lì, quasi pietrificato, molto sorpreso, e non sapevo come reagire.
Non me lo sarei mai aspettato.
E ancora di meno mi sarei aspettato le sue parole una volta sciolto l'abbraccio.
Mi disse che gli ricordavo lui ai suoi primi tempi in Formula 1.
Mi disse che avrei fatto tanta strada, che avevo un talento che aveva visto in pochi altri piloti.
E quella fu una delle poche volte in cui mi commossi per i complimenti che qualcuno mi faceva.
Perché era Lewis Hamilton a farmeli.
Perché dopo una gara per lui finita malissimo, aveva accantonato la sua delusione per venire a congratularsi con me di persona, cosa che non era assolutamente tenuto a fare.
Avrebbe potuto tranquillamente evitarlo, nessuno gli avrebbe detto niente, nemmeno io mi sarei stupito.
Ma non l'ha fatto.

Solo ora mi accorgo che qualche lacrima mi sta solcando il volto, e cerco di asciugarla velocemente per non farmi vedere da Daniel, che però sembra essersene accorto.
Non riesco però a fermare il pianto, non trovo più la forza, e mi copro il volto con le mani, cercando di sopprimere i singhiozzi.
Daniel intanto mi circonda le spalle con un braccio, cercando di darmi conforto.

"Max, va bene crollare.
Non puoi sempre riuscire a sostenere tutto.
L'importante è che tu sappia che ci sarà sempre qualcuno che ti aiuterà a rialzarti." esclama, poggiando la sua fronte contro la mia e guardandomi fisso negli occhi.
E adesso sì, so che non dovrò affrontare tutto questo da solo.

after he died | formula 1Where stories live. Discover now