XIV: Kimi Raikkonen

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Non è facile.
Non è affatto facile.
Soprattutto quando devi rimanere forte perché c'è qualcuno che ha bisogno di te più di quanto tu abbia bisogno degli altri.
Se io crollo, crolla anche Sebastian.
Per questo ora sono qui, con la mano sul suo fianco, a trascinarlo fin dentro la chiesa.

Da quando abbiamo saputo la notizia, non l'ho lasciato da solo per un attimo.
Da quando è svenuto davanti ai miei occhi, ho paura.
Non che lui mi abbia mai chiesto esplicitamente di stargli accanto, ma io so che ne aveva bisogno.
Lo conosco bene, e proprio per questo sono preoccupato.
Ho paura che continui a farsi del male.
Ho provato a convincerlo a mangiare e dormire, ma non c'è stato nulla da fare.
Non ne ha voluto sapere.
E questo è servito solo a peggiorare la mia situazione.

Sono stato male per Lewis, ma contemporaneamente anche per Seb, e ho cercato di prendermi cura di lui.
So bene quanto sia sensibile e mi aspettavo una reazione del genere da parte sua, ma non è bello vedere il proprio migliore amico, nonchè uno dei propri principali punti di riferimento in questo stato.
Soprattutto sapendo che vorresti fare di tutto per farlo stare meglio ma non hai alcun potere.

In questi giorni, sono stato così preso da Sebastian e così preoccupato per le sue condizioni che ho praticamente trascurato le mie emozioni.
Non mi sono sfogato in alcun modo.
Tranne qualche lacrima, che per me è già una cosa inusuale, appena scoperta la notizia, mi sono sempre mostrato forte agli occhi del mio ex compagno di squadra, o almeni ci ho provato, perché sapevo che lui aveva bisogno di questo.
Ma non mi sono guardato dentro, ho dato poco spazio a quelle che erano le mie sensazioni.
Di certo per me non è stato semplice rendermene conto e accettarlo.
Nemmeno io l'ho presa bene, e anche se non lo do a vedere, anch'io sto male.
Solo non sono abituato a mostrarlo, a confidarmi, a cercare conforto.
Mi tengo tutto dentro, rielaboro e poi smaltisco.
Ho sempre fatto così.
Ma questa volta è diverso.
Questa è una situazione irrisolvibile.
Non potrò mai smaltire.
E forse servirebbe anche a me una spalla su cui piangere, servirebbe anche a me un supporto.
È una delle prima volte in vita mia in cui mi sento veramente vulnerabile.
Ma purtroppo c'è chi conta sul mio aiuto, e non posso permettermi di mostrarmi così.

Io e Lewis eravamo amici.
Penso sia una delle pochissime persone con cui ho lavorato che posso veramente definire così.
Nonostante gli anni passati a lottare per il campionato uno contro l'altro, mi sono trovato bene con lui fin da subito.
Nonostante il suo carattere, per cui era odiato da molti, fra di noi c'è sempre stato tanto rispetto.
L'amicizia vera è nata forse dopo, anche grazie a Sebastian, ma non siamo mai stati nemici.
Rivali sì, ma tra di noi non c'è mai stato dell'odio, neanche semplice antipatia.

È stato uno di quelli che hanno insistito di più per il mio ritorno in Formula 1.
Dal momento in cui ho annunciato che avrei lasciato il campionato per il rally al momento in cui sono tornato, non ha mai smesso di ripetermi che ero stato un cretino, che il mio talento era sprecato così, che sarei dovuto ritornare perché le conferenze stampa erano meno divertenti senza di me.
Alla fine fu soprattutto lui a convincermi.
È anche grazie a lui se ho fatto tutto ciò che ho fatto da quando sono ritornato.

È strano svegliarsi la mattina e rendersi conto che una parte della propria vita non c'è più.
Che non potrai più passare le giornate a telefono a parlare di lavoro, di moto, di famiglia, che non potrai più uscire dopo il Gp per una birra, perché la persona con cui eri abituato a fare tutte queste cose non c'è più.
È dura da accettare.

Ora Lewis non c'è più.
Continua a vivere, ma solo nei nostri ricordi, nel nostro affetto, nel nostro dolore.
E almeno queste cose non svaniranno mai.
Non ci dimenticheremo mai di lui perché è stato troppo importante nella vita di ognuno di noi, abbiamo troppi ricordi legati a lui.
Il nostro affetto rimarrà sempre uguale proprio perché ricorderemo sempre, ricorderemo e ci renderemo conto che ci manca, perché gli abbiamo voluto bene e gliene vogliamo ancora.
Continueremo a stare male perché ricorderemo e gli vorremo sempre bene, e il fatto di non averlo più al nostro fianco ci ferisce.

Almeno lui è in un posto migliore adesso.
Il problema è che noi che siamo rimasti qui dobbiamo combattere contro i nostri demoni e anche con quelli di chi amiamo.
Bisogna vincere la battaglia non solo per se stessi ma anche per chi non ce la fa.

Lui vorrebbe vederci uscire con le nostre gambe da questa voragine, ma ci sono alcune persone, come Sebastian in questo momento, che hanno bisogno di essere prese in braccio e trascinate fino in cima.
E c'è chi deve scalare con un peso sulle spalle e chi si lascia trasportare.
C'è chi arriva in cima e chi crolla insieme a colui che stava cercando di salvare.

Facendo questi pensieri, sposto istintivamente lo sguardo su Sebastian, seduto accanto a me, che ha gli occhi che fissano un punto indecifrabile, persi nel vuoto, carichi di malinconia.
Sta male e si vede.
Non sembra prestare tanta attenzione alla cerimonia, come me sarà perso nei suoi pensieri, probabilmente riguardanti Lewis, o forse è semplicemente troppo stanco.

L'unica speranza che ho è che questo momento metta un punto a tutto questo.
Dopo il funerale, abbiamo tutti quanti bisogno di una soluzione, di un aiuto.
Lewis ci direbbe di restare uniti, di farci forza a vicenda, perché separati non possiamo andare da nessuna parte.
È stato lui ad aggregare il gruppo, e continuerà ad essere il motivo che ci terrà insieme.
Perché noi siamo una piccola parte di Lewis come Lewis lo era di noi.
Anche se non è qui, è come se lo fosse, e lo sarà per sempre.

after he died | formula 1Where stories live. Discover now