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"Per questo siamo in grado di metabolizzare incredibili dosi di infelicità scambiandole per il doveroso corso delle cose: non ci sfiora il sospetto che nascondano ferite da curare, e fratture da ricomporre."

Mario

Mario osservò Claudio seduto alla sua scrivania. Era concentrato nella lettura di qualcosa al computer, la fronte aggrottata e la guancia posata sul palmo della mano. Si era trasferito a Milano ormai da un mese, Mario, e da un mese Claudio aveva cominciato a collaborare con lui e ad aiutarlo nella pubblicazione del suo nuovo romanzo. Era bellissimo lavorare con lui, Claudio capiva sempre ciò che fosse meglio per Mario e per la sua carriera. E poi tutti i membri della sua casa editrice lo avevano accolto benissimo e ormai lo adoravano.
"Ti richiedono per un'intervista lunedì pomeriggio, ti va di andare?" Claudio interruppe i suoi pensieri, alzando gli occhi su di lui in attesa di una risposta. Mario dovette scuotere vigorosamente la testa così da smettere di fissare il suo amico e concentrarsi sulle sue parole. Si trovò di fronte gli occhi sorridenti di Claudio, a pochi metri di distanza. Annuì, tornando a concentrarsi sulla bozza del suo nuovo libro. Era felice, finalmente riusciva a vivere del lavoro dei suoi sogni, aveva Claudio accanto, aveva tutto ciò che sognava fino a qualche anno prima. Continuò a scrivere per un po', poi però Claudio lo interruppe.
"Mario?" Lo richiamò e lui di rimando sollevò di nuovo la testa per incontrare i suoi occhi. Annuì, incitandolo a continuare.
"Io ed Emma abbiamo deciso di riprendere i preparativi per il matrimonio. Sai, io ormai ho questo lavoro per cui ti ringrazio immensamente, sul serio. Insomma, non sarà quello che volevo fare nella vita, ma mi piace. Amo passare il mio tempo con te. E anche lei ora ha trovato lavoro. Abbiamo risolto i nostri problemi e ieri lei mi ha detto che non c'è più motivo di rimandare. Mi sono reso conto che ha ragione. E quindi sai, volevo dirtelo io. Prima che te lo dica lei tra qualche ora." Concluse Claudio con un piccolo sorriso. A Mario parve che l'altro lo stesse studiando, che si stesse concentrando per esaminare le sue reazioni. Si sentì troppo nudo, esposto. Forzò un sorriso, che forse era troppo grande, troppo finto. Ma sperò che Claudio non se ne accorgesse.
"Sono contento. È la decisione giusta." Si limitò a rispondere. E in fondo lo pensava sul serio. Amava Claudio. Da sempre. Quella era l'unica costante nella sua vita. Il resto scompariva, cambiava, si trasformava. Ma quel sentimento era sempre lo stesso. Però nell'ultimo mese aveva conosciuto Emma, aveva passato il suo tempo con lei e Claudio. E la adorava. Era l'unica persona che riusciva a vedergli accanto, l'unica che potesse meritare Claudio. E allora aveva cominciato a pensare che forse fosse giusto così, che forse le cose dovessero andare esattamente in quel modo. Forse, se si fossero conosciuti in maniera diversa o se non fossero stati costretti tanto presto a percorrere strade diverse, a dividersi, per rincorrere il proprio futuro. Forse in quel caso le cose sarebbero andate in maniera diversa. Ma questo lui non avrebbe mai potuto scoprirlo. Puntò gli occhi sullo schermo del computer e solo in quel momento si accorse di non aver scritto nulla da quando Claudio gli aveva dato quella notizia. Era rimasto forse minuti, o ore, lì fermo, a fissare, leggere e rileggere la stessa frase. Sospirò, portandosi la testa tra le mani. Sentì una leggera pressione sulle spalle e solo allora si rese conto che Claudio avesse abbandonato la sua scrivania. Era dietro di lui e gli stava massaggiando le spalle con movimenti delicati e decisi al tempo stesso. Abbandonò la testa all'indietro e si lasciò andare a quel tocco.
"Non riesci a scrivere?" Gli sussurrò l'altro, muovendo in modo circolare le dita sulla sua schiena. Mario rabbrividì un po' a quel tocco, si sentì infinitamente piccolo, come solo Claudio riusciva a renderlo. Scosse appena la testa e poi percepì Claudio abbassarsi sulle ginocchia per essere alla sua altezza. Sentì il suo respiro caldo infrangersi sulla pelle, poi le sue labbra morbide a lasciargli un bacio sul collo.
"Sei stanco, è da un giorno intero che stai davanti a quel computer. Andiamo a casa?" Mario sospirò per la dolcezza di quei tocchi, di quelle attenzioni che per loro erano ormai un'abitudine. Eppure gli provocavano sempre un vortice di emozioni dentro. Perché a volte, sebbene sapesse quanto fosse sbagliato, avrebbe voluto stringerselo addosso, Claudio. Gli mancava sentirlo, sentire il contatto intimo con la sua pelle, che solo poche volte aveva potuto avere in tutti quegli anni. Ma era ormai giusto non sentirle, tutte quelle cose. Nasconderle nella parte più intima di sé. Si voltò e si ritrovò il volto di Claudio a pochi centimetri di distanza dal suo. Troppo vicino. Tanto che riuscì a percepire che l'altro stesse trattenendo il fiato. Lo osservò per un attimo e gli bastò per perdersi. E per capire che avrebbe subito dovuto distogliere lo sguardo, perché la voglia di accarezzare quelle labbra piene con le sue era troppa. Annuì appena.
"Si, andiamo a casa." Disse alla fine, abbandonando quella scrivania e chiudendosi la porta alle spalle dopo aver raccolto le sue cose. E di sicuro sarebbero andati a casa insieme, avrebbero mangiato sul divano guardando programmi stupidi alla tv e poi si sarebbero addormentati stretti su quello stesso divano, troppo stanchi per raggiungere il letto. Perché era quello che ormai accadeva da quasi un mese, tutte le sere.

Quando ci rivedremoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora