Capitolo 13

817 37 2
                                    

Sono in piedi, nella stessa posizione di circa dieci minuti fa, impossibilitata a muovermi e non ne conosco il motivo. Sento il bisogno di chiamarlo, di sentire la sua voce, di parlare con lui per capire quanto gli ho fatto male. Nel momento in cui lo farò, però, se dovesse decidere di darmi un'altra possibilità, dovrò raccontargli la verità. Ciò mi spaventa a morte, anche se riconosco che mi fa meno paura della prospettiva di perderlo per sempre senza che ne sappia le motivazioni.

Non mi interessano le conseguenze, voglio stare con Harry, voglio farmi vedere con Harry. Non mi interessa se così lui mi troverà, per una volta voglio pensare a me. Non riesco a trovare il coraggio di chiamarlo, così prendo il telefono e gli scrivo un semplice messaggio che libera entrambi da ogni preoccupazione.

A HARRY
Ciao, ti andrebbe di vederci stasera? Vorrei parlare se a te non dispiace.

Premo invia e mi siedo aspettando la risposta che non tarda ad arrivare.

DA HARRY
Si, non ho altri impegni. Vengo sotto casa tua?

A HARRY
No, sono a lavoro. Potresti venire qui appena finisco il turno?

DA HARRY
Si, alle 8?

A HARRY
Esatto. A più tardi.

Lui non risponde. Ma va bene così, è arrabbiato e lo capisco. Ho intenzione di dimostrargli che tengo a lui. Vado a cercare Alex perché ho bisogno del suo aiuto per fare quello che voglio.
È seduta su una poltrona nella stanza degli strutturati con il telefono in mano e un sorriso in faccia che le va da orecchio a orecchio. Quando mi vede si spaventa per quanto era nel suo mondo.

"Con chi stai messaggiando?" Le chiedo ammiccando mentre mi verso da bere una tazza di caffè.
"Con un ragazzo. L'ho conosciuto qualche sera fa su facebook, mi ha chiesto l'amicizia, abbiamo cominciato a scriverci e... Niente. Vediamo come va."
"È sposato?" Le chiedo. Il sorriso le scompare dal volto; assume un'espressione infastidita.
"No." Risponde minacciando di uscire dalla stanza.
"Non ti arrabbiare è solo che non sarebbe la prima volta. Devo essere io a ricordarti che l'ultimo che hai conosciuto lo era?"
"No, non devi. Non mi servi tu per ricordarmi che sono una sfascia famiglie. Ma questo è diverso, lui non lo è."
"Ne sei sicura?" Lei mi guarda e prende subito il telefono digitando qualcosa. Dopo qualche secondo mi mostra i messaggi in cui parlano proprio di questo ed esclama "no, hai visto?! Non lo è!" Con un tono trionfante.
"Lo dice lui..." affermo. Lei ha uno sguardo triste così cerco di rimediare. Mi avvicino e le prendo le mani.
"Ehi, ehi, ehi. Stavo scherzando. Cioè no, non stavo scherzando ma voglio dire, non ti fidare di quello che dice. Fai le tue ricerche, vedi se è sincero. Non voglio vederti un'altra volta come l'ultima. Mi è bastato. E comunque, non sei affatto una sfascia famiglie." Lei mi sorride e mi abbraccia. Alex non ha mai avuto molta fortuna in fatto di uomini. Uno dei suoi fidanzati ha fatto coming out, un altro si è fatto prete, l'ultimo - il più recente - stavano insieme da un po' quando lei ha scoperto che era sposato e che, oltre che con lei, tradiva la moglie con un'altra donna ancora. È stato un duro colpo per lei perché i suoi genitori hanno divorziato proprio a causa dei tradimenti di suo padre. È stato questo ad avvicinarci. Io ero arrivata a Londra da poco e un giorno, entrando in questa stanza la vidi che piangeva. Le parlai, riuscì a farla sorridere e questa situazione ci ha avvicinato. Nonostante queste brutte esperienze non ha mai perso la speranza di trovare il grande amore e, fino a qualche mese fa avrei risposto <<il grande amore non esiste>> ma adesso... chi lo sa più.
Dopo qualche istante si allontana e mi ruba il caffè.

"Volevi qualcosa?" Mi chiede sedendosi nuovamente.
"Ehm... si. Mi serve la tua macchina."
"Oh. Puoi prenderla, le chiavi sono nella tasca del cappotto." Risponde distrattamente mentre beve un sorso di caffè.
"Veramente mi servirebbe per stasera."
Lei alza la testa e mi guarda.
"Stasera?"
"Si."
"E io come faccio?" Mi chiede mettendosi in ginocchio sulla poltrona in modo tale da guardarmi.
"Per questo te l'ho detto, non so... magari ti potresti far dare un passaggio da qualcuno..."
"Ma scusa... perché ti serve la macchina? Cosa devi fare?" Aspetto qualche secondo e poi rispondo: "ho chiesto ad Harry di vederci. Voglio dimostrargli che tengo a lui."
Lei è un misto tra sorpresa e felice.
"Davvero?"
"Si" le rispondo sorridendo.
"Prendila. - Dice avvicinandosi, ponendo le sue mani sulle mie spalle e con uno sguardo deciso aggiunge: "Prendi la macchina. Non ti preoccupare per me, in qualche modo farò. Riprenditelo!"
"Farò il possibile." Rispondo sorridendo.

Mancano pochi minuti alle 8 così prendo le mie cose nello spogliatoio e vado verso l'ascensore. Mentre aspetto che arrivi mi arriva la notifica di un messaggio.

DA HARRY
Sono nel parcheggio.

Decido di non rispondere ma di andare direttamente da lui. Appena arrivo al livello del parcheggio e si aprono le porte dell'ascensore lui è lì, appoggiato alla sua macchina che guarda dritto verso di me. Indossa cappotto, mocassini e pantaloni blu e un maglione azzurro - da cui fuoriesce la camicia bianca -  che gli fa risaltare gli occhi - e un cappello sempre blu.

Mi torna alla mente il giorno in cui abbiamo avuto quel brutto litigio. Eravamo proprio qui. In realtà non è passato molto tempo da allora anche se a me sembra un'eternità. Cammino nella sua direzione fermandomi a circa un metro da lui. Mi spunta un sorriso involontario che però scema non appena noto che lui, invece, ha un'espressione che non avrei voluto vedere mai sul suo volto: è un misto tra rabbia e tristezza. Mi fa male vederlo così. E mi fa ancora più male sapere che io ne sono la causa.

"Ciao" rompo il silenzio divenuto assordante.
"Ciao" mi risponde con lo sguardo di chi preferirebbe essere da tutt'altra parte.
"Come stai?" Capisco di conoscere la risposta nello stesso momento in cui pongo la domanda. Lui, però, riesce a spiazzarmi con un "bene"; non è la verità, lo vedo dai suoi occhi. Lui non mi chiede come stia io e questo mi va bene perché non saprei come rispondere.
"Scusa se ti ho chiesto di vederci."
"Tranquilla, non avevo altri impegni quindi non c'era motivo per non presentarmi."
"Allora mettiamola da un altro punto di vista: non ero sicura che saresti venuto come avevi detto. Non credevo volessi vedermi ancora."
"Ti ho scritto che ci saremmo visti perciò eccomi qui. Rispetto sempre i miei impegni." Termina con un tono che non ho idea di come interpretare.
Rimaniamo a guardarci per un po' in silenzio. Ammetto che mi è mancato.

"Ho incontrato tuo fratello e tua cognata oggi." Annuncio sorridendo.
"Me lo hanno riferito. Avete parlato?" Oh cavoli.
Non so cosa rispondere. Non so cosa loro gli abbiano detto però, se me lo sta chiedendo forse non sa niente a proposito dell'argomento della nostra conversazione. Decido di tentare.
"No. Sono semplicemente passati a salutarmi prima di andare via. Non ci siamo detti niente di ché."
Annuisce ma non risponde; meglio così. Significa che non sa nulla.
"Mi pare volessi parlarmi. Sono qui, puoi farlo." Afferma.

Mi guardo intorno per temporeggiare. È vero, volevo parlare ma non so nemmeno da dove iniziare. Non ho preparato alcun discorso. Inspiro profondamente. Ce la posso fare, penso. Ce la posso fare.
"Si è vero. Ci sono alcune cose che vorrei dirti."

Non puoi scappare per sempre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora