"Paulo, io ti amo – gli dico subito, facendo una pausa, che lui colma baciandomi le labbra un paio di volte - Ti amo, e questa scelta che ho fatto è già un passo enorme e importantissimo per me. L'ho fatto per te, l'ho fatto per noi, e per quello che siamo diventati dopo tutto questo tempo, crescendo insieme" comincio a dire, guardandolo negli occhi, mentre lui mi ascolta attentamente.
"Ma dobbiamo crescere ancora... e quando ci sentiremo pronti entrambi, correrò con le mie cose, da te. E credimi, sarà ancora più bello, quando succederà" concludo, accarezzandogli il labbro inferiore, che ha inumidito con la lingua.

E' bello da far male.

Posa una mano sul mio fianco destro, per poi poggiare la sua fronte sulla mia, chiudendo gli occhi e inspirando forte.

"Scusami, mi dispiace... a volte sono proprio un bambino" dice, ma io scuoto subito la testa, accarezzandolo dietro la nuca.

"A volte", confesso poi, arricciando il naso, che lui si avvicina subito a baciare.

"Ma io ti vorrei sempre qui con me. Mi piace, vederti camminare per casa, trovarti quando torno dopo una partita in trasferta o tornare a casa con te dopo aver giocato qui a Torino. Mi piace, sapere di trovarti a casa, quando ci sto tornando. Mi piace sentirti sbattere inconsapevolmente roba in cucina di prima mattina – dice, con gli occhi in un punto lontano, indistinto, come se immaginasse la scena. Poi un lungo sospiro, tornando a guardarmi, come se fosse pronto a confessare chissà quale segreto – Non mi piace vederti andar via di casa con una valigia. Lo hai fatto quando mi hai lasciato, e non voglio vederti più andar via in quel modo".

Gli occhi fissi nei miei, le spalle che si abbassano, rilassate come dopo aver tolto un peso di dosso.

E questa volta sono io, a baciargli le labbra una volte, due, tre, finché non è lui a staccarsi.

"Voglio che tu sia la prima cosa che guardo appena apro gli occhi, sempre... E so che, quando riparti, tornerai ancora. Ma è una cosa che non mi piace vedere", confessa infine, nascondendo il volto nell'incavo del mio collo mentre pronuncia le ultime parole, le più dure.

Lo stringo più forte, avvolgendo le braccia attorno al suo collo.

"Non succederà... Non succederà ancora, Paulo. Ti chiedo solo – chiedo, balbettante – ti chiedo solo di aspettare"

Torna a guardarmi, alzando la testa, poi annuisce.

"Pensaci, però..." sussurra in una preghiera, prendendo ancora una volta le mie mani tra le sue.

"Te lo prometto..." sussurro anch'io, prima di baciarlo lentamente e profondamente.

Si stacca dopo poco, perché il buon senso lo spinge a fermarsi prima che entrambi non ci saremmo più riusciti, e si libera della cintura.

Gli occhi ancora fissi nei miei.

"Mi piaci, quando sei arrabbiato con me", confesso poi io, serrando gli occhi per non permettergli di guardarmi bene.

"Dovrò arrabbiarmi più spesso, allora", scherza, scendendo dall'auto.

"Sono felice, sai?" dice poi, mentre apre la mia portiera facendomi scendere in un gesto galante.

Un sorriso beffardo e soddisfatto sul viso.

"Perché?" chiedo, afferrando all'istante la sua mano calda.

"Perché verrò con te, e ti comprerò la casa più bella di Torino", ammette fiero.

"Tu non comprerai un bel niente, cazzo di riccone" gli urlo, facendolo ridere, mentre mi avvolge un braccio intorno al collo e mi bacia sulla testa.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora