Capitolo ventiseiesimo

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Sophie gli sorrise ancora, con volto malinconico, dopodiché gli passò accanto sfuggendogli uscendo dalla stanza a testa bassa, coi pensieri in subbuglio. Vincent in modo istintivo provò a fermarla per un braccio, non riuscendovi per la poca forza che il suo corpo turbato vi mise, e venne subito trattenuto dalla moglie che lo afferrò a sua volta per una manica.

«Marito mio! Finalmente siete tornato!» esclamò Victoria con un tono di rimprovero, «Mi avete abbandonata alle grinfie di quella vipera; ora si finge amichevole e mansueta ma prima, ne sono certa, si è divertita a torturarmi lasciandomi sotto alla pioggia in balia di me stessa, non considerando che mi avrebbe potuta uccidere!»

«E che vi avesse lasciata crepare, invece!» sbraitò malvagio Vincent, «Perché diavolo siete venuta fin qui, quando vi avevo detto di non muovermi da Londra!?» le urlò ancora contro con ferocia, buttandosi poi le mani tra i capelli nervoso quanto sofferente.

Victoria strinse le labbra insieme e lo guardò con collera per il trattamento ricevuto, e picchiò i piedi per terra, «Sono vostra moglie ed è mio dovere restarvi accanto, pur che la cosa non mi piaccia; o avevate qualcosa da nascondere? Ed è comunque colpa vostra se sono qui, perché qui vi rintanate senza nemmeno rispondere alle mie lettere, nemmeno foste un eremita!» Vincent le diede un'occhiata di fuoco e, la donna comprese, che poco ci volle che le alzasse le mani, così indietreggiò cauta come un animale predato. A quel punto Vincent diede un pugno al muro per poi gettarsi all'inseguimento di Sophie.

La ragazza si era rintanata in camera propria, demoralizzata e distrutta, in piedi e rigida come una statua di fronte alla finestra. I pensieri orribili la schiacciavano e la mancanza di fiducia, quella che aveva appena perduto in lui, le svuotava il cuore come un campo arido, abbandonato a morire a sé stesso. Tutta la felicità come le sue promesse erano basate sulla menzogna, ed ora erano svanite come un sogno al risvegliarsi; vi era un'altra moglie e questa realtà non l'avrebbe cambiata nessuno.

«Mia dolce Sophie» si fece avanti Vincent con una sofferenza tale da poter essere palpabile, mentre il solo suonare della sua voce ebbe l'effetto di un'ondata di vento freddo e doloroso sul cuore gentile della ragazza, «Vi prego, non evitatemi, mi dovete ascoltare!» aggiunse supplichevole.

«Perché dovrei? Mi avete ingannata!» rispose lei voltandosi verso di lui, ferita pur mantenendo il più possibile il proprio spirito lucido. I loro occhi si incrociarono nuovamente, pieni di passione.

«Vi giuro, non era mia intenzione! Non ho mai voluto ferirvi!» affermò lui lacrimevole, «E ne morirei se voi continuaste a credere questo!»

Sophie chiuse la bocca, come anche cercò di fare col proprio cuore che scoppiava di dolore, e rimase a fissare quello che fino a poco prima rappresentava la sua più grande gioia, ed ora era il suo più grande tormento, con un viso triste e pallido. Vincent mostrava un'espressione più addolorata e appassionata della sua, come se non potesse reprimere in alcun modo i sentimenti tormentati che erano accesi in lui.

«Sono stato costretto, Sophie, non avevo altra scelta per non perdervi», fece con tono che cercava compassione, «Questo terribile matrimonio era l'unica condizione imposta da mio nonno per ottenere i suoi beni ed essere riconosciuto come suo erede. Victoria Harrington è mia cugina, l'unica erede del casato oltre a me, ma sua prediletta; io la detesto, e l'ho odiata prima ancora che aprisse anche solo bocca. Ma, come già sapete, non avevo altro modo che accettare la loro carità e compiere quindi questo tremendo errore per non perdere tutto. E avrei potuto anche accettare di perdere ogni cosa, in un altro contesto, ma non di perdere voi! Perché se fossi stato messo in prigione non vi avrei più rivista, lo sapete, e avere il mio amore così lontano mi avrebbe ucciso. Non avevo altra scelta, capite?» chiese disperato, avvicinandosi, «No, non fate così, non scuotete il capo. La felicità non mi può mica essere negata per i troppi errori di mio padre, non è vero? O mi deve costare così caro? Cercate di comprendere!»

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