Ricordi azzurri

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Tu eri su di un lettino. Eren ti teneva la manina stretta nella sua. Non eri abituato a vedere Eren più grande di te. Al principio avevi il doppio della sua età. Ma ora i ruoli erano scambiati. Erano passati più di milletrecento anni. 1347 per la precisione. I tuoi genitori erano morti l'anno stesso, ed ora eri ospite in un convento. Una volta avevi chiesto ad una monaca come fossero morti i tuoi genitori. La donna si era messa a piangere. Tra i singhiozzi aveva balbettato qualche parola "Mi dispiace..." oppure "Non doveva andare così..." e poi aveva detto, con un tono di voce che hai sentito appena, due angoscianti parole. Tu le avevi ripetute senza comprendere "Peste... Nera?" "Capirai... da grande..." aveva singhiozzato la donna.
Ma tu, grande, non lo diventasti mai.
Così l'epidemia di peste colpì anche te, come un fuoco si dilaga, la morte nera colpì anche un bambino di appena nove anni.
Vestivi di stracci, il tuo solo avere era un coniglio azzurro in pezza. O almeno al principio era azzurro, ormai era diventato grigio per il lerciume, un occhio era mezzo scucito ed era rattoppato sulla pancia.
Tu Eri magro. Denutrito. Le gambe secche spuntavano dalla camicia da notte come due fiammiferi. I capelli erano lunghi ed incolti, il volto sporco. Ovunque, sul tuo corpo fragile, erano nati bubboni, pustole dolorose e grandi, le peggiori, come il tuo pugnetto chiuso. Piangevi spesso. Il dolore era lancinante, non potevi più dormire col tuo coniglio di pezza perché stringerlo ti feriva. Avevi la febbre alta, sui quaranta, eri scosso da tremori improvvisi e non riuscivi a reggerti in piedi.
Una sera, l'ultima, un uomo si presentò al convento. Era appena ragazzo, non era malato, anzi era bellissimo. I suoi capelli castani erano folti e curati, gli occhi brillavano e la pelle pareva splendere. Chiese di te, arrivò al tuo lettino e ti svegliò teneramente. Era Eren. Prese la tua mano nella sua e cominciò a dirti cose dolci, a raccontarti storie antiche millenni e canzoni sul coraggio e sull'amore. Le sue mani erano grandi, dalle dita affusolate. Aveva un callo sul medio, come tutte le persone che sanno scrivere. Il freddo del convento venne rimpiazzato dal caldo del suo cuore. Passasti la tua ultima notte ad ammirare Eren. Per poi spegnerti con la mano ancora stretta nella sua. Ma non prima di aver pronunciato due parole "Senza fine" ed avere le stesse in risposta.

Il colore dei ricordiWhere stories live. Discover now