Capitolo settimo

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La pioggia batteva forte contro ai vetri, come se li volesse spaccare in mille pezzi. Non si riusciva ad udire nulla dalle stanze vicine, erano completamente isolate l’una dall’altra dal rumore assordante di quel brutto temporale. L’unico suono che riusciva a percepire era quello che proveniva da quelle labbra che si muovevano agitate e rabbiose a pochi passi da lui.

«Sei stato la mia rovina!» gridava quella voce femminile, disperata. «Che tu sia maledetto! Che tu sia maledetto, Vincent!»

In un istante tutto si macchiò di rosso e Vincent si svegliò di scatto da quell’incubo. L’uomo si guardò attorno, confuso e con il respiro affannato, e si mise una mano sulla fronte sudata. Richiuse gli occhi per alcuni secondi per poi riaprirli: c’era completo silenzio attorno a lui e la luce bianca del giorno entrava dalla finestra della camera illuminando totalmente la stanza. Vincent si alzò lasciando cadere le coperte dal letto disfatto fino a toccare il pavimento freddo, mosse alcuni passi e si avvicinò alla finestra dove, ancora un po' scombussolato da quel sogno, guardò fuori: il paesaggio stava perdendo ogni colore lasciandosi coprire dalla soffice e candida neve che non aveva mai smesso di cadere durante l’intera nottata. Era il giorno della vigilia di Natale.

Allontanatosi dalla finestra prese una sigaretta e se l’accese. Rimase a fumare pensieroso, con le mani che tremavano leggermente, mentre tra un soffio di fumo e l’altro dava delle occhiate al proprio riflesso nello specchio; osservò attentamente il proprio viso che quella mattina appariva particolarmente stanco, con delle visibili occhiaie che gli appesantivano lo sguardo e gli davano un aspetto poco fresco. Si domandò perché quel sogno e quelle immagini erano tornate a tormentarlo, ributtandogli in faccia quel passato che avrebbe voluto cancellare dalla sua testa ma che al contrario non lo abbandonava mai.

Nel frattempo nella dimora c’era un clima particolarmente sereno e un movimento continuo per organizzare al meglio quei giorni di festività. La casa si era letteralmente trasformata in un villaggio incantato di colori e addobbi natalizi. L’abete che avrebbe fatto da albero di Natale era già stato collocato in casa dalla servitù e aspettava solo di essere addobbato  come da tradizione; mentre vischio, agrifoglio e rami di pino erano stati disposti in luoghi specifici un po' ovunque. Non solo la servitù si stava occupando di ogni particolare, ma anche i nonni di Vincent si dedicavano a rendere tutto perfetto. Mentre per la piccola Sophie era tutta una novità; aveva già vissuto il Natale, ma non come giorno di totale festa bensì di lavoro più pesante. Ricordava bene le strade di Londra che cambiavano del tutto atmosfera in quei giorni sacri, la città si agghindava di luci e colori e in ogni stradina risuonavano melodiosi i canti natalizi da parte di solisti o veri e propri gruppi di cantori. Era un clima che aveva sempre apprezzato e quell’anno per la prima volta lo avrebbe vissuto in modo diverso, come una ragazzina benestante.

Sophie si mise in salotto a preparare le ultime decorazioni fatte a mano con carta e stoffa com’era abituata a fare quando viveva con suo padre. Nonostante la casa fosse già ricca di addobbi ricercati voleva aggiungere anche un po' della sua semplicità, per rendere quel giorno un po' più famigliare.

«Buongiorno Sophie!» esclamò Vincent affacciandosi in sala. Sophie alzò il capo e gli sorrise rispondendo al saluto. «Venite, desidero che mi aiutiate a fare una cosa.» aggiunse l’uomo allontanandosi nuovamente. Sophie mise il proprio lavoro sul tavolino e si alzò per seguire Vincent. La sua caviglia era quasi completamente guarita ma ancora faceva uso del bastone per camminare, così lo seguì a rilento. Quando arrivò nel salone in cui Vincent l’aspettava notò subito il grosso abete spoglio che si trovava dietro di lui. Il sempreverde era collocato in un vaso riempito di pietre e carbone per mantenerlo stabile e accanto ad esso si trovavano alcune scatole con all’interno decorazioni di vari materiali, carte colorate, drappeggi e pizzi.

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