Capitolo 22

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"Cosa?" È scioccato, continua a fare 'no' con la testa mentre si siede sul letto. Io lo raggiungo sedendogli accanto.
"Mi dispiace. Non sai quante volte avrei voluto dirtelo..."

"No, non è possibile; nel file che ho chiesto su di te non c'era alcun marito."
"Lo so... è una storia lunga."
"E allora raccontamela."
"Io..." Non so cosa dire.
Lui mi guarda aspettando che io gli spieghi, ma non lo faccio.
"Perché non me l'hai mai detto? Perché hai continuato a mentirmi ancora e ancora e ancora."
"Perché sono egoista. L'hai detto tu stesso in quel parcheggio. Sapevo che qualora l'avessi fatto, tu mi avresti lasciato e... non l'avrei sopportato."
"Vuoi biasimarmi?"
"No, certo che no. Ti chiedo però di capire le mie ragioni."
"Ma io non conosco le tue ragioni, Greta! È quello che ti sto chiedendo ma tu non parli, non mi rispondi!
Fino ad ora l'unica cosa che sono riuscito ad estorcerti è che quello era tuo marito; non ho idea del motivo per cui vi siate lasciati."
Non riesco a reggere il suo sguardo così volgo il mio volto al di là del suo.
Capisco, però, che merita delle spiegazioni. Ho poco tempo e non so quante potrò fornirgliene ma lo faccio lo stesso.
Mi alzo e continuo a preparare il bagaglio mentre parlo. Lui segue i miei movimenti con gli occhi.
"Ricordi quando qualche giorno fa mi hai fatto delle domande a proposito delle mie cicatrici?! - Lui annuisce - sono opera sua. Me le ha procurate lui." Prendo della biancheria dal cassetto e la butto alla rinfusa nello zaino.
"Vuoi dirmi che ti picchiava?"
"Si. Lo ha fatto per molti anni, fino a quando non sono scappata, otto mesi fa."
"Quando sei arrivata qui." Dice tra sé e sé. Io annuisco.
"Non è vero che il mio rene non funzionava: a furia di darmi calci, mi ha rotto alcune costole, una delle quali lo ha perforato. Stessa identica cosa per il polmone. Sono solo due delle tante cicatrici che ho; ne ho anche alcune in testa. Capitava a volte che, tentando disperatamente di sfuggirgli, andassi a sbattere contro qualcosa, causandomi dei tagli. O che mi ci buttasse contro lui direttamente. Per non parlare dei lividi: ero abituata a portare magliette a maniche lunghe e pantaloni anche in estate, non soltanto per coprire gli ematomi, ma anche perché altrimenti lui avrebbe pensato che volevo fare colpo su qualcuno."
Mi fermo a guardarlo notando che, però, lui evita i miei occhi.
"All'inizio ho tentato di opporre resistenza, cercavo di bloccare i suoi schiaffi, minacciavo di andare via; lui però mi derideva, diceva che non ero niente senza di lui, che non avrei mai fatto niente senza di lui. Così, piano piano, senza rendermene nemmeno conto, ho smesso di credere in me stessa e ho iniziato a credere alle sue parole, sono diventata ciò che voleva; tutto ciò che facevo, tutto ciò che dicevo... si, insomma, agivo nella speranza che lui non si arrabbiasse perché, allora... Dio solo sa cosa mi avrebbe fatto. Avevo paura che tornasse arrabbiato dal lavoro perché ciò significava che avrebbe riversato la sua rabbia su di me picchiandomi."
Lui rimane in silenzio ancora un po' così torno a sedermi accanto a lui.

"Per quanti anni è andata avanti questa storia?" Mi chiede rompendo il silenzio.
"Intendi per quanto tempo mi ha picchiata?" Lui annuisce.
"È andata avanti così per cinque anni e mezzo." Lui mi guarda scioccato.
"Cinque anni? Mi stai dicendo che hai permesso a quell'animale di toccarti per cinque lunghi anni?"
"Ho cercato di scappare, cosa credi?! Ma lui era furbo. Mise in giro la voce che ero instabile e che, se mi avessero vista in giro da sola - cosa che ormai non facevo più perché mi obbligava ad uscire solo e soltanto con lui - avrebbero dovuto contattarlo. Io venni a conoscenza di questa cosa solo dopo aver provato a fuggire. Aveva amici dappertutto e infatti non riuscì nemmeno a prendere il treno perché era stato contattato in tempo da qualcuno ad oggi rimastomi sconosciuto."
"Ma poi ci sei riuscita, otto mesi fa."
"Non da sola, mi hanno aiutato. Adesso dovrò riuscirci anche senza il loro aiuto, però." Rispondo alzandomi dal letto per prendere lo zaino.
Lui si alza raggiungendomi.

"E che cosa intendi fare adesso che ti ha trovata? Scappare di nuovo?" Mi chiede alzandosi dal letto per guardarmi in volto.
"Non posso restare qui. Conosce la mia identità, sa dove lavoro e molto probabilmente sa anche dove abito. Scappare è l'unica opzione." Rispondo mettendo le ultime cose nello zaino e chiudendo la cerniera.
"Aspetta, cosa significa che conosce la tua identità?"
Io rimango con la mano a mezz'aria per qualche secondo nel tentativo di raccogliere tutte le forze necessarie a sganciare la bomba.
"Tu sei Greta Ferrari." Continua.
"No, non lo sono." Rispondo dirigendomi verso la porta. Prima di uscire però mi giro a guardarlo. Lui è ancora lì che mi guarda.
"Dovevo scappare e dovevo fare in modo che gli fosse difficile trovarmi e per farlo... - faccio un respiro profondo - per farlo ho dovuto cambiare nome. Mi dispiace tanto. Non puoi immaginare quanto."
Non resto un secondo di più in quella stanza. Scendo le scale in tutta fretta, prendo le chiavi della moto e corro in garage.
Sto per accenderla quando lui mi raggiunge.

"Perciò io non ho mai realmente saputo chi tu fossi. Tutto ciò che credevo di conoscere di te, è falso. Mi hai mentito su tutto!"
Scendo dalla moto e gli corro incontro.
"Assolutamente no. Non tutto. Quello che sai dei miei genitori è vero, quello che ti ho appena raccontato è vero, quello che provo per te... è vero."
"Che provi per me?"
"Si."
"E scommetto che avresti voluto dirmi anche questo, giusto?"
"Il mio piano era di parlarti del mio passato e, se fossi riuscito ad accettarlo, ti avrei anche parlato dei miei sentimenti. Volevo affrontare l'argomento tre giorni fa ma poi tu mi hai detto che saresti partito... volevo essere io a dirtelo."
Lui non risponde. Non sopporto questo silenzio così torno alla moto. Prima di indossare il casco però ho bisogno di chiedergli un'ultima cosa ma lui mi interrompe.
"Non puoi scappare per sempre Greta. Se ci è riuscito questa volta, ti troverà sempre, ovunque andrai."
"Ecco perché devo cambiare identità. Non posso permettere che mi trovi; non di nuovo."
Rimango in silenzio per qualche istante e poi riprendo "ho paura Harry. Sono terrorizzata.

"So che sono l'ultima persona che dovrebbe fare una richiesta del genere ma... puoi promettermi una cosa?"
Lui aggrotta le sopracciglia; la sua espressione è un misto di diverse emozioni contrastanti provate nello stesso momento.
"Hai il coraggio di chiedermi un favore?"
"Ti prometto che dopo scomparirò dalla tua vita. Lo giuro."
Dopo qualche istante lui annuisce così continuo.
"Promettimi che farai tutto ciò che è necessario per salvare la tua immagine. Compreso accusarmi di ogni cosa. Dì che ti ho ingannato, mentito. Non farti problemi a dare la colpa a me, non ne risentirò, ma ti prego fallo. Se necessario dai tutte le colpe a me."
" 'Voglio che la tua figura rimanga pulita così come è sempre stata e così come l'ho conosciuta io.' Hai detto così, no?! Ecco a cosa ti riferivi; ti riferivi a questo."
Non riesco a guardarlo. Mi vergogno di quello che gli ho fatto. Lui stava iniziando a fidarsi di me e io... l'ho ingannato.
Torno a guardarlo.
"Capisci anche tu che per la tua famiglia sarebbe un danno enorme questa storia. Tu, principe d'Inghilterra, fidanzato con una donna sposata e fuggita senza chiedere il divorzio. Praticamente un'adultera. Sto cercando di aggiustare il casino che ho combinato. Quindi... ti prego, promettimelo."
Lui mi guarda senza dire una parola, senza fare alcun gesto. Poi accetta.

Dopo il suo 'te lo prometto' indosso il casco e, con lo zaino sulle spalle, mi immetto nel traffico londinese.
Vedo la città sfrecciarmi accanto, la città che è stata la mia casa, il mio rifugio, in tutti questi mesi. Credevo che sarei rimasta qui per molti anni ancora, ma mi sbagliavo. Le colpe sono da imputare a me e solo a me. Ho scelto la persona sbagliata di cui innamorarmi e adesso ho perso ogni cosa; ho perso un'amica straordinaria, ho perso l'uomo che amo. Ho perso la mia casa; loro erano la mia casa. Mi hanno insegnato che non sono io quella sbagliata come lui mi diceva sempre, lui lo è.
Mi diceva che nessuno mi voleva bene e mai me ne avrebbe voluto, si sbagliava ancora.
Purtroppo però, nonostante tutte le lezioni di vita apprese in questi otto mesi, non sono riuscita a vincere la paura di lui. Sono tornata ad essere più forte, più sicura di me, ma ciò non significa che io possa affrontarlo. Non sono pronta per quello e credo che forse, non lo sarò mai veramente.

Non puoi scappare per sempre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora