Sara sembrò assentarsi per un attimo, come se si stesse concentrando sulla domanda che di li a poco avrebbe posto.

«E di questa cura cosa ricordi, di preciso?» ormai si era pienamente calata nel ruolo di dottoressa.

«Niente, assolutamente niente. Ricordo solo che papà mi fece distendere sul lettino il giorno prima di morire. Disse che non c'era più tempo, che non si poteva aspettare. Era come se...sapesse che stava per morire.»

Patrich sbarrò gli occhi e smise di raccontare, ormai aveva capito. Con lo sguardo cercò Sara.

«Penso anch'io Patrich. Tuo padre sapeva che sarebbe stato ucciso. Stavolta mi tocca crederti, non mi racconti cazzate. Dovrei avere più indizi per aiutarti.»

Il ragazzo si sollevò immediatamente dal divano puntando l'indice verso di lei.

«No, guarda, non pensarci nemmeno. Vuoi fare quella cosa che mi ipnotizzi, ma non ci pensare. So già quello che mi serve, basta questo. Devi solo ospitarmi giusto il tempo di organizzare le idee e poi me ne vado. Punto.»

Sara gli si era fatta più vicino, leggeva la sofferenza nei suoi occhi, Patrich non aveva intenzione di coinvolgerla in qualcosa che nemmeno lui conosceva. Era la sua unica amica, a lei teneva. Si era accorta di questo senso di protezione e ne fu compiaciuta, tuttavia aveva del tempo da dedicargli e di certo non si sarebbe limitata solo ad ospitarlo.

«Ok, decidi tu, io non ti forzo. Ma sappi che in questi giorni sono libera, quindi, adesso che mi hai messa in mezzo non pensare di poterti sbarazzare di me così. Siamo amici, non dimentico quello che hai fatto per me.»

Patrich arrossì al ricordo. Ormai erano passati due anni ma evidentemente per Sara il tempo doveva essersi fermato allora. Ricordava di come quella sera avesse fatto tardi a lavoro, stava pedalando verso casa, percorrendo la strada di sempre, quella che passa davanti al parco giochi di quartiere, ben lontano da casa di Sara ma molto vicino alla sua. Aveva notato che due uomini si stavano avvicinando ad una ragazza e che questa in risposta indietreggiava. Un camion lo aveva appena schizzato d'acqua, quando ebbe terminato di imprecare si volse nuovamente verso il parco: della ragazza e dei due uomini nessuna traccia. Perplesso si stava allontanando quando sentì un grido soffocato. Ricordava ancora mentre la donna veniva sbattuta a terra, le bloccavano le gambe, le sfilavano la gonna. Non esitò, lasciò cadere la bici a terra e tirò via i due uomini, sapeva di essere svantaggiato ma non poteva ignorare ciò che stava accadendo, usò la chiave inglese con tutte le sue forze, li affrontò, li colpì, li mise in fuga. Sara ricordava spesso di come malconcio, brandendo ancora l'arnese, le avesse detto «Il capo dice sempre...che un bravo. . . idraulico deve saper usare la chiave inglese.» Poi si era accasciato a terra, vicino a lei. Da allora erano divenuti quasi inseparabili. Spesso doveva essere Sara a trattenersi dal chiamarlo, non voleva rischiare di sembrare una cozza, al contrario Patrich era piuttosto freddo, non aveva necessità di un contatto né di sentire la sua voce. Bastava ci fosse quando la chiamava, saltuariamente. Ora, tutto pareva rivoltato: Patrich chiedeva un disperato aiuto, seppur non lo lasciasse intendere e Sara non sapeva di preciso cosa fare, tuttavia di una sola cosa era certa, semmai fosse andato in Belgio lei lo avrebbe accompagnato.

«Senti, facciamo così, stanotte dormi tranquillo e pensa a cosa vuoi fare, così domani ne discutiamo con calma e troviamo la soluzione migliore. Ok?»

Iniziò a disfare la valigia. Dapprima la foto del padre, che poggiò sul tavolino lì accanto, quindi tolse le camicie, un paio di maglioni pesanti e tre paia di jeans. Adorava i jeans. Durante le operazioni Sara lo osservava e si era accorta di non essere contraccambiata, i suoi sguardi rimanevano sospesi. Un po' ci era rimasta male, ma sapeva di essere egoista, per quanto tentasse non riusciva a mettersi nei suoi panni e questo in parte la infastidiva, era il suo lavoro capire gli altri. Notò che i suoi capelli erano ancora umidi, lo prese per mano e lo accompagnò in bagno, accese il phon passandolo a casaccio sui capelli cortissimi e scuri. Patrich continuava a fissare il pavimento. Poi si accomodarono in cucina, una tazza di tè caldo e una fetta di torta di solito servivano a tirarlo su di morale, ma niente.

GLENVIONWhere stories live. Discover now