“Io ho finito qui.”

Taehyung si alzò da tavola e gli occhi di tutti lo seguirono fino alla porta. Il ragazzo si sforzò di camminare lentamente, ma quando fu fuori dalla stanza si allontanò a grandi falcate. Se fosse rimasto un secondo di più sarebbe scoppiato a ridere, o peggio. Avrebbe chiesto scusa.  

Ormai era fatta, inutile rimuginarci. Aveva il secondo tormentone dei suoi pensieri notturni di cui occuparsi, adesso.

Taehyung ci mise un po’ a cercare un inserviente che non fosse indaffarato, ma riuscì a farsi accompagnare fuori dalle mura del castello. Da lì in poi proseguì da solo, dritto nello spiazzo erboso dove si allenava l’esercito.

L’area era vasta ed era seminata da tante piccole tappe. Ce n’era una per il combattimento corpo a corpo, una per le frecce, una per le spade, e le nuove reclute andavano da una all’altra.

Taehyung sospirò ancor prima di essere arrivato: il verde degli alberi era così smagliante da far male agli occhi e la gente che c’era era vestita tutta con gli stessi colori. Trovare ragazzo-spia sarebbe stato come cercare un ago nel pagliaio.

Gli ci vollero almeno cinque minuti, ma alla fine lo trovò. Si trovava nella tappa del tiro al bersaglio, una delle meno gettonate. Prima ancora di riconoscerne i lineamenti, Taehyung lo riconobbe dal modo in cui si stagliava nell’aria, sottile, tagliente, esattamente come i coltelli che stava lanciando. Ne aveva tra le mani almeno cinque e ne tirava uno alla volta, concentratissimo. Gli uomini attorno a lui lo fissavano con una buona dose di circospezione, ma la mascheravano con la scusa del sole negli occhi. L’unico entusiasta era un vecchio cavaliere venuto a sovraintendere gli allenamenti.

“Bravo il nostro cacciatore!” fece quando anche l’ultimo coltello andò a segno. “Tirare frecce tutta la vita serve a qualcosa, eh?”

“Non sono un cacciatore.”

Jungkook andò a recuperare i coltelli e li staccò dal bersaglio con più cattiveria di quanta ne servisse. Stava già per chiedere chi era il prossimo quando una mano irruppe nella sua visuale e prese l’ultimo coltello prima di lui. Jungkook alzò lo sguardo così velocemente che una persona normale si sarebbe presa uno strappo alla palpebra. 

Il principe gli porgeva il coltello dalla parte del manico. Aveva un’espressione tormentata e il paio di occhi più chiari e non-azzurri che Jungkook avesse mai visto.

Erano così anche la notte prima? Non ci aveva fatto caso.

“Possiamo parlare?”

“E di che?”

“Ieri sera-”

“No.”

“Ti prego.”

“Per l’amor di Di- Voi siete il mio principe. Ordinatele certe cose, non dovete mica stare a sentire le opinioni degli altri.”

“Dobbiamo parlare, allora.”

“Meglio.”

Jungkook si riprese l’ultimo coltello e scagliò l’intero mazzo con una mano sola. La pioggia di lame arrivò ai piedi di tutti quegli stoccafissi che stavano fissando lui e il principe con i punti interrogativi stampati in fronte. Non c’era modo di non riconoscere Taehyung con quel mantello blu.

Taehyung e Jungkook si incamminarono, alla ricerca di un po’ di privacy. Non conoscendo minimamente il posto, il primo lasciò che fosse l’altro a fare strada.

L’erba diventò sempre più alta, gli alberi andarono alla deriva. Ragazzo-spia si guardava attorno tutto il tempo e Taehyung non capì cosa stesse aspettando fino a quando non lo vide fermarsi sul posto e fischiare un paio di note.

THE SLEEPLESS KING (Libro 1) (BTS FanFiction - Taekook)Where stories live. Discover now