18. L'impensabile

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Londra, novembre 1999

Thomas è seduto fuori, in sala d'attesa. Le gambe sussultano sul pavimento dell'ospedale, mentre gli infermieri corrono da una parte all'altra. Accanto a lui ci sono solo i genitori di Jane, in ansia anche loro. Le urla che giungono fuori dalla stanza sono agghiaccianti. Thomas si porta le mani alle labbra, pregando silenziosamente. I battiti del suo cuore scandiscono ogni secondo, ogni minuto. Le sue mani sono gelide, in ansia. I palmi sono sudaticci e i capelli scompigliati sulla testa. Poi finalmente, dopo un tempo che gli è parso infinito, la porta si apre finalmente dall'interno ed esce un'ostetrica con la mascherina abbassata sul mento e il sorriso sulle labbra rosee. "Congratulazioni" dice soltanto, porgendo una divisa blu a Thomas.
Non perde neanche un attimo. Mentre i genitori di Jane si stringono in un abbraccio, Tom si infila il camice blu e corre dentro la stanza, avvicinandosi al letto.
Trova Jane con i capelli tutti attaccati sulla fronte sudata, il viso lucido, gli occhi bagnati di lacrime e le braccia strette intorno ad un piccolo batuffolo che piange contro il suo petto. Thomas le si avvicina cautamente, destando la sua attenzione solo con il rumore delle sue scarpe sul pavimento. Jane si gira a guardarlo, scoppiando a ridere tra le lacrime. Thomas le si accosta, abbassandosi sulla creatura che la moglie stringe tra le braccia. "Sei stata bravissima, Jane" dice un'ostetrica, mentre sistema la zona nei dintorni. Thomas scosta un lembo del lenzuolo, guardando il viso arrossato di quella creatura minuscola che è appena venuta al mondo. Le lacrime scendono da sole, fuori controllo. La bambina continua a piangere, così Jane esce un seno dal camice e lo porge alla piccola, accompagnandolo con le sue mani curate. La piccola Elizabeth accosta le labbra rosee al seno della mamma, iniziando a tirare il latte e calmandosi, mentre Thomas si china su Jane e la bacia con trasporto. "Sei stata meravigliosa. Ti amo così tanto" dice contro le sue labbra. "Non ti avrei mai lasciato, è solo che-"
"Hai preferito svenire" dice Jane, lasciandogli un ultimo bacio prima di tornare a guardare la bambina. "E' perfetta" dice, accarezzandole con la mano libera la testa delicata e stringendola ancora contro di sè.

Londra, novembre 2000

".. Tanti auguri a te!" termina la canzone, mentre Jane abbassa la piccola Elizabeth che tiene tra le braccia e la china in avanti per farle soffiare la prima candelina. Tutti esplodono in un applauso che fa talmente tanto spaventare la piccola da farla piangere improvvisamente.
"Ma no, amore, non fare così" dice Jane, lasciandole diversi baci sulle guance morbide. Thomas mette via la telecamera e si fionda dalla piccola, prendendola dalle braccia della madre e coccolandola contro il suo petto.
"Vieni, giochiamo un po', d'accordo?" le chiede gentilmente, sperando di calmarla allontanandola dalla calca di persone nel salone.
Jane si adopera subito per tagliare la torta decorata, aiutata da Anne Saunders e da sua madre Jodie a servirla agli ospiti. Di tanto in tanto solleva la testa su Thomas che gioca con la bambina tra le braccia nonostante continui a piangere. Si lascia andare ad un lungo sospiro, chiedendo alle due donne di continuare anche senza di lei. Si avvicina al marito, prendendogli la bambina dalle braccia. "Aiuta tua madre e tua suocera con la torta, a lei ci penso io" dice, guardando la piccola negli occhi scuri uguali ai suoi. I capelli biondo cenere le scendono morbidi sulle spalle, arricciandosi in dolci boccoli verso la fine. "Che c'è piccola? Non è successo nulla" dice, tentando di calmarla. Jane è visibilmente stanca, ha perso peso e non riesce persino a ricordare quando sia stata l'ultima volta che ha dormito a lungo e profondamente. Scuote la bambina tra le sue braccia, quando un fischio alle sue spalle richiama la sua attenzione.
"Posso darti una mano?" domanda, gentilmente. Benedict le si avvicina, protendendo le mani in avanti per prendere la bambina.
Jane si lascia andare ad un sospiro di sollievo. "Se te la senti, sì" dice, lasciandogli la bambina e chinandosi per prendere un giochino da terra. Lo lascia tra le mani di Elizabeth che finalmente smette di piangere, calmandosi. Il suo naso però è ancora arrossato e le guance bagnate di lacrime. "Ma tu guarda" ammette Jane, scuotendo la testa. "Smetti di piangere tra le braccia dello zio, eh? Dovremmo chiamarlo più spesso."
"Sai che per te farei di tutto, vero? Prenderei il primo aereo dall'America se solo me lo chiedessi" sussurra Benedict, puntando gli occhi in quelli scuri di Jane.
La ragazza si lecca le labbra, annuendo. "Ma hai la tua vita a New York, non devi preoccuparti per me."
"Invece lo faccio. Si vede benissimo quanto tu sia stanca, Jane. Hai bisogno di più aiuto."
"Lo fa già Thomas" dice Jane, girandosi a guardare il marito mentre porge i piatti pieni di torta agli ospiti. "E' molto bravo, quando c'è."
"Ma non c'è sempre" puntualizza Benedict.
"Nemmeno tu" risponde Jane, girandosi per guardarlo negli occhi. "Va davvero tutto bene, non crogiolarti per me. Me la cavo perfettamente anche da sola." Benedict la guarda attentamente negli occhi, rimanendo folgorato dalla dolcezza del suo viso, dai suoi occhi grandi e luminosi nonostante sia stanca, dai capelli sempre ordinati e dai modi eleganti che accompagnano ogni suo singolo gesto. Jane si schiarisce la gola, distogliendo lo sguardo. "Vado da Tom. Mantieni Elizabeth per qualche minuto, d'accordo?" dice, allontanandosi da lì e avvicinandosi al marito, lasciandogli un fugace bacio sulle labbra.
Benedict sposta lo sguardo sulla bambina, accarezzandole la testa e lasciandole un bacio sulla fronte. "Ti piace stare con lo zio, vero?"

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