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"Così finì per capire che si trovava in una situazione nota a molti umani, ma non per questo meno dolorosa: ciò che, solo, li fa sentire vivi, è qualcosa che però, lentamente, è destinato ad ammazzarli."

Milano, 26 Agosto 2016

Mario

Osservò le orchidee bianche ai lati della scalinata che conduceva alla chiesa. Era tutto perfetto, tutto bellissimo. Mario si strinse nella sua giacca nera elegante, abbracciandosi con le sue stesse braccia, un gesto che faceva sempre. Lo faceva sentire protetto dal resto del mondo, anche se si proteggeva da solo in fondo. E ormai aveva cominciato a pensare che sarebbe stato sempre così, per il resto della vita. Si guardò un po' intorno, quasi intimorito. Squadrò i visi di ogni invitato lì nel cortile esterno. Aveva paura di vederlo. Aveva paura di scorgere il suo volto. Ma aveva anche l'irrefrenabile voglia di vedere di nuovo quei fari verdi, di potercisi perdere. Sospirò, osservando tutte quelle coppie che aspettavano con ansia gli sposi. Lui invece era solo. Ripensò a quando qualche mese prima aveva definitivamente lasciato Nicolò. Dopo ciò che era successo con Claudio l'ultima volta che si erano visti, niente era stato più lo stesso. Era tornato a casa e si era ritrovato di fronte un fidanzato arrabbiato, in attesa di spiegazioni. Che Mario però non aveva dato. Si era messo a letto ed era scoppiato a piangere. A niente erano servite le domande di Nicolò, che, ormai non più arrabbiato ma in apprensione, cercava di capire cosa fosse successo. E cosa avrebbe mai potuto dirgli? Che era innamorato del suo migliore amico, che ci era andato a letto, che era stato il momento più bello della sua vita? E che era tornato da lui solo perché pensava fosse giusto così? E che ora l'unica cosa che avrebbe desiderato era solo tornare a Milano, rimettersi sotto le coperte con lui e amarlo fino a quando avrebbe avuto fiato in corpo? Non poteva farlo. Così si limitò a piangere ancora, ora Nicolò lo stringeva tra le braccia. Quelle di Mario però restarono lungo i fianchi tutto il tempo, a stringere le coperte sotto di lui. Erano passati dei mesi, in cui aveva cercato di sconfiggere la sua totale apatia, di dedicarsi al suo fidanzato come un tempo. Ma non riusciva più neppure a guardarlo negli occhi. Così si era buttato sul lavoro, sulle revisioni al suo libro, che era stato pubblicato qualche mese più tardi. E sarebbe dovuto essere tutto perfetto, sarebbe dovuto essere al settimo cielo, Mario. Eppure non era felice, Claudio non era con lui a gioire dei suoi sogni finalmente realizzati. Claudio non c'era e nulla aveva senso. Poi un giorno era tornato a casa e si era trovato davanti Nicolò con cinque enormi valigie di fronte, intento a riempirle delle sue cose.
"Nicolò, ma che stai facendo?" Gli aveva chiesto sorpreso. L'altro aveva indicato il libro di Mario sul comodino. Lo aveva appena finito di leggere.
"In quel libro parli di voi due." Non era una domanda, quella. Nicolò aveva capito. E stava andando via. Mario non gli aveva risposto.
"Tu almeno mi hai mai amato?" Gli aveva chiesto allora il suo fidanzato, gli occhi un po' rossi. E Mario in quel momento aveva capito che non fosse giusto. Illuderlo, causargli altra sofferenza. Lui e Nicolò non erano più una coppia da quando lui era tornato da Milano. Mario non riusciva più neppure ad andarci a letto. Eppure quel ragazzo che teneva tanto a lui era rimasto ad aspettarlo, paziente. Ora però quel ragazzo meritava di essere lasciato libero di andare.
"Quando sono andato da lui a Milano, cinque mesi fa, ti ho tradito." Non disse il nome di Claudio, esattamente come non lo aveva detto Nicolò. Non ce ne fu bisogno. L'altro sorrise con tristezza, poi annuì piano.
"Lo so." Disse, sorprendendolo. Lo aveva capito. Ed era rimasto.
"Io spero solo che un giorno lui ti renda felice. E lo spero sul serio, Mario. Perché te lo meriti." Gli aveva lasciato un bacio leggero sulle labbra.  E poi era andato via.
Degli applausi scroscianti interruppero i suoi pensieri, si voltò di nuovo verso l'entrata della chiesa e notò una macchina nera. Capì subito che si trattasse degli sposi, così si avvicinò, guardandosi ancora intorno, alla ricerca del verde. Federico e Clarissa uscirono da quell'auto felicissimi, il sorriso stampato in volto. Mario non poté fare a meno di sorridere a quella scena. Aveva visto crescere il loro amore durante tutti quegli anni ed era bello che avessero il lieto fine. Almeno loro. Giunse a pochi passi dagli sposi, Federico lo notò e gli rivolse un sorriso radioso. Mario gli rispose con un cenno del capo incoraggiante, perché sapeva quanto l'altro fosse emozionato. Poi si avviò verso l'entrata per poter vedere avanzare gli sposi nella navata. Si posizionò in una delle prime file perché Federico lo aveva scelto come testimone. E fu allora che lo vide. Claudio era seduto di fronte a lui e lo scrutava con attenzione. Aveva un'espressione indecifrabile in volto. Mario non sentì né vide più nulla, la marcia nuziale, gli sposi che avanzavano, i discorsi di Clarissa e Federico. Si ritrovò durante tutta la cerimonia in una bolla, torturato dallo sguardo insistente di Claudio che lo scrutava, lo metteva in terribile difficoltà e lo faceva rinascere insieme. Perché in fondo solo quello sguardo lo aveva sempre fatto sentire vivo. Quando finalmente la cerimonia finì Mario provò l'irrefrenabile impulso di fuggire via. E lo avrebbe fatto sul serio, se solo quello non fosse stato il matrimonio dei suoi migliori amici. Quindi strinse i pugni e avanzò verso l'elegante ristorante in cui si sarebbe svolto il banchetto. Camminava perso nei suoi pensieri, lo sguardo basso, quando qualcuno gli si buttò letteralmente addosso, facendolo traballare. Federico non aveva mai perso quel vizio.
"Fede, prima o poi mi ucciderai." Rise, abbracciando l'amico che urlava euforico.
"Siamo sposati Mario, guarda!" Esclamò, prendendo una mano a Clarissa che rideva divertita vicino a lui e mostrandogli i loro anulari contornati da due piccoli anelli d'oro. Mario rise, alla vista del suo amico felice come un bambino.
"Si Fede, non lo avrei mai detto!" Esclamò divertito, voltandosi leggermente. Solo allora si accorse della figura alle sue spalle, a pochi passi da lui. Claudio era proprio accanto a loro e aveva assistito alla scena con il sorriso sulle labbra. A Mario invece il sorriso morì sulle sue di labbra. Lo osservò un attimo, poi abbassò lo sguardo sul verde dell'erba di quel giardino immenso e curato in cui si trovavano. Clarissa e Federico si scambiarono uno sguardo complice, prima di allontanarsi per lasciarli soli.
"Come stai?" Gli chiese Claudio, sorridendo appena. A Mario sembrò un sorriso sincero, anche se un po' forzato. Non gli rispose però. Perché in fondo neppure lui lo sapeva come stesse. Alzò le spalle, tornando a osservare Clarissa e Federico, che stavano brindando felici.
"Tu?" Gli chiese allora lui, anche se si rendeva conto che non avesse senso rispondere a quella domanda con una domanda uguale. Claudio sorrise.
"Sto bene. Nicolò?" Gli chiese, guardandosi intorno per accertarsi che non ci fosse sul serio.
"Nicolò non è qui." Si limitò a dire Mario e sperò che Claudio non gli ponesse altre domande. Ma Claudio non lo fece. Perché qualcuno li interruppe.
"Clà, dobbiamo andare dentro per la cena." Mario si voltò verso quella voce. Una ragazza li stava raggiungendo. Aveva capelli lunghi e biondi e occhi verdi, molto simili a quelli di Claudio, nel colore ma non nell'espressione. A Mario sembrò di averla già vista, ma non riuscì a capire dove. La ragazza posò una mano sulla spalla di Claudio, sorridendogli. Mario pensò che fosse molto bella. E poi ricordò. Era una delle attrici della serie di cui Claudio era protagonista, ma Mario non riusciva proprio a ricordare quale ruolo avesse. L'unico motivo per cui guardava quella serie tv inutile e priva di senso era Claudio. Claudio che in quel momento sorrise alla ragazza, afferrandole la mano. Mario sentì qualcosa di indecifrabile alla bocca dello stomaco. Forse era qualcosa di molto simile al dolore.
"Si, vengo tra poco. Mario, lei è Emma." Claudio li presentò sorridendo. Emma porse la mano a Mario, che non potè evitare di stringergliela un po' forzatamente.
"Sei Mario? Quel Mario? Il suo migliore amico? Claudio parla sempre di te!" Esclamò la ragazza entusiasta.
"Si. Si, penso di essere io." Mario sorrise e sperò che quel sorriso non risultasse troppo falso. Ma Claudio lo guardò un po' titubante, quasi triste. Aveva capito, aveva letto la sua reazione, il linguaggio del suo corpo. Come sempre. Si conoscevano troppo bene, loro due.
"Emma, arriviamo tra un attimo." Le disse Claudio, spingendola ad entrare. La ragazza annuì, continuando a sorridere a Mario. Poi si allontanò, avviandosi all'interno del ristorante.
"È molto carina." Mario alzò le spalle, cercando di mostrarsi indifferente. Continuava però ad avere quella strana sensazione alla bocca dello stomaco. Sentiva che Claudio stesse per dire o fare qualcosa che avrebbe cambiato per sempre tutto. Ebbe paura.
"Si lo è." Affermò l'altro, sorridendo. Mario prese coraggio e glielo chiese, perché non ce la faceva più. Voleva sapere.
"State insieme?" Decise di essere diretto, perché tanto già la conosceva la risposta. Erano alle estremità di un filo lunghissimo, loro due. Destinati a rincorrersi e non trovarsi mai. Perché ora Mario non aveva più alcun legame a tenerlo lontano da Claudio. Ma l'altro? Poteva dire lo stesso? Mario era sicuro di no. Eppure niente lo aveva preparato a quello che avrebbe appreso di lì a poco.
"Mario..." Cominciò Claudio, prendendo tempo.
"Clà, è una domanda semplice. Perché girarci intorno?" Lo interruppe Mario, cercando di sorridere con tranquillità. Claudio sospirò rumorosamente. Poi sussurrò appena ma Mario lo sentì benissimo. E capì il motivo di quell'angoscia che si era impossessata di lui poco prima. Il suo intuito non sbagliava mai, non quando si trattava di Claudio.
"Tra sei mesi ci sposiamo." E avrebbe voluto fare tante cose Mario in quel momento. Piangere, urlare, prendere a pugni Claudio, urlargli contro. Sputargli in faccia tutta la sua sofferenza. Non fece nulla. Annuì. Poi sorrise.
"Mario, lo so che..." A Mario non importava, non voleva sentire altro. Doveva andare via, allontanarsi da lui, prima di scoppiare a piangere.
"Sono felice per voi." Gli disse, poi andò a passi svelti verso l'entrata del locale, sperando che Claudio non lo seguisse. E in fondo forse sì, era sul serio felice per Claudio. Ma di lui? Di lui cosa ne sarebbe stato?

Quando ci rivedremoWhere stories live. Discover now