~Capitolo 32~

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Durante la nostra vita, anche se siamo felici, ci capita spesso di pensare se effettivamente stiamo vivendo la vita che vogliamo; se abbiamo visto abbastanza tramonti, o se abbiamo scattato abbastanza foto. Non ne abbiamo mai abbastanza perché sono tutte piccole cose che ci rendono vivi e liberi.
Ma quando tutto questo potrebbe non essere più possibile, quando d'un tratto tutto si ferma: i pensieri, le risate, le parole?
Mi resta impossibile riuscire a dormire di notte senza avere il rimorso di non aver parlato abbastanza con Jay, per non avergli detto tutto quello che sentivo, che non mi piace il latte o che amo alla follia il colore blu. E sì, sono cose stupide e senza senso, ma quando si pensa di avere tutto il tempo a disposizione ci si dimentica di quello che è importante, si dà per scontato, ci diciamo "glielo dico domani", "dopo", "quando ho voglia". Ho capito che non esiste il "domani", ma che la vita è oggi.
L'orologio della mia stanza continua a fare quel rumorino fastidioso che segna il passare dei secondi, dei minuti, delle ore, anche se in questo momento sembra che il tempo non passi mai.
Tutti sono preoccupati per me e vogliono assicurarsi che io stia "bene", come se potessi.

8:37.

Dopo aver dormito due ore sono pronta ad affrontare la realtà e ad andare da Jay per sostenerlo in caso si svegliasse.
Scendo dal letto e dopo una doccia rigenerante mi dirigo verso la sala che ovviamente è colma di persone, tra cui anche Allison ed Erik.
"Sei sveglia!" Alli mi corre incontro abbracciandomi forte.
"Sì...più o meno..." rispondo un po' assonata "...ma tu da quanto sei qui?" Aggiungo alla fine.
"Sono qui da sta mattina, ho saltato scuola per starti vicino, come Erik d'altronde."
Fece per indicarlo, ma me lo ritrovo accanto.
"Ei...come stai?" Mi chiede con un mezzo sorriso, anche se era evidente stesse molto male.
"Non c'è bisogno che fingi con me, fratellino... manca anche a me, ma vedrai che ce la farà..." lo stringo a me, e per una volta cerco di essere io quella che consola. Nonostante la sua notevole altezza, in quel momento sembrava piccolo e mi rendeva ancora più triste vederlo così.
Papà si avvicina a noi da dietro, accarezzandomi la testa e appoggiando una mano sulla spalla di Erik, mentre mamma mi guarda come per dirmi di restare forte, perché il migliore amico di Jay ne aveva veramente bisogno.
Decidiamo quindi di andare tutti in ospedale e sperare in buone notizie e miglioramenti della sua condizione.
Il tragitto in macchina sembra durare in eterno, e sicuramente il traffico infernale di prima mattina non migliorava le cose.
Nessuno aveva osato dire qualcosa, perché sapevamo tutti che disperarsi non era più utile, neanche per me che il giorno prima avevo perso coscienza.
Odiavo quell'edificio più di qualsiasi altra cosa, rappresentava uno strano misto tra vita e morte, e quell'odore all'interno era nauseante.
C'incamminammo verso la sua stanzetta a passi spediti, come fossimo convinti che lui era lì sveglio ad aspettarci...ma la realtà era tutt'altra.
Nulla era cambiato, niente miglioramenti, Jay non dava segni di poter respirare da solo o che avrebbe ripreso coscienza. Stava lì immobile nella stessa posizione di ieri, con gli stessi dannati tubicini nel suo corpo.
"Non ce la faccio..." mormoro tra le lacrime.
Mi allontanai e cercai un bagno dove potevo essere da sola. Pensavo di essere forte, speravo di dimostrare a me stessa che ce l'avrei fatta senza infiniti pianti, ma è facile parlare, era facile mentre lo dicevo lontano da lui.
Vederlo così mi rendeva inutile, non potevo fare niente per aiutarlo, ma sapevo di dover stare vicino a lui e che in caso aprisse gli occhi fossi tra le prime persone che lui avrebbe visto, come per dirgli "io c'ero, e ci sarò, sempre."
Raccolsi tutta la forza che avevo e tornai al suo letto, seguita dalle occhiate di tutti i conoscenti che però questa volta non dissero nulla, sapevano che avevo bisogno del mio spazio e dei miei tempi.
"Le condizioni di Jaydon purtroppo per adesso non sono migliorate, stiamo analizzando il suo percorso e temo che potrà avere delle conseguenze, anche gravi, in futuro, legate alla respirazione e coordinamento muscolare." C'informa il dottore mentre legge il suo fascicolo.
"...però c'è anche la possibilità che con un buon fisioterapista e le giuste cure mediche tutto si sistemi." Aggiunge per darci anche delle buone notizie.
"Tutto questo sempre se si sveglierà...giusto?" Chiede in lacrime la madre di Jay che era rimasta lì tutta la notte con lui.
Il dottore risponde con un cenno del capo e se ne va.
Non accettavo l'idea della sua morte, quindi speranzosa e ottimista allo stesso tempo, mi misi a cercare i nomi dei migliori fisioterapista di San Francisco mentre facevo un po' di compagnia a sua madre.
Nel frattempo la mia famiglia, a parte Erik e Allison, se ne andarono.
"Erik, guarda!" gli dico mentre gli faccio vedere qualche informazione su un buon fisioterapista che avrebbe potuto aiutare Jay anche da casa sua. Lui fa di sì con la testa, ma so che è preoccupato e che le mie ricerche per lui sono inutili fin quando Jay non si sveglierà.
Mentre scambio le idee con sua madre, per distrarla un po', all'improvviso sento il suono che più mi avrebbe spaventato.
Il cuore di Jaydon aveva smesso di battere.

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EEEI! NON SO SE VI RICORDATE ANCORA DI ME, È PASSATO TANTISSIMO TEMPO, QUINDI NON STARÒ QUI A SCUSARMI COME SEMPRE PROMETTENDOVI COSE CHE MAGARI NON MANTERRÒ.
SAPPIATE CHE COMUNQUE NON TROVAVO PIÙ ISPIRAZIONE, NÉ VOGLIA DI SCRIVERE UNA STORIA CHE NON MI CONSIDERAVO PIÙ MIA.
ORA STO CERCANDO DI RIMEDIARE E RIUSCIRE A DARE UN FINALE E SPIEGAZIONI AL TITOLO E ALLA STORIA "LIKE A TATTOO."

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