Parte 1

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Mechelen, Belgio. Anno 1569 (PROLOGO)

Terra intrisa di sangue, brandelli di carne, una moltitudine di cadaveri. Tutti i cavalieri sono caduti, eccetto tre. Spalla a spalla fronteggiano gli ultimi nemici, le loro spade ormai pesanti si levano a fatica e li difendono con rabbia da uomini meschini e avidi di potere. Con una resistenza disperata si tengono ancora in vita, lo sforzo tuttavia è immenso, troppe le perdite e il nemico più forte del previsto. La chimera, il motivo per cui l'ordine è stato fondato, si sta ora dileguando davanti ai loro occhi. In lontananza alcuni uomini fuggono; guadano il piccolo fiume sostenendo il prezioso carico in quattro, forse cinque: questo è inerme, impassibile, incapace, forse, di opporsi al proprio fato. A poco a poco scompare alla loro vista, tuttavia il suo bagliore, la luce dorata, persiste per alcuni minuti, lasciando una scia che il loro sguardo possa seguire. Quella scena si imprime nelle loro menti, , mai la dimenticheranno. L'ultimo dei nemici ora cade sotto la lama di Carlo Quinto, mentre Filippo e Francesco Maria si abbandonano, logori dalla fatica, ripongono la fiducia nel loro compagno, alla cui forza affidano l'ultima estenuante difesa. Ormai non si ode più il sibilo delle lame che fendono l'aria, la morte ha portato il silenzio.

«Carlo, placa la tua ira, ormai è finita, l'hanno preso!» urla una voce sofferente alle sue spalle.

L'imperatore estrae la spada dal torace dell'ultimo uomo ormai a terra, le gambe instabili per la stanchezza, ansimante si volta con fatica.

«Filippo, non abbiamo perso solo quello, guardati intorno! Tutti questi giovani, le loro speranze, li abbiamo delusi e hanno pagato con la loro vita. Non doveva accadere, eravamo così vicini, potevamo finalmente riprenderlo.»

Si lascia cadere a terra, accanto a lui il corpo esanime di un ragazzo, ne accarezza il volto ormai gelido, non ne conosce il nome ma gli basta sapere che combatteva al suo fianco.

«Abbiamo sbagliato ancora, per l'ennesima volta. Possibile che il destino ci abbia voltato le spalle? Eppure per giusta causa combattiamo, per il bene comune stiamo sacrificando innumerevoli vite. Che la nostra forza non sia sufficiente? No, non oso crederlo» insinua con voce tremolante Filippo.

Francesco Maria, il più provato tra i tre sopravvissuti abbandona il capo ormai pesante sulla spalla di un suo seguace, quasi voglia rincuorarlo e scusarsi con lui, quindi risponde alle perplessità dei compagni.

«Voi, uomini dal talento e forza straordinari, perché vi compiangete? Tu, grande Carlo Quinto, ti rendi conto di quale sia il tuo potere e quale vasto impero governi? E tu, Filippo di Borgogna, hai fondato quest'ordine e ci hai resi partecipi di un miracolo. Sappiamo di cosa sono capaci persone come noi e se facciamo uso delle nostre virtù nel giusto, nessuno e niente può fermarci, nemmeno al destino è concesso di opporsi.»

Si solleva, il suo contributo in guerra non è stato all'altezza delle aspettative e di ciò prova immensa vergogna, tuttavia del tesoro non tutto è stato perduto. Alcuni frammenti sono sparsi a terra, li osserva intensamente, guarda Filippo e con passi pesanti gli si fa in contro.

«Ascoltate, io sono il solo responsabile della disfatta, lo so. Il mio compito era di fornire armi resistenti ed efficaci, ma come abbiamo visto, i nostri avversari erano ben più corazzati di noi. Non è stato il destino a voltarci le spalle, né la natura ci è contro, dato che la nostra vita si sta protraendo oltre il volere del buon Dio. La nostra è mancanza di esperienza, per questo compito abbiamo bisogno di tempo e di prepararci meglio. Che questa sconfitta ci serva da monito.»

Francesco rovista tra i corpi, il suo sguardo cerca qualcuno in particolare che durante lo scontro gli era vicino, esamina il tappeto di corpi su cui delicatamente pone i piedi, infine si arresta, cambia direzione e lo raggiunge. Un uomo dal volto irriconoscibile giace privo di vita, una sacca al collo. Francesco si sente mozzare il fiato; il giovane la stringeva con le braccia, nemmeno dopo morto l'avrebbe lasciata ai nemici, quasi fosse il tesoro della sua vita. Con solennità e rispetto allarga le braccia del cadavere, ponendole a terra. Apre la sacca e ne estrae fogli di pergamena arrotolati, si lascia scivolare sulle gambe sedendogli accanto.

GLENVIONDär berättelser lever. Upptäck nu