Capitolo decimo

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Il pranzo sembrò interminabile mentre la discussione si accese particolarmente quando, durante l’ultima portata, arrivarono a toccare il problematico tema della povertà, che di giorno in giorno non faceva altro che crescere ed era argomento di continuo dibattito.

«L’East End è la macchia di Londra ed il quartiere di Whitechapel è la macchia dell’East End.» sentenziò infine il signor Wilkinson dopo un interminabile discorso su eventuali riforme politiche, «La criminalità e la povertà in quella zona hanno raggiunto livelli non più indifferenti. Ormai nessun uomo perbene dovrebbe più avvicinarsi a quell’area.»

Vincent osservò Thomas che a sentire quell’affermazione abbassò timidamente la testa, come per nascondere la vergogna di aver frequentato assiduamente quei luoghi malfamati e avervi comunque trovato pace e serenità, molto più che in luoghi rispettabili.

«Vi è troppa differenza tra l’East End ed il West End: è questo il vero problema!» affermò con tono di voce alto la signora Agnés e, dopo essersi pulita le labbra frettolosamente con il tovagliolo, continuò in modo solenne: «Il fatto è che la ricchezza crea altra ricchezza e la povertà crea altra povertà; finché il mondo non troverà una soluzione a questo eterno divario non vi sarà una via d’uscita per quelle povere anime.»

«Se tutto il mondo fosse West End non vi sarebbe nulla di interessante!» esclamò squillante l’artista, «Il mondo ha bisogno di differenze; vi sono intrattenimenti che i ricchi e la loro morale non sarebbero mai in grado di dare!» aggiunse sogghignando sotto ai baffi scuri.

«Cosa intendete?» domandò Agnés.

«Parla del problema della prostituzione.» affermò il signor Hughes.

«Le prostitute sono buone compagnie e vere e proprie opere d’arte», rispose il signor Henry divertito, «Ne ho dipinte giusto due questo mese! Non avete idea di quale meraviglia ho avuto davanti agli occhi, miei signori: hanno posato completamente nude!»

«Tacete, per carità!» esclamò il signor Wilkinson scuotendo il capo contrariato, e aggiunse: «Offendete le nostre signore a parlare in questo luogo di tali oscenità!»

«Oscenità!» ripeté indignato l’artista, «Si vede che siete un bigotto che non capisce nulla d’arte! L’artista è una delle creature che più si avvicina a Dio, ha il compito di plasmare e dare ulteriore forma a ciò che è stato creato, di catturare su tela cose belle: se il Signore ci ha concesso qualcosa di tanto meraviglioso come il corpo femminile perché non rappresentarlo in ogni dettaglio? Meno male che vi sono queste buone signorine pronte a spogliarsi!»

Lo sguardo del signor Wilkinson rivolto al signor Henry Campbell si fece di fuoco, e la moglie e la figlia stettero entrambe immobili ed in silenzio. Vincent sorrise nell’osservare tale discussione, come se l’aver messo due personalità opposte allo stesso tavolo lo divertisse.

«Calmatevi, signori miei.» interruppe dopo poco Vincent battendo le mani sul tavolo per attirare l’attenzione, «Non siamo qui riuniti per discutere di un argomento tanto irrazionale e difficile come l’arte, lasciamo ai critici la parte tecnica! Un’opera d’arte non apparirà mai allo stesso modo ad individui differenti, se così non fosse è perché la si guarderebbe solo con gli occhi, dunque ora lasciate le vostre sublimi interpretazioni nelle vostre illustri teste.»

Il signor Wilkinson si ricompose voltando lo sguardo sul giovane Vincent mentre il signor Campbell fece ancora una smorfia di divertimento, aggiudicando a sé stesso di essere nella ragione. Ci furono alcuni minuti di silenzio che vennero interrotti con poche parole da Emily Winspeare, la moglie di Thomas, che affermò con un’espressione addolorata: «Se vi sono così tante cose brutte è proprio per la troppa povertà, dev’essere una condizione tremendamente umiliante.»

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