Capitolo 16

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Le quattro figure erano intente ad ascoltare le voci che provenivano da quella liberatoria crepa nell'atmosfera, troppo piccola da attraversare ma abbastanza grande da recepire tutto ciò che succedeva intorno a loro. Troppo tempo erano stati isolati dall'universo, era ora che le loro orecchie tese assorbissero ogni parola che gli giungeva e preparassero un modo adeguato per tornare agli albori. Uno di loro, il più grande, rise teneramente verso la sua compagna dai capelli rossi e gli occhi glaciali, le prese dolcemente la mano e la avvicinò a sé.
-Cosa vedi, mia cara?- le chiese il giovane, guardandola con amore e venerazione. Lei sorrise verso il suo compagno e rivolse lo sguardo verso la crepa. -Vedo lui, vedo il suo cuore, vedo la sofferenza che le sue azioni porteranno... Ma vedo anche la liberazione da un tiranno che muove i fili della vita a suo gusto, incapace di vedere al di là delle sue regole, vedo il male causato per fare del bene. Porterà con sé molti dei suoi fratelli, sarà un duro colpo per il nostro Vecchio, ma tutto andrà come deve andare. Si, vedo lui, e ne sono orgogliosa!- la donna rivolse di nuovo lo sguardo verso l'uomo al suo fianco, con le mani intrecciate sul ventre piatto, si scambiarono un soffice bacio e ritornarono dai loro compagni. Li accolsero gaiamente, come fossero una famiglia, cosa che erano davvero. Si abbracciarono e negli occhi delle due coppie divampó una scintilla di potere che avrebbe cambiato il corso degli eventi.

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Si era sentito finalmente completo quella notte, aveva giaciuto con la sua donna e nulla poteva cambiarlo. L'aveva abbracciata, baciata e coccolata come meritava. Sentirla sotto di lui, che lo assecondava nei movimenti, che lo guardava con passione e.. Amore? No, amore non era, forse affetto, magari era riuscito a scalfire quella dura corazza che si era costruita dal momento che era "giunta" al suo fianco. Sentiva di aver fatto la cosa migliore, sapeva di averla amata come meglio poteva, era stato delicato e si era preoccupato delle sue sensazioni. Voleva renderla felice, voleva che fosse contenta di vivere lì con lui, di fare l'amore ogni notte e svegliarsi allo spuntar del sole uno accanto all'altra. Eppure sentiva anche che qualcosa non era andata proprio come voleva... Era mai possibile che dopo essere fuggita per giorni fosse tornata e avesse acconsentito di giacere con lui? Avrebbe mai potuto amarlo come l'amava lui? Non lo sapeva, forse non voleva saperlo perché il dolore di un possibile rifiuto lo avrebbe stravolto. Avrebbe fatto le cose con calma e chi lo sa, magari, un giorno le cose sarebbero cambiate.
Voleva darle un ottimo risveglio, perciò si era alzato prima che l'alba spuntasse dietro le sue amate colline e si era diretto nel folto della foresta per raccoglierle della frutta fresca e dei fiori. Conosceva bene quei luoghi, aveva passato molto tempo a esplorarli e amarli. Ma ciò che accadde lo lasciò molto turbato.
Era entrato nel vivo della vegetazione e stava raccogliendo prelibatezze per la sua amata, quando una voce possente e autoritaria riempì l'aria di quel luogo. Non era difficile capire chi fosse, ma quel timbro incuteva timore reverenziale. Il Creatore del cielo e della terra gli stava parlando dopo tanto tempo.
-Adamo, fermati e ascolta le mie parole. Ieri notte hai adempiuto il tuo dovere come marito e uomo, ma il cuore di Eva non ti appartiene. Devi renderla gravida, toglierle ogni possibilità di rifiuto nei tuoi confronti. È il tuo compito, la tua stirpe perdurerà nei secoli se farai come ti dico-. Così come la voce era apparsa se ne andò, lasciando Adamo confuso e turbato. Mai prima d'ora aveva parlato in quel modo, con un tono freddo e distaccato, del tutto estraneo dal padre amorevole che era, e mai aveva inondato l'ambiente con la sua voce, preferiva invadere la sua testa. Conscio di volere più informazioni, gridò con tutto il fiato che aveva in corpo per farsi ascoltare e rispondere, ma Dio faceva ciò che più lo aggradava, dunque non gli rispose. Si accontentó della frutta che aveva raccolto e tornò di gran fretta a casa.
Giunto alla sua destinazione, dopo aver corso a perdifiato, trovó Eva in uno stato pietoso, seduta con le ginocchia al petto e lo sguardo vacuo e spento, i capelli erano scarmigliati come se li avesse tirati, gli occhi gonfi e rossi dal pianto incessante, il letto disfatto e i fiori strappati... Una visione cupa e macabra. Adamo non capiva cosa poteva essere successo, ma mai avrebbe pensato che Eva potesse aver creato tutto quello dopo la notte che avevano passato. Le era parso che fosse felice e in un certo senso appagata. Cautamente si avvicinò alla ragazza come fosse una bestia selvatica pronta ad attaccare da un momento all'altro, le cinse le spalle con il braccio e cercò di attirarla verso di lui. Ella non si mosse, rimase impassibile nella sua posizione struggente, non si voltò per guardarlo né ebbe la forza di scansare il braccio. Rimase lì ferma a fissare il nulla.
Adamo cercó di svegliarla dal suo stato catatonico, provó a scuoterla, a chiamarla, ad abbracciarla, lei non dava cenni di vita. Era come in un altro mondo.
Quando finalmente si svegliò dal suo stato di trance volse lo sguardo verso il ragazzo accanto a lei, le labbra le tremarono e con un gesto rabbioso gli tolse il braccio.
-Non osare mai più toccarmi, vile. Hai perso ogni possibilità di guadagnare il mio affetto. Qualsiasi azione o parola tu dirai, sarà vana.- disse quelle parole con rabbia, una rabbia divampante che le incendió persino gli occhi. Si mosse velocemente e con uno scatto felino si alzò in piedi, decisa a scappare di nuovo. Adamo capí le intenzioni della ragazza di fronte a lui e provò a fermarla, farle cambiare idea. Quando però la mano DI Eva si scagliò con forza sulla sua guancia, Adamo rimase più stupito che arrabbiato. Lo aveva colpito? Ora il punto dove Eva lo aveva schiaffegiato pulsava fastidiosamente, un leggero prurito si era diffuso nel volto. La vide andare via senza voltarsi. L'aveva persa di nuovo nel giro di poche ore, ma non capiva cosa le aveva fatto. Questa volta non la chiamò, non la inseguí... Si adagió sul terreno freddo come il suo cuore e attese.

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