Capitolo 2

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-Signorina?- aprii gli occhi infastidita mentre qualcuno mi strattonava la spalla. Perché mai svegliarmi? Quella cosa di poggiarmi la mano sulla spalla e muovermela mi ricordava vagamente mia madre quando la mattina non volevo andare a scuola. Credo che una volta la mandai a farsi fottere, probabilmente più di una volta. Stavo per fare lo stesso. Le cuffie erano infilate nelle orecchie senza che riproducessero alcun suono, avevo i piedi poggiati sui bordi del finestrino e mi sentivo in preda ad un’incazzatura che stava per superare ogni limite.

-Signorina si svegli. Siamo a Londra.- la voce melodiosa del mio compagno di viaggio risuonava in tutto il vagone. Mi convinsi di odiare quel suono. Non riuscivo ad uscire da quella specie di coma che mi aveva investita improvvisamente. Avevo davvero dormito per tutto il viaggio?

-Si sbrighi, siamo arrivati alla stazione.

-Ma si può sapere perché mi dai del ‘lei’? Non ho di certo ottant’anni!- lo guardai di sbieco mentre recuperavo le mie cose. Non volevo scendere da quel treno. Non avevo la benché minima idea di dove andare e mi ero anche rifiutata di prendere un recapito telefonico per rintracciare mia nonna Amy.

Il ragazzo sbuffò e uscì dal treno. Mi sentii come una povera scema rimasta da sola a contemplare la mia valigia. Era assurdo. Anche gli sconosciuti facevo scappare. Decisi di prendere un taxi con i pochi spiccioli che Kat mi aveva dato. Il mio inglese non era dei migliori ma me la cavavo. Avendo mia nonna Amy in Inghilterra era necessario che sapessi mettere su una frase di senso compiuto. Alle medie poi l’inglese era la mia materia preferita, ero davvero brava ma con il passare degli anni quella passione per la lingua straniera era un po’ scemata insieme all’interesse per la musica. Due anni fa, poco prima dell’incontro con Manuel ero decisa a cambiare scuola, il liceo non faceva per me, era di questo che volevo convincermi. Chiesi a Kat di farmi cambiare scuola. Iniziai a seguire Manuel in giro per la strada e mi appassionai ai suoi murales. Ricordo quando ne feci uno per la prima volta.

-Dai vuoi provarci?- Manuel mi guardava con i suoi occhi neri intensi.

-Non so se ne sono capace- gli avevo detto con tutta onestà. Nelle sue mani quelle bombolette sembravano la cosa più incantevole del mondo, ma quando la presi il freddo e la puzza dello spray mi fecero pensare che forse non ero adatta. Ci provai comunque, feci pressione col dito e lo spruzzo rosso fuoco balzò fuori impregnando il muro. Disegnai una rosa, una rosa rossa a cui mancava un petalo. Da quel momento iniziai a disegnare ovunque. Quando Kat usciva spostavo la libreria nella mia stanza e con il pennarello nero riempivo il muro di scritte e piccoli disegni. Forse se n’è accorse, o forse no. Resta di fatto che la mia stanza era diventato un laboratorio d’arte. Disegnavo sui fogli quello che poi avrei riportato sui muri, e la rosa divenne il mio simbolo, la mia firma accompagnata dalla scritta “Acca”. Manuel mi aveva dato quel nome. Spesso, quasi sempre, le persone mi chiedevano:- Christina con l’acca?- e molte volte scrivevano il nome senza la lettera h senza nemmeno chiedermelo. Così Manuel ebbe la brillante idea di chiamarmi come nessuno mi avrebbe chiamato mai. Acca. Portavo con me sempre un pennarello e una bomboletta rossa. Non camminavo mai senza, nemmeno per andare dal dentista. Dopo che Manuel se ne andò fui certa al cento per cento di voler fare la scuola d’arte. Ci misi due mesi per convincere mia madre ma alla fine, suo malgrado, dovette accettare la mia richiesta e ora eccomi che frequento il terzo anno di una scuola in cui l’unica materia che si salva è, appunto, disegno. Delle lingue nemmeno l’ombra. Per fortuna.

Casa di mia nonna era a quattro isolati dall’aeroporto, avrei preferito che fosse venuta a prendermi lei direttamente senza dover farmi prendere un taxi, ma evidentemente a Londra queste cose non erano solite. L’autista mi lasciò davanti a una villa enorme a due piani e con una bellissima piscina interrata. Pensai che si fosse sbagliato a lasciarmi lì, feci qualche passo verso il cancello verde e mi appoggiai con il viso per guardare quanto lusso ci fosse lì dentro.

Drawing. || Harry StylesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora