Memorie

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<<Fa freddo fuori, non trovate?>>
<<Sì, hai ragione, Agnes>> rispondo, guardando con occhi spenti le sue mani riflesse allo specchio che mi acconciano a dovere. Un altro giorno di novembre. Un altro pasto a cui presentarmi perfettamente ordinata.
<<Ma gli esperti dicono che domani dovrebbe essere una giornata migliore...>> la mia domestica si ferma brevemente, come a voler controllare la mia reazione, ma subito dopo riprende ad agghindarmi come meglio può. Ormai i suoi gesti suonano meccanici alle mie orecchie.
<<Speriamo>> commento semplicemente. Le sue mani si fermano, questa volta per più tempo e lo sguardo di Agnes si fa più serio.
<<Insomma, Angeline, di cosa devo parlare per farvi sorridere?>>
<<Oh, non dipende affatto da te il mio umore, cara Agnes>>
<<Certo, questo lo so. Vi conosco ormai molto bene. E posso capire che la vita a Versailles vi risulti noiosa. Soprattutto in questi mesi invernali, durante i quali anche gli svaghi all'aria aperta sono impraticabili>>
Non ho voglia di discutere con lei. Non ho voglia di fare nulla in verità. Mi limito a guardare fuori dalla finestra della mia camera e ad osserare la fitta nebbia avvolgere il giardino della reggia.
<<Non preoccuparti Agnes, mi passerà presto. Se hai finito ora andrei>> dico io, scostando le sue mani dalla mia parrucca e alzandomi. Non le lascio neanche il tempo per ribattere e scivolo fuori dalla mia stanza, che ora mi appare così monotona. Come la mia vita.
So che dovrei essere già nella sala da pranzo, ma i miei passi si dirigono invece verso l'esterno. Apro la porta, tenuta rigorosamente chiusa, e cammino lungo il vialetto umido, lasciando che la nebbia mi avvolga. È tutto così silenzioso. E per una volta non devo fingere di essere interessata all'ennesimo discorso futile di qualche dama o di apprezzare la compagnia di un qualunque nobile della reggia. Qui sono libera di mostrare la mia solitudine. Percorro tutto il sentiero dell'ala ovest di Versailles, fino a ritrovarmi davanti a quel boschetto. Appena lo scorgo mi lascio sfuggire un piccolo sussulto, che subito si perde nella coltre fitta di nebbia. Mi giro e faccio speditamente ritorno a palazzo.
Appena dentro mi rendo conto di quanto tempo sia effettivamente passato: già i primi invitati si congedano per rientrare nelle proprie stanze. Alla coda di tutti loro scorgo anche Marie. Anche lei mi vede e mi guarda con aria scocciata, mentre fa ritorno ai suoi appartamenti. So che quando andrò a trovarla mi interpellerà per capire il senso della mia piccola fuga. Non mi sento ancora dell'umore per parlarne, ma d'altronde evitarla vorrebbe dire suscitare nuovi sospetti.
Un'ora dopo sono seduta in sua compagnia nell'elegante stanza. Entrambe sorseggiamo il nostro tè, evitando la conversazione. Odio sentire tutta questa tensione, così decido di intervenire per spezzarla una volta per tutte.
<<Marie, scusate per oggi, non mi sentivo affamata e ho preferito farmi una passeggiata>>
<<Una passeggiata?>> ribatte lei indignata. Intuisco che sta per riversarmi addosso tutta la sua frustrazione e mi preparo a sopportarlo una nuova volta.
<<Angeline, permetti che ti spieghi la situazione: tutti non hanno fatto altro che parlare di questo. Lo sai come sono fatti, amano discutere delle situazioni complicate. Dicono che sei stata sciocca a respingere il conte e dicono che io ti abbia forzata a negare il tuo consenso al matrimonio per mantenerti al mio fianco. Hanno trasformato l'intera vicenda in un nuovo scandalo che ovviamente addossano su di me. Un'altra trovata per attribuirmi una colpa. Come se perdere una figlia non fosse abbastanza.>>
La ferita per la morte della piccola Sophie è ancora aperta, lo capisco, ma ultimamente è una costante in ogni suo discorso, insieme alla malattia del secondogenito. Perfino parlare con la regina si è fatto monotono.
<<Marie, me ne dispiaccio molto, ma non potevo proprio presentarmi>>
<<Tu non potevi presentarti? Pensi che per me sia facile condurre la mia vita di sempre con un figlio malato di tubercolosi, un marito assente sia nella vita famigliare che politica e al contempo dover sfoggiare un enorme e alquanto falso sorriso per non sollevare nuove malelingue contro di me? Tu dovresti aiutarmi, Angeline, invece non fai altro che peggiorare questo disastro>> "si sta chiaramente sfogando su di me", continuo a ripetermi mentalmente. Mi impongo di restare calma.
<<Marie, non vi chiedo di comprendermi, né di aiutarmi in qualche modo. Ho ben chiara la pressione che vi opprime. Ma ve ne prego, non tormentatemi>>
<<Non fare la vittima, sai che non lo sopporto. Ho mille affari a cui pensare e non posso stare dietro anche ai tuoi dolori. Inoltre hai scelto tu stessa di soffrire, perché conosci bene anche tu le molteplici esortazioni che ti feci a maggio. Se hai scelto di negarti la felicità non puoi incolpare nessun'altro fuorchè te stessa. Hai perso per sempre il tuo amato, che a quest'ora probabilmente starà già convolando felicemente a nozze con un'altra donna, ben più assennata di te. Perciò sei tu che non devi tormentarmi>> conclude, senza mostrare alcuna compassione.
<<Perché siete così spietata con me, Marie?>> chiedo, con la voce ormai rotta dal pianto. Sento di non poter sopportare ancora per molto tutto questo. Non credo di riuscire a sostenere parole tali dette dalla persona per cui ho deciso di restare per sempre in questo luogo. Ma davanti a me non vedo la mia migliore amica, vedo solo una donna piegata tanto dal dolore e dall'umiliazione da non essere neanche più se stessa.
<<Il mondo è spietato. Prima lo imparerai meglio sarà>> conclude altezzosamente, mentre mi intima di congedarmi, indicando la porta della stanza. Senza proferir parola io esco con ancora il groppo in gola e mi rifugio in camera mia.

Agnes non c'è. La stanza sembra ancora più desolata senza la sua confortante presenza. Con sconsolatezza mi siedo alla sedia della scrivania pregiata, dono di qualche ricco nobile alla vera Marlene, quand'ella era ancora in vita. Apro il cassetto davanti a me, alla ricerca di qualcosa di interessante con cui passare almeno un po' di tempo e con cui distogliere la mente dalle terribili vicende che occupano ormai la mia intera esistenza. Vedo solo vecchia carta da lettere impolverata e sparpagliata all'interno del piccolo cassetto. Cerco di raccoglierla e debolmente la rimetto a posto. Solo allora noto, in fondo, la presenza di un quadernino finemente rilegato e chiuso da un nastrino dorato. Sulla copertina c'è scritto con una delicata ortografia: "memorie".

L'alba della rivoluzioneUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum