DUE

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 Siamo atterrati da circa un'ora e per arrivare nel Queens dall'aereoporto ci vuole ancora più di un'ora

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Siamo atterrati da circa un'ora e per arrivare nel Queens dall'aereoporto ci vuole ancora più di un'ora.
Odio questa città.
"Non dovrebbe mancare molto" Inizia mia madre. I capelli biondi le cadono di fronte agli occhi quando se li porta dietro l'orecchio con un gesto meccanico.
Non rispondo e alzo le spalle.
"Dicono che il nostro quartiere è pieno di persone, ti troverai in fretta degli amici, Jo." Continua mio padre sorridendo speranzoso. Ho sempre pensato che se la speranza avesse avuto un volto probabilmente avrebbe avuto il viso di mio padre.
"Si, certo, sicuro." Rispondo cercando di non mostrare il mio totale dissenso, passandomi una mano tra i capelli biondi.
Alla mia età non mi sarei mai fatta degli amici nemmeno senza agorafobia, figuriamoci avendola.
Non ho mai capito realmente se la mia patologia fosse stata influenzata anche dal non sapermi aprire con le persone. I miei ancor prima di avermi portata dallo strizzacervelli mi avevano auto-diagnosticato l'ansia sociale, io ero solo convinta del fatto che non mi piacessero le persone e che riuscissi a star meglio a casa leggendo i miei libri piuttosto che uscire e far finta che mi trovassi bene tra la gente. Volevo una vita all'altezza di Cecilia e Robbie, conoscere Mister Darcy, essere Elizabeth, dare feste a casa Gatsby. Volevo vivere in un romanzo di Hemingway e non posso far altro che immaginare tutto questo.
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Dopo circa un'ora ci ritroviamo nel Queens.
Dicono che sia uno dei quartieri più ricchi di New York, l'esatto opposto del buon vecchio Bronx.
Passiamo di fronte a Chinatown, Little India e a qualcosa che ricorda la Grecia.
A bordo di un autobus passiamo davanti ad alcuni musei ed alcuni parchi, dove ero sicura avrei passato la maggior parte del mio tempo libero, sempre se fossi riuscita a varcare la soglia, per avere un po' di pace quando non avessi avuto da studiare o da leggere l'ultimo romanzo di Stephen King.
"Ho sentito che Central Park è molto bello." Inizia mia madre cercando in tutti i modi di trovare un aspetto positivo.
"Si, anche io. Solo che se voglio andare da qualsiasi parte, devo partire il giorno prima per cercare di capire le coincidenze delle metropolitane." Risposi aspra.
I miei genitori si guardarono con fare interrogativo senza aggiungere nient'altro.
Forse per la prima volta nel corso della mia breve vita, hanno capito che voglio essere lasciata in pace.

Arriviamo di fronte ad una serie di appartamenti tutti uguali, ma molto eleganti e scendiamo dal taxi insieme alle nostre valigie.
Raggiungiamo la porta attraverso i tre piccoli gradini che sono di fronte a noi, entriamo e l'agente immobiliare ci illustra ogni angolo della casa oltre a darci informazioni su supermercati e negozi lì nei paraggi.
La casa è abbastanza grande ed è a due piani: al primo piano la cucina con la penisola, luminosa e arredata in modo moderno; la sala da pranzo, anch'essa luminosa con un grande tavolo tondo con sopra dei fiori e delle sedie di tessuto bianco e uno dei due bagni presenti nella casa. Al secondo piano il bagno e due camere matrimoniali.
Entro in una delle due camere passando per la porta di legno tinta di bianco e rimango affascinata dall'ampiezza della stanza: le pareti sono di un rosa pallido ed è subito visibile una grande finestra che illumina il letto matrimoniale con accanto un comodino, un grandissimo armadio ed una scrivania proprio di fronte alla finestra che si affaccia sul bellissimo panorama della città di New York. Bello, non c'è che dire. Sarà fantastico leggere romanzi qua dentro.

"..Oh hai trovato la tua stanza." Inizia papà.
Annuisco mettendo entrambe le mani nelle tasche posteriori dei miei Jeans chiari.
"Se, per.. voi va bene." Dico con tono incerto.
"Certamente" Dice mia madre prendendo mio padre a braccetto.
"Ci vediamo sotto per cena, ordiniamo la pizza. Tu organizza pure le tue cose." Sorride mio padre
"Va bene" Dico facendo un mezzo sorriso avviandomi verso la mia valigia, non appena sento la porta di quella che è appena diventata la mia camera chiudersi.

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Inizio a disfare la valigia, in attesa del camion del trasloco che sarebbe arrivato entro pochi giorni.
Divido le t-shirt dalle felpe e i maglioncini, i jeans dalle gonne e appendo i vestitini, che dubito mi serviranno, e sistemo le scarpe.
Riordino i miei libri di sociologia e alcuni dei miei libri preferiti sulla scrivania e tiro fuori delle fotografie da appendere alle lucine a led che erano già posizionate sopra la testata del letto.

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Finito di riordinare le mie cose, la camera è diventata un luogo sicuro, il mio luogo sicuro. Dove metropolitane, autobus, caos, chinatown e little italy possono essere accantonate per un momento e lasciar spazio alla mia amata città, Perth, ed i suoi meravigliosi abitanti.
Mi sdraio sul letto con le mani congiunte sopra la pancia e guardando il soffitto inizio a pensare.
Il pasticcio di carne australiano,il tè, l'accento del Sud, Koala e canguri.
Adesso devo abituarmi a fast-food e caffè annacquati. L'Australia mi sarebbe mancata un bel po'.
I miei pensieri vengono interrotti.
"Josephine! Vieni a cena".
Mi alzai e mi precipitai al piano di sotto.

let me love you | herophine Où les histoires vivent. Découvrez maintenant