La sua testa si voltò di poco, guardando il mio arco. "Meglio prevenire che curare, non credi?" Dissi, tenendo ben saldo l'arco.

"Clayton non cambierà mai." Rise "Ma nemmeno io." Con un solo movimento premette un bottone rosso al muro, prima di non sentire più il pavimento sotto i piedi, e cadere nel nulla.

Udii le grida dei miei amici seguite dalle mie, per poi cadere pesantemente sul pavimento polveroso.
Mi lamentai dal dolore, il fianco bruciava proprio come il braccio e la gamba destra.

Provai a regolarizzare il respiro troppo pesante, guardando il soffitto.
Con l'aiuto del muro, estremamente umido, riuscii ad alzarmi, poggiandomi su di esso e guardarmi attorno.

Dei grandi vasi, che emanavano un grande fuoco, erano posti ai lati di un portone gigantesco color amaranto.
Il pavimento era sabbioso e tutto intorno a me sembrava un sentiero color marrone chiaro, che portava ad una meta sconosciuta.
La telecamera che avevo alla maglia era distrutta per terra e, di conseguenza, l'auricolare era fuori uso, dato che era collegato alla piccola telecamera.

Mantenni la calma, constatando che l'arco e le frecce erano ancora assieme a me. Avanzai con cautela, udendo solo il rumore dei miei passi.

Molte asse di legno erano posizionate al muro, emanando luce grazie al fuoco che bruciava su di esse.
"Ti piacciono gli enigmi, vero?" Sobbalzai, non appena un uomo, con addosso un grande e pesante mantello nero mi parlò.
"Chi sei?" Chiesi, puntandogli contro l'arco.

"Lui ci tiene molto a quello che c'è qui dentro. Per questo sei qui." Non sembrò essere minimamente spaventato dalla arma che avevo in mano, anzi...continuava a mantenere la sua posizione ben salda.
"Rispondi alla mia domanda." Scandii bene ogni singola parola, cercando di non far trasparire nessuna emozione.

"Mi chiamo Fred, ma sono il guardiano della ricchezza che si cela dentro queste porte." Respirai profondamente, osservando la porta di metallo.
Ma questi sono malati? Pensò il mio subconscio.

"Smettila di recitare." Provai a non gridare e, soprattutto, di non farmi sopraffare dalla rabbia e dalla paura.
Ero sola...completamente sola.

"Non sto recitando, noi siamo pazzi di natura." Sorrise inquietantemente, indietreggiai appena rimanendo sul chi va là assieme al mio arco.
"Sei qui giù per un motivo...forse perché sei la più abile tra tutti. Ma a noi non piace dare le cose con semplicità. Ci piacciono le cose difficili." Ascoltai attentamente ogni singola parola, cercando qualsiasi cosa che potesse essere un punto debole per l'uomo difronte a me.

"Quante opere scrive Platone?" Chiese subito.
"36" risposi senza esitazione.
"Il numero dei re di Roma." Continuò deciso.
"Sette." Mi immersi completamente nel gioco, come se fossi ipnotizzata dalla conoscenza.
"Quante frecce può contenere una faretra." Guardò dietro le mie spalle, guardando, appunto, quest'ultima.
"Massimo trenta." Assottigliai gli occhi, curiosa.

"Perché tutte queste domande?" Ma prima che mi potesse rispondere la porta si aprì immediatamente, rivelando una stanza, circolare, con intorno un sacco di statue, rappresentanti i maggiori esponenti della storia e filosofia.

Al centro della stanza si trovava un grande pilastro, con sopra un libro, molto antico e altrettanto spesso.
"La vostra ricompensa." L'uomo di poco fa mi indicò lo strano libro color oro. Spalancai gli occhi, incredula.

"Questo è quello per cui siamo venuti qui?"

"Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario..." mormorai, prima che le potesse fare lui, il nome di colui che citò questa frase ovvero Primo Levi, vedendo un grande sorriso apparire sulla sua faccia.

Holmes ChapelWhere stories live. Discover now