Capitolo 12. La nebbia

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«Capitano, siamo certi che non si tratti di un fenomeno naturale» esordì il mezz'elfo, facendosi largo nel tumulto di cui era diventata preda la nave. Intorno a lui, i marinai correvano frenetici da una murata all'altra, abbaiando e rispondendo agli ordini, mentre la Crocevia rallentava adagio per potersi fermare a poco più di un miglio dalla nebbia. «Le volute sono senz'altro opera di un incantatore, difficile però dire se divino o arcano. Ciò che è certo, è che quella ha tutta l'aria di essere una trappola» continuò Daniel, raggiungendo il capitano. Dietro di lui, Jord e Spock procedevano affiancati, consultandosi a bassa voce sulle rispettive considerazioni.

Morven li aspettava accanto al cassero circondato dagli avventurieri, ora però armati e pronti a quello che aveva tutta l'aria di essere un agguato. «Siete in grado di fendere quella nebbia e riferirci cosa ci attende?» chiese spiccio, con lo sguardo ancora rivolto alle volute candide e misteriose.

«Purtroppo non con esattezza» rispose Jord, rammaricato. «Si tratta di conoscenze molto rare, che nessuno di noi possiede.»

Spock annuì per conferma, Daniel sbuffò. «Come dice il nostro Jord, per il momento non ci è possibile. Però possiamo renderci utili in altro modo.» Si voltò ancora a osservare la massa innaturale, ammirando quelle volute che turbinavano sul pelo dell'acqua, nascondendo il ponte e ogni minaccia che questo poteva ospitare. «Se riduciamo la distanza tra noi e il muro di nebbia, possiamo comprendere se dietro di esso si cela della magia. Un vantaggio che potrà tornarci utile, se dovesse rivelarsi davvero una trappola.»

Morven corrugò le sopracciglia. «Ridurre la distanza? Quanto vicino volete arrivare?»

«Se ho capito quello che suggerisce Daniel, una ventina di metri come minimo» rispose Jord, accogliendo un cenno affermativo anche dal druido.

«Venti metri? Follia! A quella distanza sarà impossibile invertire la rotta in tempo» esclamò il capitano, gesticolando nervosamente. Quel movimento irrequieto delle mani era l'unico segno di preoccupazione che l'uomo si concedeva, abituato com'era ad essere pratico e reattivo anche e soprattutto in situazioni come quella.

«Purtroppo non c'è altro modo» scosse il capo il mezz'elfo. «O così o ci toccherà attendere che sia la minaccia ad avvicinarsi a noi.»

«Allora attenderemo» sancì Morven, fissando il mezz'elfo negli occhi. «La nave non proseguirà finché non saremo certi che l'eventuale minaccia sia cessata. A voi il compito di evitare che corra rischi fintanto che ci troviamo su questo lato.» Poi si volse verso il resto della compagnia, puntando lo sguardo sul ranger e sul guerriero. «Vi lascio piena libertà per organizzare la difesa. Dividete le vostre forze nel modo che ritenete più opportuno, a patto che proteggiate il carico e tutti i miei uomini.»

Jake annuì. «Faremo il possibile per garantire entrambe le cose.»

«Vi chiedo di fare anche l'impossibile» rispose il capitano con sguardo cupo, prima di voltarsi e dirigersi nuovamente sul cassero, al posto di comando.

Jake e Ben fecero cenno ai compagni di radunarsi, per stabilire una strategia di difesa ottimale. Mentre discutevano però, la voce della vedetta attirò ancora una volta l'attenzione della nave. «Capitano, qualcosa si muove nella nebbia!» gridò l'uomo dal cassero, indicando le volute turbinanti. Tutti gli sguardi vagarono fino al punto segnalato, individuando una zona dove il banco di nebbia cominciava a ritrarsi. «Si tratta di una nave, capitano!» urlò ancora la vedetta. «Viene verso di noi!»

La prua di un'imbarcazione fendeva in quel momento la nebbia, mostrando il legno sbeccato dalle intemperie e la graziosa sagoma di una polena dalle sembianze di una fanciulla a cavallo. «Sembrerebbe una nave di Stormville, capitano!» aggiunse l'uomo, aguzzando la vista per riconoscere il simbolo tipico delle navi della città mercantile. «Forse non si tratta di una minaccia!»

Nel sangue e nel fuoco - Cronache di Irvania IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora