"Quindi è colpa sua, se Paulo adesso sarebbe capace di berlo anche mentre dorme?"

Ride ancor più forte, annuendo semplicemente.

"Vieni qui, ti faccio vedere" dice poi, cominciando a mostrarmi i vari passaggi per prepararlo.

Quando è pronto, richiama a rapporto i presenti, che in pochi attimi sono intorno a noi.

Paulo aveva deciso, l'ultimo giorno trascorso a casa mia, di partire per Londra, approfittando degli ultimi giorni di vacanza concessi dal mister, dato che i suoi ragazzi, come li chiamava lui, avevano conquistato lo scudetto una settimana prima del previsto. Lo aveva fatto principalmente per coloro che, dopo il campionato, sarebbero partiti per le loro nazionali, prima di affrontare il mondiale.

L'università non mi avrebbe permesso di seguirlo, cosa che invece si stava organizzando di fare l'intera famiglia di Paulo e tutti gli amici più stretti.

Dopo questa vacanza, la vittoria del campionato e la festa scudetto, ci saremmo divisi, fino alla fine del suo mondiale, se non oltre, vista la mia sessione estiva, che non sarebbe terminata prima di metà luglio.

Per questo avevo praticamente sfanculato le ultime settimane di lezione, prima dell'inizio della sessione d'esami.

"Allora godiamoci tutti questi giorni insieme. Andiamo dove vuoi. Ti porto dove vuoi. Facciamo tutto quello che vuoi", mi aveva detto un paio di giorni prima.

Aveva sorriso, al mio desiderio di andare in qualunque posto, ma non solo noi due, perché per quel genere di cose, avremmo avuto il nostro tempo, ma con le persone che desiderava avere di più con lui. E così, nel giro di una notte, aveva radunato sua madre, i suoi nipoti preferiti e i suoi migliori amici.

Lo aveva proposto anche a mio fratello, e poi a mia madre e mio padre, ma il lavoro continuava a tenerli bloccati tutti.

"Vuoi assaggiarlo davvero?", chiede Paulo, mente mi affianca sulla panca.

Sapeva quanto poco amante del thè fossi, ma ricordava anche quanto la cosa mi incuriosisse.

"Ti ho chiesto di farlo centinaia di volte, quando lo preparavo io a casa e mi hai sempre detto no. Ora che lo fa mia madre..." afferma, a metà tra l'offeso e il divertito.

"Appunto, ora che lo fa tua madre... mi fido" confesso, dandogli un pizzicotto sul fianco.

I presenti scoppiano a ridere, mentre io mi godo Paulo che mette il muso, come un bambino.

"Dai broncio, sto scherzando" dico ancora, più vicina a lui.

Bevo un sorso dalla sua cannuccia e tazza personalizzate, con tanto di iniziali e numero dieci incisi sopra, sotto lo sguardo attento di tutti, che poi scoppiano a ridere di fronte alla mia espressione tirata, mente il sapore aspro e forte si fa spazio nel mio palato.

Schiocco la lingua un paio di volte, cercando attentamente di affiancare il gusto ad un qualcosa di già provato, senza riuscirci.

Non era poi così male.

"Mi piace", confesso, sorridendo e tirandomi da parte la sua tazza.

Lui sospira, sconfitto, poi ruba il bicchiere a Dolores, impegnata a fargli storie con il suo nuovo cellulare, ultimo regalo del suo zio prediletto.

Amavo il loro rapporto, avendo sempre sognato di averne uno così.

Nella mia famiglia, ero sempre stata la più piccola, l'ultima arrivata, e da tale trattata.

Non che questo abbia avuto un riscontro negativo, anzi, ero sempre stata la più amata e coccolata.

Ma essere la più piccola anagraficamente significava non essere inclusa nelle uscite tra cugini grandi, se non da qualche anno a questa parte, quando grande ci ero diventata anch'io.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora