4.3 - Il Tumulo delle Cascate Tristi

95 13 1
                                    

Un secondo fuoco ardeva ben più vivido all'interno, dove i banditi avevano allestito un vero e proprio campo. Pezzi crollati di muro erano disposti attorno al fuoco come sedie, e c'era un attrezzo per conciare le pelli, carne affumicata e appesa, pentole di ghisa e otri d'acqua e di birra stipati contro al muro. E in fondo, una barricata ben salda a chiudere la porta. Una scelta comprensibile: i Draugr erano in gran parte deboli, ma la superiorità numerica avrebbe sopraffatto anche i combattenti più esperti.

Controllarono quindi che l'accampamento fosse vuoto e in silenzio, lentamente, cominciarono a smontare la barricata. Troppo rumore avrebbe attirato i Draugr per cui furono attenti a smontarla un masso alla volta, pur utilizzando il doppio della fatica, e quando infine riuscirono a liberare un passaggio, accolsero tutti con gioia una meritata pausa.

Lotkir si servì allora delle provviste dei banditi e le distribuì ai compagni, ma sia Darilec che Vulthir vollero sedersi con gli occhi puntati verso la porta, per precauzione, e i loro discorsi non si allontanarono mai dalla missione. «Posso accendere una luce magica che ci segua, se serve, ma preferirei usare il fuoco. Abbiamo modo di portarlo?»

Vulthir si limitò a mostrargli le tre torce che teneva nello zaino, con stracci e olio in cui impregnarle. Lo Jarl era stato previdente. «Useremo le torce. I Draugr temono il fuoco e tu risparmierai Magika. Siete mai stati in un tumulo?»

«No.»

«No.»

Male. Si aggiustò sulla sedia come meglio poté. «Ci sono due cose fondamentali da tenere a mente in un Tumulo. Primo: rumore e movimenti. I Draugr sono sensibili a entrambi, ma sono stupidi. Dormiranno finché qualcuno o qualcosa non li avvertirà, ma sono ciechi. Se ci muoviamo lentamente e con attenzione, non ci vedranno nemmeno. Il problema è che non sappiamo quanto a fondo dovremo scendere per cui non possiamo lasciarci pericoli alle spalle. Dovremo ucciderli tutti.»

Lotkir si ritirò brevemente, Darilec invece si limitò a socchiudere le palpebre in un picco di concentrazione. Cominciava a piacergli il suo modo di rapportarsi alle situazioni. «Come?»

«Sono morti ma non scheletri. Hanno un cuore e un cervello, un colpo preciso li finirà, ma non hanno sangue né sentono dolore, per cui niente colpi alla giugulare o ferite superficiali. Piuttosto mirate agli arti e recidete i nervi, li rallenterà.

«Secondo» proseguì, visto che nessuno faceva domande. «Non sappiamo dove dormano né quali di loro siano effettivamente vivi, ma generalmente i corpi troppo decomposti non riescono a tornare in vita. Se quando passiamo non si svegliano, li uccideremo nel sonno. Se sono in piedi, ricordatevi di sorreggerli o cadranno e sveglieranno tutti i vicini.»

«E se si svegliano?» chiese Lotkir con una voce sempre più intimorita. La paura stava finalmente cominciando ad attecchire.

«Sei un ladro, vivi sul filo di una lama, non deludermi con quello sguardo. I Draugr sono deboli, te l'ho detto. Se si sveglieranno, combatteremo, tentando di attirarli il più indietro possibile perché il rumore non svegli quelli dopo. Io li affronterò e tu li tartasserai di frecce. Se non siamo abbastanza lontani, Darilec, attieniti a incantesimi deboli e assolutamente niente fulmini, fanno troppo rumore. Se conosci incantesimi di ghiaccio vanno benissimo, altrimenti supportaci e limita il fuoco a quando saranno in tanti o mi troverò anch'io circondato dalle fiamme, intesi?»

Darilec annuì con estrema serietà e Vulthir staccò finalmente un altro morso dalla carne essiccata.

«Terzo» riprese, masticando. «Le armi che portano sono ottime, per quanto vecchie, fate attenzione. Soprattutto le frecce, Lotkir. Se ne trovi, prendile. Tutte. E lascia il resto. Qualunque bottino possano avere, lo prenderemo al ritorno, altrimenti saranno solo un peso.

«Quarto...»

«Ma non erano solo due le cose?» lo canzonò Lotkir, in un vano tentativo di scacciare la paura. Vulthir lo ignorò.

«Quarto: la maggior parte dei Draugr sono creature insulse, ma se qualcuno lancia incantesimi o pare comandare gli altri, tutte le precauzioni precedenti cadono finché non si è eliminata la minaccia, anche a costo di svegliare mezzo tumulo. Trenta Draugr comuni possono essere distrutti da un solo fulmine, un Inquieto potrebbe riuscire a difendersi, un Fustigatore addirittura rimandartelo indietro.»

Finì la carne e bevve un lungo sorso di birra dalle dispense dei banditi. Non disse nulla di un Signore della Morte Draugr, ma dentro di sé raggelò al solo pensiero. Contro un Signore della Morte non avrebbero avuto speranze.

Quando furono tutti riposati, Darilec rievocò il lupo e tornarono alla porta. Essendo fatto di Magika, pelo e carne erano semitrasparenti e non c'era pericolo che ringhiasse o ululasse; perfetto per un lavoro silenzioso come quello. Vulthir ricontrollò le cinghie di scudo e armatura, impugnò la spada e prese posto davanti a tutti. Lotkir accese la prima torcia.

«State attenti e qualunque cosa accada, non gridate.» Aspettò che annuissero entrambi e si volse alla porta. «Che Talos vegli su di noi.»

I battenti si aprirono senza un cigolo, rivelando un corridoio in leggera discesa, ma assieme con esso, arrivarono anche l'odore di chiuso e di morte, che li investì come un'onda di piena. Ossa di tutti i tipi erano sparpagliate per il pavimento e un muro di pesante oscurità bloccava loro la via. Persino Vulthir, il cui cuore non era vacillato neppure di fronte al drago, ebbe un brivido.

Entrare là dentro avrebbe potuto rivelarsi un suicidio. Le articolate paludi di Mothar non si avvicinavano nemmeno lontanamente alla sensazione che procurava quel tumulo. Magia antica, potente, e morte. Un'immensa quantità di morte.

Volse a metà la testa per richiamare l'attenzione degli altri ma non distolse mai gli occhi dal buio. L'oscurità era tanto densa che avrebbe potuto essere nebbia. «Cambio di programma, Darilec» sussurrò, con voce appena percepibile. «Una sfera di luce a ogni curva e al minimo problema ci ritiriamo. Sono ciechi, non preoccuparti.»

Poté sentirlo esitare, ma alzò comunque il braccio e scagliò un globo di luce verde attraverso il corridoio. Per un attimo l'oscurità scomparve, mostrando loro tutti i suoi segreti, poi si richiuse sulla magia come acqua dentro a un canale.

Fu la scelta giusta. Il pavimento era disseminato di scheletri e due Draugr facevano la guardia a pochi passi da loro, immobili. Al primo passo li avrebbero notati.

Vulthir fece loro segno di non fiatare e diede la spada a Lotkir. Estrasse il pugnale, si avvicinò facendo attenzione a dove metteva i piedi e quando fu vicino trattenne il respiro e colpì, affondando il pugnale nel cranio. Il Draugr si afflosciò come un sacco di patate, segno che era morto, ma se anche lo afferrò al volo, il rumore fu sufficiente a svegliare il compagno. Vulthir adagiò il corpo a terra mentre l'avversario si risvegliava, con tutta la lentezza dei Draugr, e mentre gli occhi si accendevano di magia, gli piantò l'arma nel cuore, spegnendoli all'istante. Adagiò anche lui a terra.

«Ecco come si uccidono, ma non sarà altrettanto facile quando saranno in molti» bisbigliò. «Frecce e incantesimi saranno utili, ma un pugnale prima che si sveglino è il modo più efficace e più sicuro. Ogni cadavere che non sia scheletro, mi raccomando. Con questo buio non ci accorgeremmo di un attacco finché non sarà troppo tardi.»

Solo quando tornò a dar loro le spalle si concesse di calmare il proprio battere del cuore. Detestava i Draugr, ora lo ricordava.

The Elder Scrolls V - Skyrim (italiano)Where stories live. Discover now