7. Anonimo

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Brighton, gennaio 1998

Sono le 18:45 e Thomas è in ritardo. I suoi piedi fremono sul pavimento di casa Saunders mentre le mani stringono quelle del fratellino intento a correre per gli ampi ambienti di quella villa quasi sempre vuota. Tom stringe le dita grassottelle di Nicholas, accompagnandolo nelle sue prime avventure da primi passi, stando attento a non farlo scendere al piano inferiore. Thomas lancia un'occhiata all'orologio appeso alla parete e la lancetta dei secondi scandisce ogni suo battito. Nicholas imbocca il corridoio delle camere da letto e appoggia la sua piccola mano sulla superficie della porta della stanza di Benedict. La spinge verso l'interno e il cigolio attira subito l'attenzione del fratello maggiore che lancia un urlo frustrato per aria mentre in uno scatto d'ira scaraventa i libri dell'università a terra. Si gira sulla sedia e fulmina i due fratelli minori con un'occhiataccia. "Questa è la quinta volta che mi interrompete. Uscite immediatamente da qui!"
"Ben" lo chiama Thomas, guardandolo con fronte aggrottata. "Devi badare un attimo a Nicholas."
"C'è Alice, per questo."
"E' uscita a fare la spesa."
"Ci sono altri tre domestici in questa casa, da' loro Nicholas e fammi finire di ripetere queste maledette pagine!"
Thomas rimane fermo sulla porta e stringe la mascella. Il piccolo Nicholas di quasi due anni guarda il fratello che gli regge ancora la mano e sbatte lentamente le ciglia su quegli occhioni scuri. "Sai che sono in ritardo. Ti prego, Alice sarà di ritorno tra cinque minuti. In cinque minuti non ripeti neanche mezza pagina."
"Appunto, non posso perdere tempo."
"Ben" dice Thomas, guardandolo dritto negli occhi di ghiaccio. "E' anche il tuo fratellino."
Benedict prende un ampio respiro, dopodiché rilassa le spalle - sconfitto - e allunga le braccia verso il piccolo Nicholas. "E va bene" sussurra. "Vieni qui, Nick" dice, allargando le dita delle sue mani per raccogliere il piccolo che, sorridendo, corre nella sua presa, lasciando quella di Thomas.
"Grazie" dice quest'ultimo, rilasciando un lungo sospiro.
"Va' da quell'amica tua e non rompere più. Quando esci, chiudi la porta. Nick, fermo!, non toccare questi fogli!"
Thomas alza gli occhi al cielo ed esce dalla camera del fratello, chiudendosi dietro il legno massiccio della porta. Si avvia verso l'ingresso e proprio quando allunga la mano verso il pomello della porta quest'ultima si apre, rivelando la figura del padre di ritorno dal lavoro. "Dove vai?" chiede Edward, lasciando la porta aperta per il figlio. "Anzi no, lo so dove vai. Non si fanno aspettare le ragazze, muoviti." Si guarda fugacemente intorno. "Aspetta, dov'è Nicholas?"
"Con Benedict."
"L'hai lasciato a lui?! Sai che ha un esame tra tre giorni e non deve essere disturbato, vero?" Sbuffa rumorosamente, lasciando la giacca sull'appendiabiti all'ingresso. "Certo che non lo sai, non studi praticamente mai" bofonchia tra sè e sè, lasciando il figlio di mezzo all'ingresso di quella villa che Thomas non vede l'ora di lasciarsi alle spalle.

Brighton, 2017

Anne Saunders apre piano la porta della stanza di Thomas, sbirciando all'interno. Il figlio ha la testa girata verso la parete, così procede all'interno ed entra nella stanza, diretta alla finestra. Lentamente solleva le persiane, lasciando che i raggi del sole illuminino progressivamente quella stanza buia. Apre le imposte per far circolare l'aria, dopodiché lancia un'altra occhiata a Thomas e lo vede sì, girato, ma con gli occhi fissi sulla parete.
"Buongiorno" dice, abbozzando un'ombra di sorriso sul suo viso cinereo. Si accomoda ai piedi del letto, guardando Tom mentre gira la testa verso di lei, ancora immobilizzato nel letto. Il figlio si lecca le labbra.
"Buongiorno a te."
"Da quant'è che sei sveglio?"
Thomas scuote lentamente le spalle. "Un'oretta. Forse due."
Anne annuisce, prendendo un ampio respiro. "Come ti senti questa mattina?" gli domanda, appoggiando una mano su quella fredda del figlio.
Thomas fa disperdere gli occhi sulle pareti della stanza, guarda i poster di alcune band che ascoltava, guarda la scrivania vuota, l'armadio addossato all'angolo, la mensola piena di libri che ha letto ma di cui ricorda pochissimi dettagli. "Non è cambiato nulla."
La porta d'ingresso viene leggermente bussata, così entrambi si girano in quella direzione e vedono Alice sorreggere un vassoio d'argento tra le sue mani incallite. "Buongiorno" saluta educatamente, "ho portato la colazione."
Anne le sorride, poi picchietta dolcemente la mano del figlio e si alza dal letto, lasciando spazio ad Alice. Quando la signora Saunders se ne va silenziosamente dalla stanza, la governante si avvicina finalmente all'uomo steso sul letto. "Ciao, Tom" dice, sorridendogli. "Oggi ti ho portato dei fagioli e delle uova. Ti vanno bene?"
Thomas annuisce, guardando le rughe sul volto della donna e sentendosi investito da ricordi confortanti legati alla sua persona. "Alice" la chiama allora, mentre la governante si sporge su di lui per aggiustargli i cuscini dietro la testa. Lei lancia una rapida occhiata al suo volto - su cui i lividi si sono affievoliti - e guarda gli occhi azzurri dell'avvocato steso nel letto.
"Dimmi tutto" risponde, abbozzandogli un sorriso.
"Puoi raccontarmi qualcosa?" domanda Thomas mentre lei si rimette dritta e sistema le portate sul vassoio. "Qualunque cosa va bene. Nominami luoghi, strade, persone. Qualunque cosa abbia a che fare con te e che momentaneamente non ricordo."
Alice si lascia andare ad una risatina. "Noi due ne abbiamo passate tante insieme, sai?, è difficile scegliere qualcosa in particolare."
"Io ricordo di aver passato davvero tanto tempo con te" dice Thomas, guardando gli occhi della donna. "Più di quanto abbia mai fatto con i miei stessi genitori."
Alice ammutolisce, annuendo. "Sono stati dei gran lavoratori. Non avevano molto tempo libero. Hanno sempre pensato al benessere della famiglia - in senso economico, ovviamente. Di conseguenza, il tempo trascorso in queste fredde mura si è notevolmente ridotto."
"Perché ricordo più te che, per esempio, mio padre?" domanda Thomas, sperando che la governante possa aiutarlo a ricordare. La sua mente è in subbuglio, non sa da dove partire per poter mettere in ordine il suo cervello. Ha bisogno di un appiglio. "Quando penso a mio padre" inzia a dire, "provo qualcosa di negativo nei suoi confronti e voglio capire cosa è successo."
Alice si ammutolisce di colpo. "Forse è troppo presto per parlare di questo" dice e all'improvviso la sua voce si rompe nel mezzo della frase. Thomas spalanca i suoi occhi e schiude le labbra.
"Che c'è?" domanda subito. "Che ti è successo?"
Alice scuote la testa, coprendosi gli occhi e prendendo un ampio respiro. "Nulla. Non è successo nulla. E' che vederti così.." La donna scuote di nuovo la testa. "Ti donerei la mia testa pur di non vederti così, Thomas. Ti darei tutti i miei ricordi legati a questa casa, ma-"
Thomas allunga il braccio sano verso la spalla della donna e le accarezza dolcemente la guancia. "Va tutto bene, non voglio che tu pianga, Alice. Facciamo così" dice, tentando di sciogliere la tensione di cui tutta l'aria della stanza si è cibata. "Adesso mi imboccherai come facevi quando ero piccolo e nel frattempo mi racconterai una storia, una qualunque, okay?"
Alice si asciuga una lacrima sfuggita al suo controllo, così si lecca le labbra e accarezza la mano di quell'uomo che ha cresciuto con tutto l'amore che aveva nel cuore. Finisce di sistemare le portate sul vassoio e così inizia ad allungarle verso Thomas che continua a guardare il viso di quella donna, attendendo che la sua bocca inizi a lasciar andare una valanga di parole che da una parte lo aiutino a ricordare e che dall'altra risollevino l'umore di quella signora a cui Thomas vuole davvero un mondo di bene.
"Iniziamo con le uova, okay?" domanda Alice, allungandole verso l'avvocato. Quest'ultimo annuisce e si tiene pronto ad ascoltarla. "Sai" inizia infatti la governante, destando tutta l'attenzione di Thomas che pende letteralmente dalle sue labbra. "Fin da quando eri piccolo hai sempre parlato poco con i tuoi genitori e i tuoi fratelli. L'unica a cui raccontavi tutto - e anche troppo, direi - ero io. Eri un ragazzo molto insicuro di te stesso, ma con me ti trasformavi e vedevo chiaramente le tue idee formarsi nella tua testa ma avevi troppa paura ad ammetterle a voce alta. Io le capivo dal modo in cui ne parlavi. Ad esempio, dentro di te sapevi di voler diventare avvocato ma non lo hai mai detto a nessuno. Solo una volta ne parlasti con me, dicendo di non voler per nulla al mondo fare il medico come tuo padre e tuo fratello e di preferire le aule dei tribunali in cui avresti potuto usare tutte le parole che volevi e dove chiunque non avrebbe potuto fare altro che ascoltarti come io facevo con te."
Thomas ingoia il primo boccone di uova, dopodiché inizia a parlare a sua volta. "Papà preferiva Benedict a me."
Alice lo guarda. "Non è una domanda?"
"No" continua Thomas. "Me lo ricordo perfettamente."
"Non si può preferire un figlio rispetto ad un altro."
Thomas solleva un sopracciglio. "Non dirmi che sei seria."
Alza gli occhi al cielo. "Solo io posso dirti che, tra i tre, sei sempre stato tu il mio preferito. Non ho alcun vincolo genitoriale nei tuoi confronti." Abbozzano entrambi una risata. Dopodiché Alice riprende a parlare mentre un viso è ormai accostato allo stipite della porta. Benedict si mantiene nascosto dietro la parete, allunga l'orecchio verso la stanza di Thomas e ascolta quello che la governante sta dicendo al fratello. "In più, venivi sempre da me a cercare consigli."
"Su cosa?"
Alice scuote le spalle. "Qualunque cosa, onestamente. Ti confidavi molto con me e speravi che io potessi sempre aiutarti. O almeno finché non hai lasciato definitivamente questa casa per trasferirti a Londra e frequentare la scuola di legge."
"Mi confidavo... in che senso?"
Alice mette da parte il piatto vuoto dell'uovo e sistema i fagioli sul cucchiaio. "Su come a volte ti sentissi solo e quindi su come impiegare il tempo, su come cucinarti un buon pasto.. persino su come conquistare le ragazze."
Thomas annuisce, sollevando entrambe le sopracciglia. "Allora grazie a te, dovrei essere stato un vero e proprio Casanova."
Alice sorride tristemente. "Non proprio. Hai accolto poche ragazze nella tua vita" dice, ma non prosegue oltre perché Benedict irrompe sulla scena con un sorriso forzato.
"Buongiorno" saluta, tenendo gli occhi puntati su Alice. "Potresti cortesemente dirmi dove hai messo la mia biancheria stirata? Non la trovo."
"E' in lavanderia."
"Ho detto che non la trovo."
A quel punto Alice solleva gli occhi su di lui e ingoia a vuoto. Fa finta di nulla. Appoggia lentamente il vassoio ormai vuoto sulle cosce e lo impugna con entrambe le mani. Guarda Thomas e abbozza un sorriso. "Proseguiremo in un altro momento" dice, congedandosi. Esce dalla stanza e fa qualche passo in avanti prima che Benedict le vada accanto. La blocca in sala da pranzo, stringendole le spalle nelle sue mani grandi.
"Cosa gli stavi dicendo?" chiede, teso.
Alice lo guarda negli occhi. "Niente."
"Non credo proprio."
"Allora sai di cosa stavo parlando. Credi davvero che io possa raccontargli tutto così, su due piedi?"
"Quell'argomento è off limits, forse l'ultima cosa di cui Thomas deve ricordarsi."
"Voglio troppo bene a tuo fratello per rovinarlo in questo modo." Si svincola dalla sua presa. "Va' a parlare con lui, invece che perdere tempo a dare lezione a me su come ci si comporta" taglia corto Alice, superando Benedict e dirigendosi verso la cucina.
Benedict entra nella camera di Thomas con un sorriso sulle labbra, sedendosi sulla sedia della scrivania con addosso il suo pigiama blu notte.
"L'hai trovata la biancheria?" domanda Tom e Benedict sorride, fermandosi a vedere il volto apparentemente rilassato del fratello.

Londra, fine giugno 2001

Margaret è seduta sul letto di Thomas mentre quest'ultimo è addossato alla parete con le gambe incrociate sul pavimento di quella stanza fredda. Entrambi mangiano dei muffin rubati alla mensa. La ragazza sposta la cartina per addentarlo, poi guarda Thomas e scoppia a ridere, vedendolo con la bocca cosparsa di briciole di cioccolato. La musica classica continua a riempire i vuoti tra di loro. Margaret si lecca le labbra, assaporando il dolce che stringe tra le dita. "Allora? Me lo vuoi dire perché sei qui?" domanda per l'ennesima volta.
Thomas scuote la testa. "Non mi va di parlarne."
Margaret alza gli occhi al cielo. "Lo sai, vero, che fin quando non parlerai non abbandonerai mai questo posto?"
Tom la guarda mentre finisce il suo muffin e si strofina le mani. "E chi ti dice che non l'abbia fatto con chi è di competenza?"
Margaret solleva un sopracciglio. "Scherzi, spero. Ti si legge in faccia che non hai proferito parola. Ti riesco a strappare a malapena un saluto ma ehi!, ora mi stai parlando. Suppongo sia un privilegio per pochi."
Thomas alza gli occhi al cielo. "E tu perché sei qui? Chiedi sempre di me e non dai mai la possibilità di sapere qualcosa in più su di te."
Margaret alza le spalle, incurante. "Non ho scelto di venire qui da sola" dice, giocando con la lingua nella sua bocca. Thomas nota i tagli sul suo viso.
"Come te li sei procurati?"
Margaret lo guarda. Sorride. "Non mi va di parlarne."
Thomas abbozza un sorriso sulle sue labbra esangui, scuotendo la testa. "Va bene."
"Va bene."
Si guardano negli occhi, senza che nessuno dei due proferisca una sillaba. Margaret sostiene il suo sguardo mentre la musica alla radio inizia a cambiare. Thomas studia il viso della ragazza, i suoi tagli e i lividi che la giacca della tuta lascia intravedere sotto le maniche.
"Facciamo che non parliamo di quello che è successo ad entrambi" dice allora Thomas, sentendosi opprimere da quel silenzio.
"Allora avremmo poco di cui parlare, onestamente" dice Margaret, appallottolando la carta del muffin terminato. "Non siamo così interessanti come sembra."
"E' solo che voglio rimanere anonimo per un altro po'. Non voglio essere etichettato."
Margaret solleva un sopracciglio. Si guarda il petto, sposta la giacca della tuta e sbatte le palpebre. "Che strano, non mi sembra di avere un'etichetta addosso. Me l'hanno messa senza che me ne sia accorta?"
Thomas stringe le labbra in un sorriso, scuotendo la testa. "Non voglio che quando mi vedono per i corridoi la prima cosa a cui pensano sia la causa che mi ha portato qui."
Margaret torna seria di colpo. Si abbassa in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia per avvicinarsi a Thomas. "Posso dirti una cosa?" Lui annuisce. "Qui nessuno ti vede per i corridoi."
Al che Thomas sorride, per davvero questa volta.

N/A
Ecco qui un nuovo capitolo e spero davvero che vi piaccia!
Margaret e Thomas nei flashback del 2001 sono davvero bellissimi e lasciano ancora segreto il motivo per cui si trovano nella stessa struttura 🤗
Lasciatemi qualche voto/commento, se vi va 😘
Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
Un bacio ❤

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